Prospettive


Valeria Tonella Valeria Tonella

Dal volume N° 67

2021: previsioni ragionevoli e desideri (i clienti saranno fatti così)

 

 

 

COME COMPREREMO, COME VENDEREMO

Se un imprenditore, un manager o un professionista si informasse adesso (gennaio 2021) dei trend che quest’anno non ci lasceranno, troverebbe alcuni elementi ricorrenti, nei consumi e nei comportamenti d’acquisto.


La cosa interessante (e giornalisti e testate varie, soprattutto italiani, non lo stanno sottolineando abbastanza) è che non si può parlare neanche più parlare di “trend” intesi come elementi di novità del futuro, piuttosto di abitudini consolidate:


•    è un anno, ormai, che usiamo le app e lo smartphone per pagare e comprare (si parla di una crescita dell’80%, secondo Il Sole 24 Ore, per un totale di 13 miliardi di euro; bene anche le carte contactless, +15%, 31.4 miliardi di euro in movimento);


•    da quest’anno l’Italia è il Paese in cui Amazon è cresciuto di più (Pasta, vino e piscine gonfiabili: come Amazon ha conquistato l'Italia titola il New York Times);


•    ma è un anno anche che abbiamo riscoperto i negozi di vicinato, le botteghe (alla pari, bisogna dirlo, dei discount con grandi assortimenti e prezzi più convenienti, zone rosse permettendo);


•    è un anno, infine, che lavoriamo da remoto e, più o meno “agilmente”, continueremo anche nel futuro. Durante il lockdown erano 6 milioni e mezzo gli italiani che hanno trasformato la casa in ufficio, ma la School of Management del Politecnico di Milano, nel suo Osservatorio Smart Working, fa sapere che “il 70% delle grandi imprese aumenterà le giornate di lavoro da remoto portandole in media da uno a 2,7 giorni a settimana. Una su due modificherà gli spazi fisici”.


Non solo “mode” transitorie, e l’ha scritto e spiegato bene Matteo Cantamesse, co-fondatore di Spice Research, nel gruppo (di ricercatori) su Facebook Research Chapter Community: «Nel 2020 abbiamo appreso, scoperto e subìto diverse nuove abitudini, molte delle quali tech-driven. (…) Alcuni di questi cambiamenti rimarranno, alcuni li abbandoneremo, altri ancora subentreranno. Ma credo che l'anno che verrà pone tutti di fronte a una nuova responsabilità: comprendere i nuovi bisogni delle persone e dei brand e creare valore per loro, moltiplicando le esperienze possibili e preservando la varietà delle esperienze umane. Forse l'unico modo per far fronte a questa sfida è (ri)cominciare a pensare in termini di sistema e di complessità».


Siamo frammentati (commercialmente parlando)
Prendiamo l’esempio della spesa alimentare: c’è chi compra online, c’è chi torna in bottega, c’è chi va al discount. Nell’emergenza un consumatore si arrangia secondo disponibilità e contingenze, e questo ci ha portato a fare esperienze d’acquisto magari diverse rispetto al passato (magari no). In ogni caso, scrive Il Sole 24 Ore, ne risulta che «la popolazione nel 2020 è molto frammentata e di conseguenza anche il mercato». Da un lato abbiamo fatto esplodere l’e-commerce, dall’altro, ricorda anche Cantamesse, abbiamo lasciato le grandi città per “migrare” verso le periferie e i piccoli centri urbani. Questo spostamento verso le seconde case o i luoghi d’origine ha «generato una crescita più veloce delle piccole realtà commerciali in aree a bassa urbanizzazione». (Il Sole 24 Ore) Il mercato durante una crisi è per definizione movimentato, pieno di scossoni e di curve improvvise, e adesso ci troviamo proprio dentro a un mercato di questo tipo.
Domanda: nel nostro settore c’è questa frammentazione? E se sì, come pensiamo di affrontarla?

Siamo più “amici” del tech (che ci piaccia o no)
Compriamo con lo smartphone (fantascienza per molti prima), ma che mi dite del turno in fila alla posta prenotabile sulla app, della didattica su Zoom, delle video riunioni?
Abbiamo familiarizzato con metodi di fidelizzazione più interattivi delle raccolte punti a bollini: calendari dell’avvento online (con newsletter quotidiane per aprire la casella); dirette su Instagram per partecipare al Black Friday; liste della spesa su gruppi Whatsapp… gli esempi sono tantissimi. La “direttora” di V+ giura di aver visto al mercato di Milano due “sciùre” chiedere all’ambulante se avesse il cashback… e lo aveva!
Se presentiamo una soluzione alternativa e pratica, a cui si accede facilmente e che sia magari anche un po’ divertente, non c’è motivo per cui il cliente non debba accettarla di buon grado.
Domanda: li stiamo usando abbastanza questi strumenti? Li stiamo usando abbastanza nel servizio clienti e nell’assistenza? Li stiamo usando bene?


