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Maria Bietolini Maria Bietolini

Dal volume N° 68

PMI: Una nuova cultura contro la paura (con il commento di Assiteca)

Nel 2020 anche noi di V+ magazine abbiamo dedicato moltissimo spazio all’impatto della pandemia Covid-19 sulle aziende: un impatto ha comportato molte situazioni di crisi, ma anche alcune opportunità, e grandi cambiamenti nelle modalità di organizzazione e gestione del lavoro e del business.
A distanza di un anno ci sembra arrivato il momento di capirne le conseguenze, soprattutto come le aziende abbiano reagito o stiano reagendo nell’ambito della protezione dei rischi – che era già prima un tema alquanto sottostimato nella cultura imprenditoriale italiana.

Una piccola premessa “di colore”: cercando una citazione come attacco di questo articolo, ho spulciato alla voce “rischio” di più raccolte – sia online che di carta. Con un po’ di sorpresa e grande sconcerto ho rilevato che sul rischio ci sono apoteosi di frasi sul gettarcisi dentro, essere pronti a correrlo, metterlo in conto come componente indispensabile di un’idea, un obiettivo, un’impresa... Il rischio insomma sembra essere inteso prevalentemente come sinonimo di “sfida”, ma praticamente (scaramanticamente?) poco si parla di come prevederlo e gestirlo.
Per dirla con le parole di Warren Buffett (sì, lui ha la vista lunga): “Solo quando la marea scende scopri chi stava nuotando nudo”.

Sembra, insomma, esserci una cultura del rischio come ambizione, non come prevenzione. Ma se questo sulla carta ha un’aura anche romantica, va da sé che nella realtà si tratta di una vera e propria rimozione: il rischio è una componente tangibile e intangibile di qualunque impresa, in forme diverse e nuove, alcune prevedibili altre finora sottovalutate. La pandemia ne ha rilevate parecchie, oltre il rischio sanitario in sé: con l’aiuto di alcuni dati, vediamo com’è la situazione delle aziende, nel mondo e in Italia, con qualche previsione ai fini della protezione.

ALLIANZ RISK BAROMETER 2021

Una prima interessante analisi viene dal sondaggio sui rischi aziendali globali curato da Allianz Global Corporate & Specialty (AGCS) sulla base delle opinioni di 2.769 esperti (tra cui CEO, risk manager, broker ed esperti assicurativi) provenienti da 92 Paesi.
Tra le principali evidenze menzionate dai rispondenti emergono tre minacce fortemente legate tra loro al vertice dei rischi d’impresa, di peso pressoché identico:
1.    l’interruzione dell’attività per il 41%;
2.    l’esplosione della pandemia per il 40% (nota: una crisi sanitaria era al 16° posto nel Barometro precedente, ora in ben 16 Paesi la pandemia è ritenuta il rischio principale per la sicurezza individuale e delle aziende);
3.    gli incidenti informatici per il 40%.

La crisi sanitaria ha reso evidente come la continuità operativa e la gestione del rischio “oltre la produzione” debbano evolvere per aiutare le imprese ad affrontare nuovi eventi che potrebbero danneggiarle.
Più in dettaglio, le imprese hanno dichiarato che le preoccupazioni principali nel prossimo futuro sono:
1.    l’interruzione dell’attività – che per il 59% degli intervistati nel 2021 può essere causata dalla pandemia anche attraverso danni non fisici, vedi blackout informatici o di energia;
2.    gli incidenti informatici – nominati dal 46% del campione, che possono essere anche conseguenza della digitalizzazione pervasiva e del lavoro a distanza non ancora adeguatamente organizzato e protetto. Al rischio sui dati si aggiunge quello della interruzione dell’attività;
3.    catastrofi naturali e incendi/esplosioni sono temuti entrambi dal 30% - oltre alle pandemie, restano i “classici” rischi fisici a determinare interruzioni e perdite in continua crescita.
Nel mondo, quindi, il 62% degli intervistati sta implementando un Business Continuity Plan, mentre il 45% vuole riorganizzare la propria supply chain.

Una nota sul punto 2: va evidenziato che il cyber risk è ritenuto tra le principali minacce in molti Paesi. Oltre l’Italia, il sondaggio rileva Brasile, Francia, Germania, Giappone, Sudafrica, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti.
Il cyber risk non è una minaccia ipotetica: nel solo mese di aprile, durante il primo lockdown, l’FBI ha registrato un +300% (trecento!) dei soli incidenti. Poi c’è il cyber crime che pesa sull’economia globale per oltre un trilione di dollari (+50% vs 2018).

