Storie dei lettori


Laura Piloni Laura Piloni

Dal volume N° 33

Il tuo cliente capisce quello che dici?

SEMBRA UNA DOMANDA OVVIA, MA...

 

Visita di controllo dal gastroenterologo. M’ispira fiducia la dottoressa. Mi visita; i suoi colleghi, incontrati finora, non l’avevano mai fatto. Poi si siede alla scrivania, e con la stessa naturalezza usata poco prima per chiedermi nome e cognome, mi domanda quali antibiotici ho preso nella mia vita. Snocciola qualche nome, mi pare: amoxicillina, cefalosporine, tetracicline. Mi sento colta in fallo, prendo raramente antibiotici, non ho tutta questa
confidenza, non li conosco per nome. Colgo, nel suo sguardo, malcelata sufficienza.
Senza parlare, riempie due ricette di farmaci. Sembra voler colmare, subito e tutta, la mia lacuna. Mi suggerisce di dire al mio medico che non si spaventi per l’alto numero di pasticche prescritte. Ma forse è a me che dovrebbe dirlo.
Bè, io mi sono già spaventata, dopo che mi ha chiesto se lavoro, se guido la macchina, e ha suggerito di prestare molta attenzione durante l’assunzione.
Sono un po’ provata, ma non è finita. A bruciapelo, mi chiede: «In casa ha un ‘inibitore della pompa’?». Ora, chi non tiene in casa uno o più inibitori? Visualizzo il garage: valigie, un tubo di gomma per annaffiare, qualche cacciavite, una bici con relativa pompa. Nient’altro. Volendo attrezzarmi per il futuro, devo rivolgermi a una ferramenta o è meglio un’officina meccanica?


M’ispirava fiducia la dottoressa. Ha usato, però, una lingua che non conosco e non ha neanche parlato direttamente con me, ma al mio medico tramite me.
Fine della fiducia.
Esco, straccio le ricette e penso: ma se quello che dici non è comprensibile a chi lo dici, che senso ha?
Le parole devono essere dei ponti non dei muri.


Per mestiere vendo. Ho subito pensato a quante volte noi che facciamo questo lavoro usiamo un linguaggio ricercato, complicato, che ci rende più sicuri, ma che il nostro cliente fatica a comprendere o non capisce per niente. Ho pensato a quanta distanza crei questa incomprensione, tra venditore e cliente. A volte siamo così concentrati nel mostrare quanto siamo bravi e preparati, che perdiamo di vista lo scopo principale del nostro lavoro, cioè poter essere una soluzione ai problemi del cliente.
Se il mio cliente non comprende il mio linguaggio, non posso aspettarmi che me lo dica apertamente, permettendomi così di correggere il tiro. Si limiterà a dire che non è  interessato al mio prodotto o servizio, e tantomeno a me. E, di nuovo, fine della fiducia.
Poco importa se sono convinta di avergli proposto un buon prodotto o un buon servizio: non c’è futuro per nessuno. Ma mentre lui, il cliente, non saprà mai di aver perso un’opportunità, io da subito so di aver perso un cliente.
Le parole sono importanti, il linguaggio è importante, né troppo, né troppo poco. Il cliente
merita rispetto, sempre. Ed essere chiari, semplici ma esaustivi, è il modo migliore per mostrare rispetto al cliente e anche alla nostra professione. Come dice Giorgio Armani:
“L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare”, e visto che, noi venditori,
non siamo così spesso ricordati per la nostra eleganza, proviamo a usarne un po’ per ridare lustro al nostro lavoro, così bello, così difficile e così poco apprezzato.