Stili di lavoro


Laura Piloni Laura Piloni

Dal volume N° 48

È tempo di non curriculum


Mi chiamo Piloni, Laura Piloni. Non Jessika con la kappa, né Deborah con l’acca. Ma Laura, che spostando l’accento, nella mia lingua madre, il bergamasco, diventa laùra (lavora) o laurà (lavoro), e i Piloni, si sa, sopportano e sostengono. Crudele destino nel nome. Sai da subito che non farai mai né l’attrice, né la modella, neanche l’estetista.


Percorso scolastico
Ho un percorso di studi e di formazione che definirei casual, vario e alternativo. Da far invidia al signor Cepu. Normale e con buoni risultati fino al diploma di Segretaria d’azienda. Poi Maturità Tecnica femminile appena prima dei trent’anni, corso serale. Poco prima dei cinquanta, iscrizione alla facoltà di Scienze dell’educazione (per dare un senso al diploma), quattro esami. Cambio in Filosofia, (che si vive una volta sola), altri quattro esami e poi abbandono per dedicarmi a una nuova specializzazione: vecchiaia, lì gli esami richiesti sono quelli clinici, del sangue delle urine, gastroscopie, radiografie, breft test, ecc.
Dell’asilo, ricordo il dondolo su cui si faceva la foto l’ultimo anno, e una pastiglietta grigia che trovavo nel cestino insieme al pranzo (chissà cosa mai curava).
Delle elementari, un tema, fatto in terza dal titolo Il mio gatto, che mi fece guadagnare l’onore e l’imbarazzo di leggerlo davanti a tutta la classe e perfino nelle quinte. Me lo ricordo molto bene, forse perché non avevo allora, né mai ebbi in seguito, un gatto. Delle medie ricordo che, già dalla prima, avevo perennemente le braccia conserte, oggi si dice sia segno di chiusura e timidezza. Sarà, ma provate voi ad avere una terza abbondante a quell’età.
Delle superiori ricordo il Ciao blu che usavo, spesso, per arrivarci, tranne quando avevo compito in classe di stenografia o dattilografia, perché le mani continuavano a vibrare, dopo aver percorso i dieci chilometri, ancora per qualche ora e avrebbero impedito il veloce svolazzare della matita e l'elegante picchiettio sui tasti con il leggiadro colpo di polso (per andare a capo) che neanche Chopin sul suo pianoforte. E la mitica 'lettera 32' per gli esercizi a casa.
Degli studi serali ricordo materie d'altri tempi come Economia domestica, tempo sprecato visto che, ancora oggi, non so cucire, non ho un ferro da stiro in casa e ho un metodo di gestione di entrate e uscite piuttosto allegro e informale. Dovendo dare un giudizio a posteriori reciterebbe più o meno così: “la studentessa è intelligente ma non si applica”. Storia e storia dell’arte mi piacevano. Igiene interessante, piccolo imbarazzo sul capitolo da portare, come argomento a piacere all’esame: “Apparato genitale maschile”, la sera in cui si decise chi doveva portare cosa io ero assente. Negli intervalli formazione varia, corso di inglese con Peter che, in ordine di importanza, era: figo, insegnante alternativo (usava come libro di testo Il piccolo principe) e madrelingua; Reiki primo e secondo livello. Corso di degustazione vini, alla biblioteca del paese che si raggiungeva in pochi minuti in sella alla bicicletta, il ritorno necessitava di oltre un'ora, spingendo, sulle gambe malferme, la bicicletta. Dinamica mentale. Scrittura creativa. EFT, e altri ancora.