Siamo sensibili
Ai prezzi, e vabbè. Non solo. Siamo sensibili all’esperienza: l’impossibilità di frequentare i punti vendita fisici, o di frequentarli come facevamo prima, ha dimostrato quanto importante fosse l’elemento di gratificazione. Pensiamo ai saloni di estetica o ai parrucchieri: la dimensione della “coccola” si è come “svuotata”, perché, diciamocelo, il relax non è lo stesso con le mascherine, le visiere, il distanziamento… Vale anche per quelle attività che non possono più di tanto rimpiazzare la presenza in loco. Vedi locali e bar che, dopo alcuni tentativi di “cocktail kit” da asporto, hanno abbandonato l’idea, perché il bello di bere quei cocktail è berli fuori. O le profumerie: come si compra (e si annusa) un profumo con il viso coperto?
«Esperienza umana batte User Experience uno a zero», riprendendo l’ottimo riassunto di Stella Bonavolontà, amministratrice di una community di 4.500 iscritti (correte a cercare su Facebook “Quartiere Solari – Social Network”. Ne abbiamo parlato anche qui su V+).
Domanda: come cureremo l’esperienza del cliente quest’anno?

Siamo più distanti
«Le occasioni di contatto empatico con i consumatori, gli utenti, le persone sono diventate più rare». (Cantamesse)
Il 2020 sarà ricordato come l’anno dello “doomscrolling” (gesto familiare con cui si scorre lo schermo dello smartphone con il pollice, in solitudine, per leggere gli aggiornamenti sui social e le notizie, spesso nefaste. “Doom” vuol dire “sciagura”…)
Per dire: non solo abbiamo dovuto affrontare una crisi mondiale che in molti non avevano mai visto; abbiamo dovuto farlo anche separati, lontani dagli affetti e dai nostri commercianti/professionisti/consulenti di fiducia, dai colleghi, dai collaboratori, dai mentori, con conseguenze sulla produttività, sulla comunicazione, sul benessere mentale. Ci siamo sentiti (e ci sentiamo ancora) isolati, e parlare oggi di “team working” o “team building”, be’, è tutta un’altra storia.
E il cliente? Il cliente è lì che aspetta un tuo segnale di presenza. Siamo chiamati a “fare comunità” (community) come mai prima: secondo l’ultimo report di We Are Social (Think Forward Report 2021), 8 persone su 10 (ed è un dato mondiale) si aspettano quest’anno che i brand usino tutti i canali (social, web e tech in generale) per facilitare la connessione, umanizzare il servizio clienti (anche in gruppi privati, perché no), migliorare i touch point (e aumentare il loro numero, se serve). Fatevi sentire. Siate presenti. Fatevi vedere di più, anche in viso. Siate “influencer” nel senso più umano del termine.
Domanda: nella crisi, ci siamo? Rispondiamo? Ci facciamo vedere/sentire?

Siamo tutti più bisognosi di rassicurazione
Sapete chi conta 5 mila iscritti? Mammapack.com, un portale creato da due napoletani per gli italiani all’estero che vogliano fare la spesa come se fossero in Italia (appunto il classico “pacco di mamma” o “pacco da giù”, per chi lascia il Sud). Stessi prezzi, costi di spedizione contenuti, soprattutto una piccola “isola felice” dove ci si sente un po’ di più “a casa”.
Abbiamo un estremo bisogno, in questi mesi, di sentirci a casa. Anche se non ci è permesso odorare i nostri profumi preferiti, mangiare nel nostro ristorante, andare nel “nostro” museo, vogliamo, in qualche modo, recuperare quelle sensazioni buone (non dico “positive”!) ed essere rassicurati.
In questo contesto, le aziende e i professionisti hanno un ruolo importantissimo! Sempre il report di We Are Social sottolinea che «siamo tutti alla ricerca di persone autentiche, esperti che si facciano vicini, che non si nascondano dietro a termini tecnici». Insomma che ci diano un po’ di fiducia.
Domande:
1.    manteniamo i contatti?
2.    Diamo solo messaggi chiari, non fraintendibili?
3.    Dimostriamo di essere affidabili?


Fonti: Ansa, New York Times, Il Sole 24 Ore, We Are Social, Il Post, Inside Marketing, Il Corriere