Noi e gli altri


Sebastiano Zanolli Sebastiano Zanolli

Dal volume N° 37

Reddito, provvigioni... ma quanto vale un'ora della tua vita?


Quanto vale la nostra esistenza?
Reddito annuale diviso le ore che lavoriamo nei 365 giorni: dà come risultato il valore monetario di una nostra ora di impegno nel mondo keynesiano della domanda e dell’offerta.
Tutto qui?
Da un punto di vista squisitamente economico, direi di sì.
Quando vivi di provvigioni, commercio, vendita, te ne accorgi subito.
Se il rapporto descritto sopra non ti piace perché il risultato è troppo basso, devi trovare il modo di influenzarlo.
Se in un’ora vendi tanto, guadagni tanto.
I corsi e la formazione in tema di vendite servono a questo: a migliorare le vendite, mica a migliorare qualcos’altro.
Ma questo è il valore della nostra esistenza? Probabilmente no.
L’esistenza è qualcosa di più grande del fenomeno economico che Wikipedia definisce come l’utilizzo di risorse scarse al fine di soddisfare al meglio bisogni individuali o collettivi.
Il valore dell’esistenza è per certo definito dalla soddisfazione dei bisogni ai quali l’economia, nel nostro caso organizzata come libero mercato, riesce a soddisfare, ma tutto porta pensare che i bisogni siano strumenti per raggiungere qualche forma più alta di felicità.

Qualsiasi essa sia, qualsiasi sia l’interpretazione che un venditore voglia dare del valore finale della sua esistenza, deve tenere conto di un fatto: nel gioco che si è scelto in questa valle di lacrime terrena, si devono produrre risultati il più velocemente possibile.
Le due dimensioni che incidono sulla vendita sono l’intensità e la dimensione.
Vendere poco ad alto margine, vendere tanto a basso margine, vendere tanto ad alto margine, vendere poco a basso margine.
È evidente come delle quattro soluzione l’ultima non sia augurabile.
Ma le altre tre?
Lo scambio di tempo con denaro rende possibile decidere quanto tempo dedicare ad attività non finalizzate all’economia e ti rende possibile non dover farti calvinisticamente piacere qualcosa che non ti va, come magari un lavoro non scelto da te.
Ecco che allora serve delicatezza per scegliere cosa fare e soprattutto cosa non fare.
Se posso portare la mia esperienza, consiglierei di dedicare tutto il tempo possibile a:
1.    imparare a chiudere della vendita;
2.    fare presentazioni di vendita a più non posso;
3.    fissare appuntamenti e incontrare potenziali clienti;
4.    fissare appuntamenti e incontrare clienti già attivi;
5.    ottenere referenze e connessioni.

Queste altre sono le attività che invece consiglierei di delegare:
1.    fissare appuntamenti e incontrare clienti “freddi”, cioè non scaldati da precedenti incontri o telefonate;
2.    tutta l’attività burocratica e amministrativa (abituandoci all’idea che altri sapranno i nostri conti, sì);
3.    l’attività di customer service che non sia assolutamente strategica, quando il cliente se ne andrebbe per sempre se non rispondi proprio tu;

Questo modo di fare aumenta il valore economico di un’ora di lavoro.
Poi lavorare tante ore o poche dipende da ciascuno.
Ma la funzione no, quella dipende da variabili uguali per tutti.
Tenerlo o non tenerlo in considerazione provoca conseguenze prevedibili.

Perché all’inizio ho introdotto il tema del valore dell’esistenza? Perché il tempo è un elemento strano e anomalo, che spesso non viene visto nella sua vera natura.
Il tempo è il materiale di cui sono composte le nostre vite.
Chi vive di vendita ha un problema in più rispetto a chi ha un bonifico fisso ogni mese disconnesso dai risultati portati per ora lavorata.
Chi vive di vendita ha talmente bisogno di concentrazione che non vede più la strada, come un pilota di Formula uno.
Se ne accorge alla fine.
O, purtroppo, quando sbanda ed esce dritto dalla curva.
Il tempo è lo strumento ma anche il motivo per cui facciamo ciò che facciamo.
Considerare solo una parte trasforma un gioco intelligente in una trappola suicida.

Ho un foglietto di carta, lo porto sempre con me.
Nel portafoglio.
Se mi incontrate, chiedetemi di mostrarvelo.
C’è scritto: “Quanto vale la tua esistenza, Sebastiano?”.