Strategie e tecniche


Maria Bietolini Maria Bietolini

Dal volume N° 37

Perché scrivere a mano aiuta il business

SE HAI FRETTA, VAI DI TOUCH E T9:
MA PER RICORDARE, SCHEMATIZZARE E CAPIRE
GLI ALLEATI DEL CERVELO SONO BIRO E CORSIVO

 

È un fenomeno che si è cominciato a osservare nelle aule scolastiche: gli alunni, ormai anche i più piccoli, sono sempre più abituati a scrivere e prendere appunti digitando anziché scrivendo. È l’era del tablet e degli smartphone, in cui si è così abituati a privilegiare la fretta al contenuto, da dare per scontata la correzione automatica e ridere delle assurdità dei suggerimenti T9 – talmente diffusi che qualsiasi strafalcione grammaticale viene attribuito al sistema, con la nascita di pagine Facebook dedicate (parola chiave: “Ha stato il T9”).
È giusto usare le nuove (ormai “ex nuove”, visto che sono normali) tecnologie, ma sempre più studi indicano che la progressiva perdita della scrittura a mano stia avendo effetti collaterali su più fronti: la memoria prima di tutto, l’uso corretto della lingua e la povertà dello stile, ma anche l’articolazione del pensiero, la capacità di fissare e collegare concetti e, perfino, la capacità di capire bene.
Non si tratta solo della perdita della bella calligrafia, quindi – anche se da anni arrivavano ululati disperati per il fatto che le giovani generazioni tendano a saper scrivere solo in stampatello, reputando evidentemente il corsivo troppo impegnativo.
Scrivere è un’azione complessa e raffinata, che impegna tante sinapsi e abilità. Siamo davvero sicuri sicuri che sia un’evoluzione dell’intelligenza umana arrivare a sintetizzare “ti sei” con “T6”?

Allora: digitare su un dispositivo indubbiamente è veloce e riduce (o elimina) l’eventualità che appunti o testi vadano persi.
D’altro canto, chi si ostina a scrivere a mano ha buon gioco a sostenere che su un foglio è più facile annotare cose anche in modo diverso, fare schizzi, disegnare schemi e mappe in modo molto più immediato, personale e facile rispetto ai programmi di testo.

Un trend, più test
Uno dei tanti studi è stato condotto tempo fa da un team dell’università di Los Angeles condotto dagli psicologi Mueller e Oppenheimer.
In due esperimenti successivi si sono messe a confronto alcune abilità su gruppi di studenti del college. Nel primo i ragazzi sono stati invitati ad ascoltare le stesse conferenze e a prendere appunti così come lo facevano di solito; e dopo un’ora e mezza si sono testati i contenuti ricordati. Mentre il numero di nozioni ricordate è stato simile, gli studenti che avevano usato il laptop hanno avuto molte più difficoltà a ricordare concetti e idee: perché la tendenza è di digitare tutto, di trascrivere insomma, piuttosto che di creare associazioni e sintesi.
Anche a una settimana di distanza gli studenti con la biro ricordavano meglio i concetti più importanti della lezione.
Paradossalmente, il vantaggio di poter archiviare tutto al volo in un file aumenta la passività e limita i benefici dell’archiviazione mentale.

Un altro studio, pubblicato da Intech, ha rilevato che lo scrivere a mano consente al cervello di ricevere un feedback dai gesti compiuti; e questo feedback specifico è molto diverso da quello generato dallo sfiorare una tastiera. Questo perché i movimenti generati dalla scrittura a mano lasciano una “memoria motoria” nel cervello che aiuta a riconoscere le lettere e a stabilire connessioni fra lettura e scrittura. Anche l’aspetto temporale (la scrittura manuale è più lunga) può giocare un ruolo nel processo con cui si fissano i concetti.

Un altro aspetto è quello, non indifferente, della personalità: che la scrittura a mano rivela molto bene – come ben sanno anche le aziende che spesso si rivolgevano e ancora rivolgono alla consulenza dei grafologi in importanti assunzioni.

Fa riflettere che il più grande innovatore del mondo digitale all'università avesse scelto di seguire proprio un corso di bella calligrafia: Steve Jobs prima di fondare la Apple, imparò a scrivere in corsivo, con eleganza, senza errori né sbavature. Ed è grazie all’arte della calligrafia che insistette tanto per offrire la massima qualità tipografica attraverso i suoi Mac.

Un altro punto di vista interessante a conferma della personalità e creatività espresse dalla scrittura a mano, viene dall’esempio di tanti autori che continuano a preferire questa forma di espressione. Tutti vecchi babbioni? No: la penna è lo strumento di espressione dei talenti più disparati.
Quentin Tarantino. Il regista di opere lunghe (vedi Kill Bill, oltre tre ore di film… per due volte!) scrive le sue sceneggiature a penna. "Non uso mai né macchina da scrivere né computer, amo scrivere a mano. Per me è come un rituale: di solito vado a comprare un blocco notes in cartoleria, insieme a un mazzo di pennarelli neri e rossi''.
La giovane premio Pulitzer Jhumpa Lahiri dice di trovarsi meglio con la penna. Almeno per quanto riguarda le bozze, poi procede con un computer non collegato al web. “Mi sento più libera quando scrivo a mano, ho sempre un quaderno vicino al letto dove appunto di tutto”.
E che dire di Stephen King? Il prolificissimo autore americano ha descritto la sua penna stilografica come “l’elaboratore di testi più bello del mondo”. Ha iniziato a scrivere a mano dopo un incidente d’auto, perché stare seduto al pc era diventato troppo doloroso. Rivelazione: ha scoperto che usare una penna stilografica è molto utile per rallentare e pensare meglio a ogni parola.
John Steinbeck addirittura scriveva solo a matita! Aveva infatti l’abitudine di iniziare a scrivere con 24 matite, e si racconta che abbia usato ben 300 matite per scrivere La valle dell’Eden e “solo” 60 per Furore (vedi recensione in rubrica libri)… altro che copia-incolla e banali faccine!