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Dal volume N° 49

Relazioni con i colleghi: che stress

 

di Deborah Levi, RESPONSABILE AREA B2B E PR ISTITUZIONI
DEL CENTRO MEDICO SANTAGOSTINO

Come mai il lavoro ci provoca così tanto stress? Qual è l’origine profonda di questo malessere diffuso? Durante gli anni di consulenza di carriera svolta per persone di tutti livelli aziendali, credo di aver trovato una risposta che accomuna la maggior parte dei lavoratori: i sentimenti di frustrazione emergono soprattutto dalle relazioni con i colleghi o con i propri superiori.

Anche con tutta la buona volontà di stringere relazioni positive con capo e colleghi, infatti, prima o poi capita a tutti di imbattersi in situazioni relazionali complicate, a volte veramente destabilizzanti. Spesso queste dinamiche difficili si ripercuotono anche sui risultati lavorativi.


Come prevenire il più possibile tali situazioni e instaurare buone relazioni con i colleghi, guadagnando in serenità e qualità del lavoro?

Di seguito, tre capisaldi per il raggiungimento di questo obiettivo.

Business is business
Negli ambienti di lavoro in cui i lavoratori trascorrono gran parte della giornata insieme, può verificarsi l’inclinazione a riprodurre le dinamiche tipiche delle relazioni familiari. Nelle aziende più evolute troviamo luoghi pensati per l’interazione tra i dipendenti, provviste di divano, cucina, addirittura di televisione. Per quanto queste soluzioni migliorino la qualità della vita e la comunicazione tra colleghi, possono anche “trarre in inganno”: i luoghi di lavoro non sono una casa né tantomeno una famiglia.

Avere chiara questa regola di base è fondamentale per migliorare ogni tipo di conflitto relazionale.

La maggioranza dei problemi relazionali al lavoro può essere attribuita alla tendenza a sovrapporre ruoli, a identificazioni con schemi mentali conosciuti legati alla nostra famiglia e alle dinamiche che abbiamo avuto al suo interno.
Il capo non è il papà, né la mamma, i colleghi non sono fratelli o sorelle. Sembra banale, ma a volte passiamo così tanto tempo in ufficio che finiamo per “confonderlo” con la nostra casa.
Questo ridimensionamento e questa corretta attribuzione di importanza all’altro ci permetteranno di vivere in modo più razionale e meno emotivo la relazione con queste persone.
Gli americani hanno un modo di dire molto efficace: “business is business”, per intendere la linea di confine che separa il lavoro con la vita fuori.

È la consapevolezza di questo limite che ci permette di trascorrere molte ore in azienda serenamente, di non puntare tutta la nostra autostima sul lavoro e sulle relazioni che vi si instaurano, di capire che una critica lavorativa non equivale a una critica personale. Ovviamente questo non significa deumanizzare le relazioni. I colleghi con cui trascorriamo molto tempo possono indubbiamente diventare anche dei validi alleati o superiori, essere punti di riferimento e professionisti che stimiamo. Per arrivare a queste relazioni positive, è importante però dare loro il giusto peso. Un capo che ci rimprovera per un lavoro fatto male non critica noi, ma critica il nostro lavoro, non è un genitore deluso, ma il nostro datore di lavoro che ci pone una richiesta che non c’entra col nostro valore come persone.

Coltiva soddisfazioni fuori dal lavoro
Le ricerche dicono che lavorare molte ore al giorno non porta necessariamente a buoni risultati, anzi sembrerebbe paghi di più prendersi cura della propria vita in tutti i suoi aspetti, coltivare relazioni fuori dal mondo del lavoro, avere una soddisfacente vita sessuale, fare sport, nutrirsi in modo corretto, coltivare hobby e passioni.

I nostri colleghi sono i nostri compagni di avventura, un’avventura stancante dove spesso i bisogni tra le persone non coincidono e interviene il fattore stress. Al lavoro superiamo quotidianamente decine di prove legate ad attività che dobbiamo fare, di solito in tempi stretti, richieste che non sempre riusciamo a soddisfare, pressioni legate ai budget, a dinamiche di potere, mole di attività che a volte non riescono neanche a conciliarsi con i nostri bisogni personali di sonno, di attività fisica o familiari. Per questo, tenere aperta una “porta mentale” è fondamentale per la nostra tutela psicofisica. Le persone di maggior successo professionale sono caratterizzate da un buon livello di collaborazione con gli altri, unita a un buon benessere psicofisico personale.

Conosci te stesso
Spesso tendiamo inconsciamente ad attribuire agli altri frustrazioni personali, mancanze affettive e bisogni individuali. Uno dei migliori modi per conoscere l’altro e quindi instaurare una buona relazione, è quello di conoscere noi stessi, i nostri limiti e le nostre volontà, anche quelle più nascoste.

La consapevolezza non è una competenza che ci insegnano a scuola, né tantomeno è una competenza facilmente misurabile, per questo viene spesso sottovalutata. Invece una buona consapevolezza personale e l’acquisizione di un buon linguaggio emotivo sono alla base della felicità e del successo personale.

Se un collega più giovane lavora meno e nonostante questo ottiene dei risultati migliori visibili agli occhi di tutti, quanti di noi sono capaci di ammettere che è il caso di chiedere aiuto e imparare dagli altri?

Viene invece spontaneo “pensar male” del collega, ipotizzare che utilizzi metodi non ortodossi per arrivare allo scopo, entrare in una competizione negativa invece di ammettere a se stessi i propri limiti. A volte ci si sente feriti perché inconsapevolmente i colleghi o i capi toccano argomenti a noi scomodi o utilizzano modalità comunicative per noi antipatiche.

Per esempio ci sono persone che non tollerano modalità aggressive di comunicazione, altre che invece ne sono motivate. Alcuni hanno bisogno di una forte carica energetica al lavoro e per questo preferiscono lavorare in compagnia di personalità molto dinamiche, rispetto ad altri che preferiscono ambienti tranquilli e strutturati. Conoscere le nostre preferenze è importante per scegliere un posto di lavoro adatto a noi.


E ADESSO SII SINCERO!

Ecco una lista di alcune domande che potremmo porre a noi stessi per conoscerci meglio nella sfera relazionale al lavoro.

1. Che rapporto ho con l’autorità?
2. Quali caratteristiche comuni hanno le persone con le quali ho una certa affinità?
3. Quali caratteristiche comuni hanno i capi con i quali non sono andato d’accordo e quelli con i quali avevo un buon feeling?

4. Quanto la mia emotività influenza le mie relazioni al lavoro?
5. Ci sono situazioni con i miei colleghi nelle quali mi sento in famiglia?
6. Qual è la cosa che mi dà più fastidio nella relazione con gli altri e cosa faccio io per risolverla?