Mestiere della Supervisione


Maria Bietolini Maria Bietolini

Dal volume N° 45

Fare team, fare network, fare meglio

V+ INTERVISTA CAROLINA GIANARDI
RESPONSABILE DELLA PREVENDITA SPECIALISTICA
NELLA RETE COMMERCIALE CORPORATE E PA DI POSTE ITALIANE


Come sei arrivata al tuo ruolo attuale? Questo percorso ha previsto l’approfondimento di competenze commerciali? Ti ha aiutata? E quali altre competenze hai, invece, dovuto acquisire?
Il mio percorso professionale mi ha visto ricoprire periodicamente dei ruoli commerciali. Oggi nel mio ruolo tra le altre cose gestisco oltre 50 venditori specialisti di servizi finanziari e assicurativi, che servono circa 50 mila clienti tra aziende con oltre 10 milioni di fatturato e tutte le pubbliche amministrazioni.
In passato invece sono stata Direttore Commerciale e Marketing di una primaria società di leasing dove ho gestito un centinaio tra venditori diretti e personale di filiale insieme a una rete di circa 200 agenti.
In realtà professionalmente nasco in ambito finanziario: ho una laurea in Economia Aziendale e un Master in Corporate Finance conseguiti alla Bocconi. Lavorando prevalentemente nell’industry dei servizi finanziari e, prima del mio arrivo in Poste Italiane, per oltre 10 anni nel gruppo GE Capital, il passaggio progressivo da ruoli di staff a ruoli più di front end è stato naturale, consentendomi una mobilità all’interno del gruppo GE non solo geografica ma anche di tipologia di ruoli ricoperti.
La conoscenza dei prodotti, l’orientamento al cliente, l’attenzione ai processi operativi, il rigore nel monitoraggio dei risultati  hanno fatto sì che, pur non nascendo con un “dna commerciale”, quando si è presentata l’occasione potessi gestire una rete in maniera efficiente ed efficace. Quello che ho dovuto sviluppare in modo particolare, cosa che mi è tra l’altro piaciuta molto,  è stata la capacità di guidare e motivare il mio team,  competenza sempre molto importante ma in particolar modo quando si tratta di un team di vendita.


Al di là dei “femminismi”, qual è, dal tuo punto di vista, il vero apporto che le donne danno a un’azienda?

Premesso che sono una sostenitrice attiva dello sviluppo professionale femminile, tanto da aver fondato con anche altre amiche nel 2013 una associazione no profit di cui oggi sono Presidente (PWN Rome) e che ad oggi conta oltre 100 socie, ritengo che il vero apporto provenga dal fatto che una donna quando lavora per un azienda ha innanzitutto l’obiettivo di contribuire proattivamente al risultato di quella azienda e solo dopo, eventualmente, a suoi interessi personali (carriera, stipendio, potere).  Questo fa sì che, nella maggior parte dei casi, i comportamenti tenuti da una donna in azienda contribuiscono all’arricchimento di questa e non solo alla propria affermazione personale. E, laddove consentito, possa anche dare un contributo di maggior valore e indipendenza nelle decisioni aziendali.
A questo si deve aggiungere che spesso le donne prestano anche maggior attenzione alla valorizzazione e alla crescita del proprio team con una ricaduta complessiva amplificata.

Come guidi il tuo gruppo di lavoro? Problemi di autorevolezza e leadership?

Devo dire che ho una interazione molto attiva con il team e di fatto lavoriamo quotidianamente insieme.  Nella gestione di team particolarmente grandi, anche se con diversa frequenza, cerco sempre di arrivare su ciascun membro del gruppo. In genere, il committment che metto nel lavoro in prima persona insieme alle mie competenze fanno sì che il team abbia molta stima e rispetto della mia persona, comportando un loro forte coinvolgimento.
Con il tempo ho anche imparato a prestare molto attenzione anche al non detto e a fare in modo che quando c’è qualche problema venga affrontato subito. Do e chiedo feedback con continuità e quando ritengo che qualcosa non giri per il verso giusto lo affronto immediatamente. Evidentemente ci sono anche momenti dove, per motivi diversi, esercito il mio ruolo in maniera più direttiva. E’ fondamentale essere consapevoli di quale leva si stia utilizzando in qualsiasi momento e del perché, evitando di avere una velocità diversa dal team.

