Customer Experience


Edoardo Lombardi Edoardo Lombardi

Dal volume N° 19

QUAL È LA TUA SCUSA PER NON SODDISFARE IL CLIENTE?

PER RISOLVERE I PROBLEMI CHE CHI VORREBBE ACQUISTARE INCONTRA SUL NOSTRO SERVIZIO, DOBBIAMO INTERVENIRE CON CHIAREZZA E TEMPESTIVITÀ. MA QUANTO DETERMINATI SIAMO A PROTEGGERE LA CUSTOMER SATISFACTION?

"Migliorare” è una delle armi del progresso. Non c’è azienda che, in un modo o nell’altro, non cerchi di modificare i suoi processi o i suoi prodotti con l’obiettivo di dare maggior soddisfazione ai clienti.

Ma migliorare presuppone misurare. Molti anni fa IBM fece della frase che segue uno dei suoi cavalli di battaglia: “La misurazione è il cuore di ogni processo di miglioramento. Se una cosa non può essere misurata, non può essere migliorata”. Ciò vale anche e soprattutto per la soddisfazione dei clienti. Con la globalizzazione e le crisi finanziarie che si sono succedute, molte aziende stanno cercando di aumentare la soddisfazione dei clienti piuttosto che dedicare risorse addizionali per catturarne di nuovi. Si ritiene infatti che costi da cinque a otto volte tanto acquisire nuovi clienti piuttosto che trattenere quelli esistenti. Ma per aumentare la soddisfazione dei clienti occorre misurarla e confrontarla con quella dei concorrenti.

Misurare la customer satisfaction

Ora, nel campo della soddisfazione dei clienti, la misurazione è particolarmente delicata. Le aziende devono comprendere come quantificare e come seguire l’evoluzione della soddisfazione. Senza un chiaro senso di che cosa va misurato e di come raccogliere, analizzare e usare i dati per farne un’arma strategica, capace di difendere e sviluppare il business, nessuna azienda può avere successo nel clima particolarmente pesante di questi tempi.

Troppe aziende si basano su misurazioni “burocratiche” e inaffidabili: guardano l’andamento dei volumi di vendita; ascoltano i loro venditori quando descrivono lo stato d’animo dei clienti; misurano il numero dei reclami dei clienti; osservano l’evoluzione dei crediti, consapevoli che, se i clienti non sono soddisfatti, diventano restii a pagare. Trascurano però indicazioni più sottili, ma molto importanti, anche perché di solito più tempestive. Queste indicazioni provengono da fatti infrequenti e casi sporadici di disservizio o di cattiva qualità, che dovrebbero far squillare il campanello di allarme, ma non lo fanno per una certa “insensibilità” manageriale.

Gli alibi per non soddisfare il cliente

Ci sono cinque frasi che secondo Tom Peters, il grande consulente americano, vanno evitate, in quanto rappresentano degli alibi per non intervenire, pur in presenza di difetti di qualità.

La prima è: “non è sintomatico”. Peters ricorda di aver personalmente sentito un importante dirigente di una banca sostenere che se il problema, un reclamo che si riferiva a un particolare errore su un tabulato, per esempio, si era manifestato soltanto una volta, non si doveva dar seguito alla cosa, perché «non era sintomatico di un problema più grande». L’esperienza invece insegna che ogni reclamo di un cliente può indicare una manchevolezza e rappresenta un’interessante opportunità di miglioramento. Dice Peters: “Trattate ogni insoddisfazione espressa come sintomatica di una crisi probabile e come una straordinaria opportunità per ridefinire il prodotto e sviluppare il mercato”.

La seconda espressione che non andrebbe mai usata è “oggettivo e soggettivo”. Non è infrequente sentire un manager che giustifica la non misurazione di qualcosa in quanto si tratta di “un concetto soggettivo che per definizione non può essere misurato”. Dice Peters che tutto può essere misurato, anche, ad esempio, il grado di pulizia di un negozio; basta aggiungere una domanda alla prossima indagine: “quanto pulito è il negozio su una scala da 1 a 10, dove 10 significa pulito come una sala operatoria?”. Molto meno oggettive sono invece talvolta alcune misure apparentemente di facile realizzazione, come per esempio la percentuale di ordini consegnati in ritardo. Peters porta l’esempio di un’azienda di alte tecnologie che sosteneva di rispettare le date di consegna al 98%. Tuttavia i clienti non erano affatto soddisfatti come ci si sarebbe dovuti aspettare sulla base del dato. Da un’indagine successiva emerse che in realtà la data di consegna “concordata” era una data negoziata con molta fatica: se il cliente chiedeva il 10 gennaio, un preoccupato direttore di stabilimento obiettava che il 15 febbraio era il meglio che si poteva fare. Quando l’azienda passò a misurare la data di consegna rispetto a quella richiesta dal cliente, la percentuale di ordini consegnati in ritardo balzò al 68%.

La terza frase è “ma siamo soddisfatti al 97%”. Risponde un dirigente dell’IBM: «Noi facciamo 300 mila pezzi del tipo A. Non ditemi che il 97% dei pezzi è in ordine. Ditemi che 9 mila pezzi sono difettosi». E aggiunge: «Voi non volete, immagino, 9 mila clienti insoddisfatti!».

La quarta è “in media”. L’uso delle medie è molto pericoloso. Per esempio: “Noi spediamo le parti entro 36 ore dall’arrivo dell’ordine”. Un’indagine approfondita rivela però che le 36 ore medie significano anche 89 ore per il 10% peggiore. Spiega ancora Peters: “Nella valutazione riferitevi sempre non alla situazione media, ma a quelle relative all’1, 5, 10 o 25% dei clienti peggio trattati”.

La quinta è “non è sistematico”. Il timore che un’indagine possa non avere validità statistica spinge molti a giustificarsi per rinunciare a effettuare una misura. Peters porta il caso di George Gendron, direttore della rivista Inc, che incontrava spesso alcuni dei lettori che non rinnovavano l’abbonamento. Di ritorno da uno di questi incontri commentò: «Le osservazioni che il cliente mi ha fatto sui difetti della rivista e i suggerimenti che mi ha dato su come migliorarla sono stati utilissimi». La misurazione non era certo “sistematica”, ma aveva servito molto bene il business!

Tutte e cinque queste obiezioni sono formulate molto più frequentemente di quanto si potrebbe pensare. Esse purtroppo sono un grosso ostacolo a individuare con chiarezza e tempestività i problemi che i clienti incontrano sul servizio che eroghiamo, e hanno un’influenza molto negativa sulla loro soddisfazione.