Management


Afsoon Neginy Afsoon Neginy

Dal volume N° 54

Aziende familiari: quando si portano i problemi di casa al lavoro

 

RESISTONO MEGLIO ALLA CRISI, MA POSSONO MALFUNZIONARE SE...

 

L’imprenditoria italiana è ben rappresentata, numericamente, dalle aziende familiari, ma non siamo soli in Europa. Nel “vecchio continente” le imprese familiari generano, secondo fonti Kpmg, oltre 60 milioni di posti di lavoro. In alcuni Paesi europei, ad esempio, rappresentano dal 55% al 90% sul totale aziende: in Italia si stima che le aziende familiari siano 784 mila, pari all’ 85% del totale delle aziende presenti sul territorio nazionale (dati ricerca Aidaf, Associazione italiana delle aziende familiari).

Naturalmente ci sono grossi vantaggi nel fare business in famiglia: in genere i familiari sono più legati all’azienda, hanno una grande passione e sono molto determinati nel voler raggiungere i risultati. Non ultimo per importanza, hanno una forte propensione ai sacrifici: lavorano a oltranza e senza pause (spesso anche per l’eccessiva centralizzazione e carico di lavoro che portano su di sé).
Sembra che le aziende familiari resistano meglio alla crisi economica, o per lo meno questo è successo negli ultimi anni, quando si è vista una loro migliore performance rispetto alle aziende statali o parastatali.

C’è un valore anche sociale
Un altro aspetto molto importante da considerare è il ruolo sociale che oggi l’azienda deve svolgere. Sembra che nel creare un clima equilibrato e rispettoso dei bisogni delle persone le aziende familiari riescano meglio.
Il delicatissimo equilibrio tra la vita privata e lavorativa (work-life balance) e la centralità della persona sono temi sentiti. Sempre secondo dati Aidaf, se il 55% dei lavoratori in Italia si reputa stressato, costretto a lavorare troppo e a sacrificare il proprio tempo libero per paura di perdere il posto di lavoro, l’azienda deve pensare a come migliorare il clima aziendale e riqualificare il ruolo che può avere nella ricerca del singolo di uno scopo nella vita.
In America, secondo una ricerca pubblicata da Harvard Business Review proprio nel novembre 2018, nove lavoratori su dieci hanno dichiarato di essere disposti a rinunciare a una parte del loro salario in cambio di un lavoro più interessante, stimolante e ricco di significati. Forse in Italia le percentuali sono diverse, ma di sicuro anche nel nostro Paese si sente il bisogno di sicurezza e di stabilità: l’azienda familiare può soddisfarlo di più rispetto ad altre organizzazioni. Infatti di solito si tratta di realtà che hanno un forte legame con il territorio e che tendono a minimizzare il turnover dei loro dipendenti, creando una rete di relazioni in grado di sostenere gli individui nei momenti di stress. In questo contesto il lavoratore può sentirsi parte di una vera, grande famiglia di cui condivide gli scopi, perché si sente coinvolto positivamente.

L’aspetto manageriale
C’è però una sostanziale differenza tra la tipica azienda familiare italiana e quella di un altro Paese europeo: in Italia si ricorre molto meno all’aiuto di manager esterni. Il 66% delle aziende italiane ha tutto il management composto dai membri della famiglia, e anche nel caso di un’azienda di successo, ciò è causa di chiusura nel modello di business e nel modus operandi. Non avere persone con esperienze rilevanti e significative provenienti da contesti diversi o da aziende concorrenti impedisce di:
•    sviluppare un modello manageriale diffuso nell’azienda;
•    incentivare una crescita diffusa in tutta l’organizzazione;
•    consolidare comportamenti organizzativi strutturati e di conseguenza funzionali.

Nelle aziende familiari, anche quelle di dimensioni importanti, il potere decisionale resta in mano a poche persone: la famiglia si fida solo del giudizio dei propri membri e molte volte, se per qualche motivo non è presente il capofamiglia, vengono rimandati i processi decisionali.

Il più delle volte non è chiaro l’organigramma, e la stessa persona può occuparsi parzialmente di più funzioni, sovrapponendosi ad altri. Questo continuo rimescolio può anche non creare conflitto in caso di famiglie coese, ma di sicuro crea confusione nei collaboratori che non hanno un unico riferimento. L’attività viene portata avanti in modo discontinuo, e viene perso molto tempo per cercare di raccordare le varie fasi e di capire a che punto sono state interrotte: l’intercambiabilità tra i membri, che a prima vista sembra essere un fattore favorevole, in grado di accelerare i tempi riducendo il ricorso a risorse esterne, porta a frustrazione per le inevitabili incomprensioni.

I punti problematici
Ma quando sorgono problemi veramente limitanti in una azienda familiare?
•    Quando invidia e conti in sospeso vengono portati da casa in azienda;
•    quando si è in presenza di uno più membri che non sono né preparati, né motivati a lavorare in azienda;
•    quando i figli vengono trascinati in azienda e devono abbandonare i loro progetti già avviati, o peggio ancora non hanno nemmeno la possibilità di provarci;
•    quando i familiari al vertice, considerandosi intoccabili, non si formano e fanno il minimo indispensabile;
•    quando tutti i posti al vertice sono occupati dai familiari e non c’è possibilità di carriera per gli altri manager.


In queste situazioni capita che i processi di delega non vengano né sviluppati, né portati a termine: a volte succede che vengono portate in azienda le stesse dinamiche disfunzionali della famiglia, ad esempio si trasferisce l’indivia e la competizione dei fratelli e i problemi di una vita vengono rinvangati nelle riunioni.

Lo scenario su cui riflettere
Nel nostro Paese, secondo una ricerca di Nardone Group di qualche anno fa, il 40% delle aziende affronterà il passaggio generazionale entro i prossimi 5 anni e le stime dicono che solo 1 azienda su 3 sopravvive alla prima generazione e solo 3 aziende su 100 dopo due generazioni.
Moltissime aziende familiari sono in difficoltà per l’incapacità di gestire il passaggio generazionale, più che per altre dinamiche di macroeconomia.
Occorre quindi pianificare la successione per tempo e gestirla in modo strategico per permettere all’impresa di competere e crescere con successo, senza metterne a repentaglio la continuità.


LESSON LEARNED
Il cambiamento generazionale non va trascurato né lasciato al caso, ma deve essere un’occasione per avviare una fase strategica di sviluppo dell’azienda, non senza salvaguardare i valori e la cultura familiare quali conduttori principali (anche se invisibili) del successo del business e – in ultima analisi – anche della famiglia.
È in quest’ottica che diventa cruciale l’inserimento di manager esterni che portino nuove idee e competenze. Per esempio, compensando le carenze che si verificano quando viene a mancare un familiare che ha avuto per anni un peso determinante nei processi strategici decisionali.
Contemporaneamente sarà necessario sviluppare percorsi di coaching e di mentoring per i membri della famiglia, in modo da farne crescere le capacità manageriali senza perdere di vista i valori che sono alla base di ciascuna realtà.