Mestiere della Supervisione


Paolo D'Intino Paolo D'Intino

Dal volume N° 23

UN CAFFÈ CON SOCRATE

COSA C’ENTRA LA VENDITA CON LA FILOSOFIA? “NIENTE” NON È LA RISPOSTA GIUSTA. SE POTESSIMO CHIACCHIERARE CON I PIÙ GRANDI PENSATORI, QUANTI SUGGERIMENTI AVREBBERO PER NOI, “UOMINI E DONNE DI COMMERCIO"

Se inseriamo sui principali motori di ricerca la stringa “vendita e filosofia”, oltre a qualche  risultato che indica dove si vendono libri di filosofia, troveremo un panorama praticamente inesistente. Da questa lacuna parto per parlare di un tema particolare.

 

Cosa c’entra la vendita con la filosofia?

Il primo, filosofico, dilemma che mi si è posto è stato: troverebbero i lettori sconveniente e inopportuno anteporre la parola “vendita” alla più nobile e alta “filosofia”? La filosofia è uno “spirito” vivente, alla luce di quanto ha dato alla storia dell’umanità, e a scuola ci hanno educato a un rispetto venerabile nei confronti della filosofia e dei filosofi, rispetto in molti casi intimidatorio.

Ma mi sono convinto: oggi parliamo di “vendita e filosofia”, in quest’ordine di parole.

Qualcuno, quando ho proposto l’articolo, ha proferito la classica domanda “Ma che c’azzecca la vendita con la filosofia?”.

 

Penso a noi venditori, impegnati quotidianamente nella (ig)nobile arte del parlare. Spesso questa pratica ci riserva i cosiddetti “lapsus freudiani” (errori di scrittura o pronuncia, smarrimento di un oggetto, dimenticanza del nome di un cliente...). E Freud altri non è che il padre della psicoanalisi e uno dei pilastri della filosofia moderna. Collegamento sottile, direte. Anche perché qualcuno potrebbe obiettare che i venditori devono parlare poco (20%) e ascoltare molto (80%). Ma proviamo a far rientrare i cosiddetti “atti mancati” (come li ha chiamati Freud) in quella comunicazione non verbale o paraverbale che può sostituirsi ai discorsi parlati durante una vendita...

E d’altronde le definizioni “venditore lupo solitario”, “venditore di successo”, “venditore di se stesso”, “venditore d’assalto”, “venditore persuasore” e altre ancora non le ho coniate io, perciò presumo che al di là della tecnica la componente psicologica continui a giocare un ruolo fondamentale per chi vende. Forse Freud può esserci d’aiuto?

Ma andiamo con ordine.

 

Un salto indietro nel tempo: dal mito alla filosofia...

La filosofia è sempre stata in relazione a ogni forma di cultura. La filosofia è così in relazione anche alla vendita, se iniziamo a considerare la vendita un prodotto della cultura (una sfida, sicuramente, ma che potrebbe contribuire molto anche alla considerazione data alla figura del venditore).

Se guardiamo alla storia, scopriamo che è nata prima la “vendita” della “filosofia”. Il pensiero filosofico fa risalire i suoi inizi al V secolo a.C. (circa 400 anni dall’anno zero), con i primi pensatori: Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito, Parmenide. Li chiamiamo “presocratici” e affermano l’uso della ragione contrapponendola al mito, che si limita a raccontare o a descrivere come stanno le cose. Appoggiano un nuovo modo di osservare il mondo per capire la verità. Quindi è con l’attenzione alla verità che si fa corrispondere la nascita della filosofia.

Eraclito di Efeso affermava: “Unico è il mondo per color che son desti, mentre nel sonno ciascuno si rinchiude in un mondo suo proprio e particolare”. Come a dire: deve finire l’era del “venditore lupo solitario” che crede di avere in mano il mercato e si rifiuta di svolgere il suo operato conformemente alle direttive strategiche aziendali.