LO SCENARIO GLOBALE DEI RISCHI AZIENDALI
Il commento di Gabriele Giacoma, Amministratore Delegato ASSITECA
Lo scenario in cui operano le imprese in tutto il mondo muta continuamente: la costante innovazione tecnologica, la crescente volatilità dei mercati, le supply chain estese, l’internazionalizzazione del business, rendono non procrastinabile un approccio integrato alla gestione dei rischi.
Il sistema di controllo deve diventare parte integrante del processo di formulazione strategica dell’azienda e deve essere trasversale a tutte le funzioni e ai processi operativi. Solo adottando questo approccio le aziende potranno compiere un percorso verso la resilienza ed essere in grado di affrontare e vincere le sfide del futuro.

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Tra gli effetti del Covid-19 a livello globale è da sottolineare lo sconvolgimento dei mercati, il cui andamento preoccupa il 19% del campione indagato; questo rischio sale alla quarta posizione a causa di un inasprimento della crisi di liquidità.
Sono in parte conseguenze della pandemia anche gli sviluppi macroeconomici (all’ottavo posto con il 13% delle risposte), i rischi politici e la violenza (decimi con l’11%).


Per quanto riguarda l’Italia, l’indagine rileva che:
1.    gli incidenti informatici si classificano come il principale rischio per le aziende per la prima volta in assoluto;
2.    al secondo posto compare l’interruzione di attività;
3.    entra in terza posizione la pandemia.
Da segnalare anche il rischio di blackout energetici, decimo nella classifica locale ma in salita.

ITALIA: OSSERVATORIO CINEAS-MEDIOBANCA

Altri dati arrivano dall’VIII Osservatorio sulla diffusione del risk management nelle medie imprese italiane di Cineas (Consorzio universitario del Politecnico di Milano) in collaborazione con l’Ufficio Studi di Mediobanca.
L’indagine 2020, focalizzata prevedibilmente sull’emergenza Covid, è stata realizzata su un campione di 339 imprese manifatturiere e familiari, con un fatturato compreso tra i 20 e i 355 milioni di euro.


Le principali evidenze su cui riflettere?


•    Per il 97% l’emergenza sanitaria che ha colpito l’Italia e il resto del mondo negli ultimi mesi non apparteneva all’orizzonte dei rischi mappati e potenziali; questo potrebbe avere un enorme impatto, nel prossimo futuro, sugli assetti di governance e controllo dei rischi delle medie imprese italiane.


•    La situazione avrà un impatto economico notevole, con una flessione negativa di fatturato che le aziende prevedono dell’11,1%.


•    Alcune conseguenze dirette a carico delle aziende:
-    per il 59,9% ritardi nei pagamenti (anche se solo per il 14,5% si sono tradotti in tensione sulla liquidità);
-    il 30,7% rileva come possibile conseguenza la rottura della supply chain, cioè ritardo o interruzione nella filiera di fornitura.


•    Lo sviluppo del lavoro a distanza pone un rischio di perdita di competenze applicate: bisogna migliorare la gestione, il coinvolgimento e la formazione delle persone in remoto, per assicurare la coesione dei team e chiarire ancora meglio gli obiettivi attesi e le tappe per realizzarli.


•    La pandemia sembra modificare alquanto la sensibilità verso i rischi e la gerarchia con cui andrebbero rafforzati: infortuni sul lavoro ma anche cyber risk, poi fenomeni climatici estremi e i rischi normativi legati alla responsabilità verso terzi da parte dei titolari delle imprese.


•    Il 47,5% delle imprese intervistate intende mettere in atto cambiamenti organizzativi e tecnologici per contenere il rischio di contagio. Tra gli interventi tecnologici emergono: sistemi di videoconferenza (40%) e dispositivi per il monitoraggio dello stato di salute dei dipendenti (31,9%).


Si intravedono qui nuovi profili di rischio soprattutto in due aree:
-    per il 43,1% delle imprese la sfera del cyber risk, ad esempio rischi di hackeraggio (21,1%), perdita di dati sensibili ovvero coperti da privacy (16,5%), fino a quelli che hanno rilevanza strategica per l’impresa (5,5%);
-    poi c’è l’ambito delle risorse umane e il presidio del capitale umano – ad esempio in termini di rischio di disengagement dovuto alla non sempre agevole assimilazione delle nuove modalità di lavoro.


