Management


Angelo Suardi Angelo Suardi

Dal volume N° 62

Turnover, paura che i collaboratori cambino casacca?

 

 

 

Finora il personal branding è stato appannaggio dei personaggi pubblici e dei manager più importanti delle grandi aziende, Ceo, alti dirigenti. Ancora oggi è raro trovare piccole e medie imprese interessate all’argomento; ancora più raro è il caso di aziende interessate a estendere la cura del personal branding a tutti i collaboratori con attività formative consulenze pensate per loro.
In questo articolo ti spiego i tre motivi per cui credo sia fondamentale lavorare sul personal branding di tutti i collaboratori.


MA PRIMA…
Se n’è parlato molto, ci ricordiamo cosa sia il personal branding?
Può essere definito come ciò che viene detto, sentito e pensato dalle persone su di voi e sui servizi che offrite, nella vostra vita professionale e non”. (Wikipedia)
Tom Peters ha usato per primo l’espressione: “Everyone has a chance to be a brand worthy of remark”, “Tutti hanno una chance di essere un brand degno di attenzione”.

Dunque perché lavorare sul personal branding dei collaboratori, di tutti loro?

1.    PER AUMENTARE IL BRANDING DELL’AZIENDA
I dipendenti dell’azienda e soprattutto il personale che si occupa di vendita sono le persone che “rappresentano” l’azienda all’esterno.
Pensa a un venditore che prende contatto con il prospect per chiedere un appuntamento. Qual è la prima cosa che farà il cliente (potenziale)? Anche solo per curiosità, andrà su LinkedIn per cercare chi sia quel venditore. Se troverà un profilo ben fatto e noterà che la persona posta contenuti interessanti, aumenterà la stima e l’interesse non solo per il venditore, ma anche per l’azienda per cui lavora.

2.    PER AUMENTARE LA MOTIVAZIONE DEI DIPENDENTI
Per far capire meglio l’importanza di questo punto, voglio raccontarti un esperimento fatto quasi un secolo fa negli Stati Uniti, vicino a Chicago. Nel 1927 lo psicologo di origine australiana Elton George Mayo venne incaricato dalla Western Electric Company di verificare come variasse la produttività negli stabilimenti a Howthorne modificando le condizioni di lavoro, più precisamente l’illuminazione. Già. Senza entrare nei dettagli, in quello stabilimento, dove si produceva materiale telefonico e la manovalanza era prevalentemente di sesso femminile, qualunque livello di illuminazione testato portava inaspettatamente a un notevole aumento di produttività. Contrariamente a ogni logica, sia aumentando la qualità della vita lavorativa che lasciandola invariata, la produttività dei soggetti oggetto dell’esperimento incrementava: sempre!
Mayo scoprì che il fenomeno si verificava perché per la prima volta quelle persone erano state lavorativamente considerate ed erano oggetto di attenzioni. Da allora questa importante evidenza è conosciuta con il nome di “effetto Howthorne”.
Adesso prova a pensare a quale incremento di produttività la tua azienda potrebbe beneficiare dall’aumento della motivazione se organizzasse delle attività per migliorare il personal branding. Immagina il personale commerciale o l’impiegato addetto al customer service mentre viene coinvolto nello shooting fotografico, nella produzione di un video o anche più semplicemente nella scrittura di un’intervista da pubblicare sui social aziendali, nelle brochure distribuite ai clienti, in qualche giornale locale…
Conosco un operaio che conserva ancora, e lo mostra sempre orgoglioso, l’articolo di un giornale dove si parlava della sua azienda e dove compariva la sua foto con una breve intervista. E sono passati oltre vent’anni da quel giorno.

3.    PER FAVORIRE L’ATTIVITÀ DI RECRUITING…
E RIDURRE IL TURNOVER AZIENDALE
Ci sono alcune professionalità facilmente reperibili sul mercato, altre più difficili da trovare. Convincerle a “cambiare casacca”, poi… soprattutto se non hai un brand fortissimo, è faticosissimo!
Di solito le aziende si limitano a offrire condizioni economiche migliori, ma non sempre è l’elemento decisivo.
Immagina che un agente di commercio venga a sapere che un’azienda concorrente investe sull’immagine dei collaboratori, che fa video interviste alla rete di vendita e carica i video su YouTube, che li supporta con contenuti di valore da condividere con i clienti e i prospect sui profili social, che organizza shooting fotografici… non pensi che saranno tutti elementi importanti per fargli valutare attentamente se valga la pena di cambiare società?

ALCUNE OBIEZIONI… E COME SUPERARLE!
La prima obiezione che solitamente viene in mente è quella dei costi. Fare uno shooting fotografico, produrre e montare un video o predisporre un piano editoriale digitale rappresenta un investimento per l’azienda che deve essere valutato. Si può andare per step, attivare prima delle azioni e poi altre, oppure all’inizio restringere il novero dei collaboratori coinvolti scegliendo le “figure chiave” (key people).

La seconda obiezione legata alla paura che i collaboratori “cambino casacca”: diventando conosciute nel loro settore, si stacchino dall’azienda, vanificando gli investimenti fatti. È naturale che in qualche caso questa previsione potrebbe avverarsi. Tuttavia come accennato sopra, è più facile che si rafforzi il “legame di appartenenza” nei confronti dell’azienda. Senza contare che, se si tratta di personale commerciale, il personal branding aiuterà il collaboratore a vendere (e a guadagnare) di più, perché sarà percepito come un consulente capace e non come un piazzista, e avrà molte più frecce al suo arco.