 

... e dal baratto alla compravendita

E gli albori delle vendite? All’inizio era il baratto, e dal baratto si passò alla compravendita. È tratta dalla Bibbia la prima vendita, con la rinuncia alla primogenitura di Esaù a favore di Giacobbe in cambio di un piatto di lenticchie; poi ai fenici (XXI sec. a.C.) è attribuita l’invenzione della moneta. Nasce il concetto di un’unica merce (la moneta) scambiabile con qualsiasi altra, anche se altre fonti riferiscono che a battere le prime monete siano stati i re della Lidia, in Anatolia, intorno al 650 a.C. Secondo Erodoto, i Lidi furono il primo popolo a introdurre l’uso di monete d’oro e d’argento, e il primo a stabilire negozi per la vendita al minuto in località permanenti.

Stabiliamo, quindi, il primo parallelismo vendita-filosofia: come la filosofia nasce sulle ceneri del mito che viene abbattuto dai presocratici, così la vendita nasce sulle ceneri del baratto.

 

Socrate, insegnaci tu (a vendere)

Andiamo avanti sulla linea del tempo: per Platone il limite dei presocratici, primi a filosofare, era la loro convinzione che il principio di tutte le cose fosse solo di specie naturale: l’acqua, il fuoco e gli altri elementi. Con Platone, e a lui aggiungiamo Socrate e Aristotele, nasce la Scuola di Atene e l’uomo viene messo al centro della riflessione filosofica. Grazie a questi “magnifici tre” si passa dal mondo della natura al mondo delle idee.

Anche qui ci chiediamo: qual è la relazione con la vendita? Risposta: il metodo socratico, l’indagine filosofica basata sul dialogo. È chiamato anche “metodo “maieutico”, cioè metodo dell’ostetrica: con brevi domande e risposte l’interlocutore, che ha il diritto di fare obiezioni, deve partorire la sua “ignoranza” e confessarla, e alla fine capisce di “sapere di non sapere”.

Si afferma questo metodo e con esso la scoperta, all’interno del processo di vendita, della tecnica delle domande, quando si arriva all’intervista al cliente. Il metodo di Socrate procede per confutazione, per eliminazione successiva delle ipotesi contraddittorie o infondate. Porta gradualmente alla luce l’infondatezza di tutte quelle convinzioni personali che siamo abituati a considerare come scontate, vere, e che invece rivelano, a un attento esame, la loro natura di “opinioni”.

 

Non più venditori di fumo

Immaginate quanto valore abbia apportato l’uso del metodo socratico nel processo di vendita. Questo metodo è detto “maieutico” perché è fondato non sul tentativo di vincere l’interlocutore con l’abilità retorica (l’arte della persuasione), come facevano i sofisti, che potremmo avvicinare alla categoria dei “venditori di fumo”, piuttosto sulla volontà di condurre l’interlocutore a riconoscere il criterio della verità rispetto alla falsità delle sue presunzioni.

Il dialogo socratico ha un profondo valore morale basato sul rispetto dell’interlocutore. Ma come far uscire allo scoperto quella verità che è all’interno di ogni uomo e quindi anche di ogni cliente? Così come Socrate si definisce un ostetrico di anime, con il compito non tanto di insegnare la verità (del resto egli sa di non sapere), quanto di aiutare l’interlocutore a partorire la verità con i propri mezzi, così il venditore deve definirsi “ostetrico di clienti”, che “sa di non sapere cosa il cliente desidera”, e ha il compito di aiutare il cliente a individuare le esigenze della sua azienda.

Quindi la nascita della Scuola di Atene può essere collegata alla nascita di una nuova “Scuola della vendita”. Con Socrate la comunicazione diventa lo strumento fondamentale del venditore, che attraverso l’applicazione del metodo socratico dà vita a un nuovo modo di relazionarsi con il cliente.

 

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Nella prossima puntata Platone e il dilemma millenario: perché non esiste una scuola della vendita?