Quali aree di opportunità?


•    Fortunatamente, per il 54,7% delle imprese interrogate la perdita di fatturato non impedirà di mantenere gli investimenti programmati.


•    Chi intende intraprendere campagne di acquisizione dichiara aspettative di caduta del fatturato per il 2020 un po’ meno negative. Si tratta, in questo caso, di aziende mediamente più grandi (con un fatturato medio di 57 milioni contro 42 milioni), più dotate finanziariamente e con redditività doppia (Roi al 13,2% contro il 6,7%).


•    Da notare, con un certo sollievo, che solo il 6,5% sembra avere subito perdite di clientela; oltre due aziende su dieci non hanno registrato alcun impatto operativo.


•    Un altro tema è poi quello del rinnovo della prima linea manageriale: specie le imprese con buoni profili reddituali intendono dotarsi di una struttura decisionale più adatta a un contesto sempre più sfidante.

ITALIA: MULTIFINANZIARIA AZIENDE 2020


È di inizio marzo infine la ricerca “Multifinanziaria Aziende 2020”, realizzata da Ipsos, da cui emergono come principali evidenze:


•    il maggiore rischio percepito a breve termine è quello relativo alla carenza di liquidità, temuto dal 47% delle imprese intervistate, che potrebbe mancare per un mix di calo dei consumi, problemi di altri operatori economici e un rapporto sempre più difficile con il mondo bancario;


•    il settore che subisce il peso maggiore della congiuntura è quello del commercio, con un 15% di imprese ad alto rischio – sia per le ridotte dimensioni di molte aziende del comparto, sia per le chiusure imposte e alcuni timori dei consumatori;


•    i segmenti più colpiti nel 2020 sono alberghi e ristoranti, seguiti dai trasporti, ricreazione e cultura, vestiario e calzature;


•    l’andamento dell’export italiano è pari a -9,7% nel 2020 rispetto al 2019.

Ma di qui a due anni:
•    il 35% delle PMI si attende un incremento del fatturato;
•    il 31% livelli in linea con quelli pre-Covid.

Da rilevare che le prospettive migliorano con l’incremento delle dimensioni aziendali, suggerendo anche il ruolo di sostegno che può derivare dalle imprese più grandi e dal mondo associativo – oltre ovviamente a una più forte struttura patrimoniale.

Un’altra evidenza interessante viene dagli “insegnamenti” positivi che la crisi pandemica potrebbe lasciare già a breve: vedi la necessaria integrazione fra negozio e canale online e un ulteriore livello di soddisfazione della clientela nell’esperienza. Su questo fronte secondo lo studio il 39,2% delle PMI italiane oggi può vantare servizi di interazione online contro il 22,2% dell’era pre-Covid.

Altre aree in cui risulta necessario investire sono quelle delle competenze, dell’apertura ai mercati internazionali e di una più attenta gestione dei rischi, per avere spalle più forti e restare competitivi anche in situazioni complesse.

LO SCENARIO ITALIANO DEI RISCHI AZIENDALI
Il commento di Gabriele Giacoma amministratore Delegato ASSITECA
Se da una parte la crisi pandemica ha dimostrato che il sistema è fragile, dall’altra solo poche PMI hanno colto l'occasione per rinnovarsi e definire procedure più efficaci di gestione del rischio, adottando invece misure straordinarie volte più a superare l'emergenza che a gettare le basi per gestire meglio i rischi di domani.
Il ruolo di ASSITECA è proprio quello di aiutare le imprese italiane a immaginare i possibili scenari di rischio, per poter poi definire in maniera puntuale le misure di prevenzione e protezione che garantiscono la continuità del business. La gestione del rischio deve risalire la catena di comando e coinvolgere i vertici aziendali: da tema operativo o di funzione deve diventare strategico.

ASSITECA: UNA STORIA DI VALORE
ASSITECA è il più grande Gruppo italiano nella gestione dei rischi d’impresa e nel brokeraggio assicurativo.
Nata nel 1982 e quotata a Piazza Affari dal 2015, conta oltre 700 persone, con 20 sedi in Italia, due in Spagna e una in Svizzera; e opera in 100 Paesi grazie a partnership internazionali.
Oggi assiste più di 5 mila aziende clienti, attraverso un’innovativa metodologia di lavoro che coniuga analisi, consulenza e intermediazione.