Hai provato sul campo delle tecniche particolari di gestione del tempo, delle scadenze e, più in generale, del team? Cosa funziona?
Ho imparato che è fondamentale adattare il proprio stile tra delega e micro management in funzione della tipologia delle risorse del team e del momento in cui si trova l’azienda. E ritengo fondamentali le verifiche periodiche di dettaglio affinché si sia tutti sulla stessa pagina del libro.
Dipende anche molto dalla cultura aziendale, e quindi delle persone, in cui ci si trova. La mia esperienza nel gruppo GE, dove c’era anche un modo di pensare il lavoro in maniera molto flessibile con una responsabilizzazione diretta delle persone, è stata caratterizzata più da un approccio di macro management mentre oggi in Poste, realtà per certi aspetti molto più articolata e complessa, le verifiche periodiche avvengono con maggior frequenza.

Quali sono le soddisfazioni più grandi di questo lavoro? E le difficoltà più grandi? Cosa frena la carriera di molte donne – l’azienda, il mercato, se stesse?
Credo che un ruolo commerciale permetta di confrontarsi con il cliente con maggior frequenza e continuità, senza rischiare di essere troppo autoriferiti. Un ruolo commerciale richiede tipicamente una certa mobilità. Molto donne rivestono ruoli commerciali e ottengono ottimi risultati, la crescita però in questo ruolo spesso si porta dietro la necessità di frequenti spostamenti non sempre conciliabili con la propria vita personale. Un esempio evidente lo abbiamo in Poste, dove oltre il 50% del personale è donna e molte sono direttrici di uffici postali e filiali. La crescita però si ferma nel momento che in cui si chiede di assumere un ruolo ad una distanza significativa da casa. Se fino ad oggi la motivazione principale del “freno” per le donne era la gestione dei figli, si sta oggi aggiungendo la questione della gestione dei genitori. Per motivi culturali e politiche socio-economiche, entrambe le attività finiscono per ricadere sulla donna della famiglia.

Secondo te, le donne, oggi, fanno abbastanza “rete” nel business?
In generale non abbastanza e ancora meno nel business. Ritengo sostanzialmente per due ordini di motivi: non ci viene naturale e richiede investimento di tempo. Le cose stanno un po’ cambiando, ma c’è ancora bisogno di “forzare” un po’ la mano. Anche quando si fa rete il rischio è che ci si limiti a sviluppare le relazioni interpersonali piuttosto che a mirare a fare business. Ci sono varie realtà associative che si stanno muovendo in questo senso, io stessa partecipo ad alcune iniziative in merito, per cui sono convinta che tra qualche anno si vedranno in maniera più evidente i risultati.

Cosa suggeriresti a una ragazza che sta per intraprendere la prima esperienza lavorativa?
Innanzitutto darei un suggerimento a chi sta ancora decidendo il proprio percorso formativo, invitandola a orientarsi prevalentemente verso materie STEM: perché sono quelle che nel prossimo futuro daranno maggiori opportunità di inserimento nel mondo del lavoro,  mondo che sta cambiando così repentinamente che anche noi facciamo fatica a immaginare come sarà nei prossimi 15 anni. Naturalmente non si devono trascurare elementi di creatività, arte e cultura perché saranno fondamentali per sviluppare un profilo in grado di muoversi in un mondo in continuo divenire.
Per chi invece sta entrando in questo momento nel mondo del lavoro, sottolineo l’importanza di crearsi un network di riferimento in ambito lavorativo fin da subito a cui potersi rivolgere in qualsiasi momento per consigli, chiarimenti, aiuto. Mentre nella prima parte della carriera sono le competenze che determinano le opportunità, mano a mano che si rivestono ruoli professionali di maggior rilievo avere un network di valore e di fiducia diventa determinante.
E’ per questo che uno dei fiori all’occhiello di PWN Rome è il programma di mentoring per le socie. Il programma appena partito vede coinvolte oltre 130 Mentee sia nel programma individuale che in 5 Group Mentoring. Tra questi, non senza motivo, uno ha l’obiettivo di focalizzarsi sulla costruzione di un network di fiducia e uno è relativo al mondo digitale.



Oltre che da top manager, puoi parlare da “business angel”. Cosa serve alle imprenditrici – ma anche alla nuova imprenditoria italiana in generale? E’ un discorso prettamente economico o c’è un fattore culturale da affrontare?
Ho cominciato a occuparmi di start up più di recente, scoprendo come il coinvolgimento con il mondo imprenditoriale mi appassioni molto. Anche in questo ambito vediamo una minore presenza di donne sia come business angel che come imprenditori. Il mondo del finanziamento alle start up mostra infatti ancora una tendenza a erogare fondi ad aziende a guida maschile e molte delle start up vengono fondate da ragazzi.

Colgo l’occasione per segnalare proprio due progetti che hanno ottenuto finanziamenti dalla EU, molto attiva sul tema, e che ritengo particolarmente interessanti perché riguardano anche il mercato italiano: