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Maria Bietolini Maria Bietolini

Dal volume N° 24

POTERE ALLA PAROLA

LA COMUNICAZIONE È SEMPRE PIÙ VISIVA: MA È LA FRASE GIUSTA A “RESTARE” E A FARE IL SUCCESSO DELLA MARCA

 

Succede continuamente: tutti sono convinti che la comunicazione sia “facile” e divertente: quindi in un’azienda tutti considerano il lavoro dei pubblicitari come qualcosa che si può anche fare da soli – o che si può far fare secondo i propri gusti e impulsi. In fondo, tutti sappiamo scrivere, no?

No.

Fare pubblicità è un lavoro per molti aspetti privilegiato, ma di fatto molto duro. Tanto per cominciare, è il lavoro più “visibile”: un problema di bilancio lo vede (e lo sistema…) il cda; una campagna invece la vedono tutti fin dalle bozze e poi ogni giorno tutti si ritengono pienamente in grado e in diritto di dire la loro e fare “i creativi”, salvo poi attribuire alla pubblicità qualsiasi mancato risultato.

Il fatto è che saper leggere e scrivere non basta. Come diceva Edison, “la creatività è per l’1% ispirazione e per il 99% traspirazione”. Ci sono molte competenze e molta professionalità dietro il lavoro dei veri pubblicitari (tenetelo presente la prossima volta che vi propongono un’agenzia dove, per prima cosa, vi fanno vedere che sono tutti “supergiovani” e che, per lavorare in allegria sul vostro prodotto, in ufficio giocano a calciobalilla…).

 

Prima di tutto: la creatività viene dopo

Sorpresa numero uno: non è affatto vero che le grandi idee vengono al terzo mojito notturno o all’improvviso in bagno. È vero che a un certo punto “l’idea giusta” ti può apparire chiara, ma questo momento è frutto di un processo precedente, che parte dalla definizione della strategia di comunicazione, dalla acquisizione di infinite informazioni su concorrenti e mercati, dalla elaborazione delle ricerche sui consumatori e dalle personali prove (quando possibile) del prodotto o del servizio su cui stiamo lavorando.

Si parte dalla copy strategy. Il prodotto ha una USP (Unique selling proposition)? Qual è il benefit o vantaggio che porta al cliente? Cosa sappiamo del suo target? Che posizionamento ha sul mercato? Che tono di voce ha il prodotto o la marca? Che obiettivi ha l’azienda – e la campagna (è una comunicazione di immagine, un lancio, una promozione…)? Che mezzi (media) andremo a usare e con quali pesi?

Dalla elaborazione razionale e interiore di tutto questo e altro, dal confronto col team, da accanite discussioni e da sconfortanti momenti di blackout mentale, a un certo punto tutte le cose lette, dette e scritte finora “magicamente” si sintetizzano in un’idea o uno slogan.

Ecco una piccola rassegna dei più famosi.

 

Campagne di marca

Se non possiamo trovare un modo di vivere senza automobili, meglio trovare un’automobile con cui possiamo vivere.

(Nissan, copywriter: Marty Cooke)

 

Le Volvo durano a lungo. Pensate sia negativo per il business?

(Volvo, copywriter: Ed McCabe)

 

A 60 miglia orarie, il rumore più forte che senti è quello dell’orologio elettrico.

(Rolls-Royce, copywriter: David Ogilvy)

 

Birra: e sai cosa bevi. …Meditate gente, meditate!

(AssoBirra, copywriter: Luisa Montagnana)

 

Campagne di prodotto

Abbiamo rubato ai pellerossa la loro terra, i loro bufali e le loro donne. Poi, siano tornati per rubargli anche le loro scarpe.

(mocassini Timberland, copywriter: Tim Delaney)

 

I nostri polli mangiano meglio di te.

(polli Perdue, copywriter: Ed McCabe)

 

Forse la tua seconda auto non dovrebbe essere un’auto.

(Vespa, copywriter: Ed McCabe)

 

È come con i bambini. Non puoi capire cosa significa finché non ne hai uno.

(Porsche Carrera, copywriter: John Stingley)

 

Ci sono due ragioni per cui non ti capita spesso di sorpassare una Maserati. Non ce ne sono molte per strada. E sono, non a caso, Maserati.

(Maserati, copywriter: Luke Sullivan)

 

Nuovo? No, lavato con Perlana.

(Perlana, copywriter: Emanuele Pirella)

 

Liscia, gassata o Ferrarelle?

(Ferrarelle, copywriter: Annamaria Testa)

 

Campagne comparative

Non si tratta di due aziende in guerra. Si tratta di due filosofie al lavoro.

(MCI vs AT&T, copywriter: Jim Durfee)

 

Avis non può permettersi un’auto lavata male. Siamo solo il numero 2. Dobbiamo fare di più.

(Avis vs Herz, copywriter: Paula Green)

 

Il numero 2 dice di fare più: ma di chi?

(Herz vs Avis, copywriter: Jim Durfee)

 

Campagne… sceneggiate

I pubblicitari e la creazione di una campagna efficace sono stati tema di alcuni film, il più delle volte commedie che hanno contribuito a far sembrare semplice e legato al caso un lavoro invece complesso. Vedi Pubblifollia, film delizioso ma in cui di fatto si racconta che le idee migliori non vengono dai professionisti ma… dai matti – nel vero senso della parola!

Un esempio molto bello a mio avviso viene invece da un episodio della serie Mad Men, una delle più seguite e premiate degli ultimi anni, ambientata in una agenzia di Madison Avenue nei primi anni ’60.

I personaggi e le dinamiche dei “pionieri” dell’advertising sono affascinanti e i meccanismi della creazione pubblicitaria (dal briefing alle strategie, alla campagna finale) sono rappresentati con acutezza.

In un episodio il protagonista Don Draper, direttore creativo dell’agenzia e personaggio palesemente ispirato a David Ogilvy, presenta ai clienti della Kodak la proposta di campagna tv per il lancio del loro nuovo prodotto, quello che noi da piccoli chiamavamo la ruota delle diapositive. L’azienda lo ha denominato appunto “Ruota” e vuole comunicare ai consumatori il valore di questa nuova tecnologia.

Don Draper prima di tutto dice che il legame sentimentale che un prodotto riesce a creare con il consumatore ha molta più forza della tecnologia in sé. E dà il via a una memorabile proiezione del concept di campagna. Ecco il testo:

 

“C’è un sentimento, la nostalgia… delicato, ma potente.

Mi hanno detto che in greco ‘nostalgia’ significa ‘il dolore di una vecchia ferita’.

È un rimpianto nel tuo cuore, molto più potente di un semplice ricordo…

Questo prodotto non è una nave spaziale, ma una macchina del tempo.

Va avanti e torna indietro…

Ci porta in un posto dove agogniamo poter ritornare. Non si chiama “ruota”: si chiama Carousel (giostra,ndr).

Ci fa viaggiare nel modo in cui viaggia un bambino: intorno, ancora un giro… e poi a casa, di nuovo! In un posto dove sappiamo di essere amati”.

Il video (in inglese) è efficace e struggente e rende bene il mix di lavoro strategico e di comprensione del consumatore che trasforma un arido brief in qualcosa che arriva al cuore dei clienti. Vale la pena di vederlo. È a questo link di YouTube: http://www.youtube.com/watch?v=suRDUFpsHus