Pillole


Valeria Tonella Valeria Tonella

Dal volume N° 64

Il nuovo virus: il brevetermismo

 

C’è questo illuminante articolo di Annamaria Testa su Nuovoeutile.it che mi rassicura: la pandemia ci avrebbe (in teoria) “insegnato” che sopravvivere al “qui e ora” sia sufficiente. Che “svangarla” un problema alla volta è più che auspicabile. E siamo fisiologicamente preposti a farlo: il nostro cervello è impostato per affrontare soprattutto minacce chiare e immediate; non è per niente a suo agio quando il pericolo si fa non solo più insidioso, ma anche si protrae nel tempo. Di più: siamo più bravi ad affrontare minacce umane che non umane. Ve ne viene in mente una di recente?


Già prima del virus, la Testa individua nelle aziende e nella politica la propensione a non pensare più a lungo a termine (perché sui social ci vogliono risposte veloci, i risultati hanno cadenza trimestrale, il mercato è super, iper competitivo… e la tattica supera la strategia, l’urgenza scavalca l’importanza). Così succede di prendere decisioni affrettate, con dati parziali o non troppo verificati… e di pentirsene. Mettere la toppa e non pensa alle conseguenze di lunga durata: ecco il “brevetermismo”.


A mio avviso la Testa ci chiede uno sforzo non indifferente – ma indispensabile! Citando Ari Wallach e una sua Ted del 2016, ci ricorda di: primo, ragionare in termini transgenerazionali (come se la caverà la prossima generazione, se io faccio questo, questo e questo?); abbandonare la mentalità tecnocentrica, per la quale la tecnologia risolverà tutti i nostri problemi (abbiamo visto che, nonostante la tecnologia, un virus ci ha trovati impreparati); imparare di nuovo a ragionare in termini di “fine”, ovvero: quale scopo abbiamo e quali saranno le conseguenze anche quando noi non ci saremo più? Che non vuol dire “quando saremo morti”, ma anche “quando non lavoreremo più nella nostra azienda”, per dire. L’emergenza Covid c’è, permane; ma facciamo lo sforzo, inseriamola in un sistema che di problemi e opportunità è pieno zeppo.