Esperienze lavorative
Una settimana dopo l'esame, per un mese faccio l'inserviente presso un campo estivo di adolescenti maschi. Verifico nella pratica il concetto di tempeste ormonali, la tavoletta del wc diventa un nemico, ma, in compenso, imparo a fare la carbonara. Un paio di mesi da disoccupata, poi vado a lavorare in città, una azienda di 800 dipendenti (tra tecnici e impiegati); lì ho visto cose che neanche nei film di Fantozzi.
Mi è chiara da subito una cosa: “non mi piace alzarmi presto il mattino”. La pausa pranzo, invece, di ben due ore e venti minuti, mi rende una lettrice seriale. Ci resto per sette anni, dopo di che vinco un concorso e divento dipendente comunale, il posto fisso per antonomasia a cinque chilometri da casa.
Ma tutta quella fissità, tutte quelle certezze non mi fanno affatto bene, mi rendono inquieta e un po' acida. Passano, così, altri sette anni quando nella routine irrompe la vendita diretta. Quanto di meno fisso si possa immaginare. Porto avanti per nove anni le due attività in una sorta di bipolarismo professionale. Poi, infischiandomene del buon senso, lascio le vesti da impiegata e vesto con passione ed entusiasmo quelle di venditore. Passione ed entusiasmo che durano ancora oggi. Per il futuro si vedrà.


Interessi e attitudini
Mi piace leggere, viaggiare e scrivere. Mi piacciono i tramonti, i vulcani, i fari e la luna piena. Mi piacerebbe, una volta nella vita, stare dentro un faro, vicino a un vulcano al tramonto e addormentarmi guardando la luna piena. Potrei morirne. Mi piacciono le tasche e mi piace, da matti, metterci le mani dentro. Mi fa sentire figa. A volte, raramente, faccio cose trasgressive, come andare a letto senza togliere il mascara.
Punto di forza: parlo poco, sento poco, vedo poco e sono, relativamente, felice.
Punto debole: quando tolgo le ragnatele dal soffitto, guardo in alto con la bocca aperta.

«Le passioni dicono chi sei. Meglio di ogni altra voce. Ci sono almeno due interessi che vengono percepiti da noi addetti alle risorse umane come assolutamente meritevoli di attenzione. Il primo attiene alla sfera dell’equilibrio personale. Il ricorso a tecniche di meditazione, di yoga, di mindfulness sono da annotare perché testimoniano la ricerca di un benessere intimo, profondo. Il secondo investe le nostre capacità culinarie. Aver frequentato un corso di cucina e averne interiorizzato le ricette per invitare gli amici a casa oppure per allietare il proprio partner esprime spirito di iniziativa, solidarietà, apertura nei confronti del prossimo»
(Elisa Zonca, responsabile Orientamento dall’agenzia per il lavoro Randstad Italia, in un’intervista al Corriere della Sera)

Ottobre 1941
Concepito da genitori ottimisti.
1946
Non teme più il buio, perché il Sole torna; è stato Copernico a spiegarcelo.
1948-1955
1ª parte di una carriera scientifica sperimentale a Vallis e Losanna (strumenti: coltelli, aghi, corde, fiammiferi).
1955
Primo dislessico ufficiale nel cantone di Vaud – questo ha permesso di essere sofferente in tutto… e di capire quelli con difficoltà.
1962
Esame di maturità federale.
1967
Ingegnere fisico presso EPUL per diventare biologo.
1968
Molto importante.
1969
Certificato di Biologia Molecolare a Ginevra per diventare biofisico. Ha cominciato a studiare la microscopia elettronica del DNA, che rimane il mio argomento principale.
1973
Tesi in biofisica a Ginevra e Basilea con Eduard Kellenberger che mi ha insegnato biofisica, responsabilità etiche e amicizia durevole.
1970-76
Psicoanalisi molto classica
1978
Responsabile del gruppo EMBL (Heidelberg); come introdurre l’acqua nella microscopia elettronica. Scoperta della vitrificazione dell’acqua e sviluppo della microscopia crio-elettrona.
1987
Professore all’Unil, Dipartimento di Analisi Ultrastrutturale.
1998
Presidente della sezione Biologia con la possibilità di eseguire questa assegnazione con Nicole Galland e Pierre Hainard e vivere in un momento in cui cose interessanti avvenivano nella biologia a Losanna.
2002
(inizio) Fine dell’assegnazione. Anno sabbatico in Australia, Germania e Parigi.
2004-7
Maturazione di CEMOVIS (microscopia crio-elettrona delle sezioni vitreose).
2007 Giugno
Colloquio di pensione.


(curriculum di Jacques Dubochet, premio Nobel per la Chimica 2017
dal sito dell’Università di Losanna – da pharmawizard)