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Dal volume N° 75

Trattative e conversazioni: l'importante è finire? Calma!

«Ogni trattativa – che sia commerciale o meno – si basa sulla capacità di entrare in contatto con la controparte, coinvolgendola. Lo scenario attuale e il contesto pandemico generano un altissimo livello di stress. Come è possibile coinvolgere le persone quando ci troviamo in contesti critici e stressanti?»


Avete presente la sensazione di voler chiudere al più presto una conversazione di lavoro o una trattativa in modo per voi soddisfacente, senza stare più di tanto a cincischiare? Sicuramente sì, specie se vi siete trovati in una situazione non del tutto favorevole o confortevole. La pandemia, in questo, non ha aiutato, con quel sentore di costante pericolo e insicurezza che tutti abbiamo provato, chi più, chi meno.


Il negoziatore israeliano Michael Tsur lo ha spiegato bene a un Sales Workshop di Performance Strategies. Tsur, in quell’occasione, sottolineava che «molti, in situazioni di stress, agiscono di impulso. Se ci troviamo in confronti, trattative o negoziazioni particolarmente complessi, pur di sottrarci a una situazione scomoda, tendiamo a cedere e ad ammettere condizioni per noi sfavorevoli». Risultato? Facciamo errori che normalmente non faremmo.
Se è vero che lo stress e la fretta rivelano le persone per come sono, è anche vero che dobbiamo, prima di tutto, riconoscere il problema; secondo, gestire sia lo stress che la fretta in modo costruttivo, considerando che ce li porteremo come bagaglio di questi ultimi due anni ancora per un po’.
Dopo Harvard, Michael Tsur è entrato a far parte delle Forse di difesa israeliane durante i conflitti più aspri nella Striscia di Gaza. Di situazioni critiche ne ha gestite parecchie, anche sotto stress: vediamo cos’ha da dirci.


INIZIO: IL DIALOGO COSTRUTTIVO
Quando siamo stressati, tendiamo a presumere, cioè a interpretare la realtà alla luce delle nostre esperienze precedenti, per accelerare il processo decisionale e portarlo a termine nel più breve tempo possibile.


«Quello che dobbiamo fare, invece, è porre delle domande. La negoziazione, al contrario di quanto si tende a pensare, non ha a che fare con una situazione win-win: si basa, piuttosto, sul risparmio degli asset. Se facciamo delle domande, avremo la possibilità di:
•    intuire quali siano le intenzioni della controparte;
•    capire il contesto in cui operiamo;
•    valutare i margini di successo.

Molte persone ritengono che l’asset più prezioso sia il tempo; ma non si tratta solo di chiudere un accordo il più velocemente possibile, piuttosto di creare un rapporto con la controparte, in modo da costruire una relazione di lungo periodo. Per riuscirci, bisogna gestire le emozioni: è complesso, ma fondamentale, perché sono le emozioni a controllare i comportamenti e a sovrastare la razionalità».


Iniziare la negoziazione con delle domande fa sì che:
•    le emozioni della controparte non vengano danneggiate, perché la controparte percepirà che la trattativa e il dialogo si baseranno sul rispetto delle decisioni, siano esse negative o positive;
•    si instauri una comunicazione costruttiva. Espressioni come “sarebbe d’accordo
se...?”, “Quali sono le sue aspettative in merito all’utilizzo di questo servizio...?”, “Saprebbe indicarmi quali sono le caratteristiche del prodotto che sta cercando?” aprono la conversazione;
•    il rapporto si fondi sul potere, non sulla forza. «Il potere è interno, la forza esterna. Se si è consapevoli del valore del proprio prodotto e dell’offerta fatta, iniziare un colloquio con delle domande non sarà mai un problema». E se, al contrario, si ritiene che il proprio prodotto sia inferiore ad altri o si ha a che fare con una persona di livello più alto, l’approccio non cambia, anzi! «Non è detto che il prospect abbia la vostra stessa percezione. Scegliete comunque di avviare un dialogo costruttivo, per capire come valuti il vostro prodotto, e di suscitare una reazione emotiva positiva, valorizzando tutti i punti di forza che differenziano la vostra offerta. Ricordate: è molto più facile dimenticare ciò che si è detto che non le emozioni provate».

Consiglio pratico: «Anche se siete in vantaggio, evitate di porre domande in maniera secca, perché questo potrebbe comportare delle resistenze da parte dell’interlocutore».

NEL MEZZO: LE OBIEZIONI
Anche nel caso di obiezioni, la fretta è una cattiva consigliera. «Le reazioni al “no” sono istintive, capita che si risponda di getto. È umano, ma poco professionale, perché sinonimo di una scarsa consapevolezza di sé stessi e delle proprie capacità. Inoltre, accentua la sensazione di stress e frustrazione vissuta dalle due parti»
«Si riceve un “no” perché il potenziale cliente o collaboratore non è nelle giuste condizioni per valutare la nostra proposta. O perché non ha avuto la possibilità di capire perfettamente le nostre intenzioni e, quindi, di formulare un feedback più circostanziato. Proprio per questo, è necessario continuare la conversazione con un approccio che miri a capire il motivo del riscontro negativo. Cercare di condizionare i loro comportamenti per ottenere la risposta desiderata o rilanciare con una controproposta potrebbe generare un’escalation di incomprensioni a cui sarà difficile porre rimedio».
«La negoziazione avviene nella mente di chi abbiamo davanti, quindi è fondamentale entrare nella sua testa. Chiediamo: “Dal suo punto di vista, c’è qualcosa che ci permetterà di procedere?” Fare domande di questo tipo permette di vincere le resistenze, senza costringere nessuno a cambiare idea. Non è necessario persuadere a tutti i costi: bisogna individuare i bisogni degli altri. Negoziare significa capire chi abbiamo di fronte».


FINE: LO CHIUDIAMO QUESTO ACCORDO? SÌ!
Avete mai notato che quando diciamo “affare fatto”, si ha sempre l’impressione di aver perso qualcosa? “Forse avrei potuto chiedere di più?” Lo stress porta anche a questo: perdere di vista dei dettagli, per la fretta di concludere.
Può essere utile definire prima i cosiddetti “termini di possibile accordo”, pur sapendo però che sono soggetti a variazioni (per esempio, possiamo raccogliere in itinere informazioni che all’inizio non avevamo).
«In generale, ogni trattativa o dialogo ha bisogno di un “periodo cuscinetto” in cui valutare tutti i dettagli che la compongono. Prendervi del tempo vi permetterà di chiudere meglio l’accordo o di evitare altri “no”. E anche quando riceverete un secondo “no”, cercate di capire se si tratta di un riscontro definitivo o di un momento di passaggio verso un’opportunità futura. Molti “no” non corrispondono a un “mai”. Le relazioni che mirate a costruire devono essere di lungo periodo. Se non hanno un potenziale in questo senso, non abbiate paura di chiuderle e di passare ad altro».


IN CONCLUSIONE
E comunque, conclude Tsur, non cedete mai, mai, mai allo stress e non accendete conflitti, neanche quando la controparte vi farà richieste assurde. La reputazione, per un’impresa, è tutto: «Entrare in conflitto minerà le basi della relazione e ogni futura trattativa». E chi lo sa, cosa vi riserva il futuro…