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Valeria Tonella Valeria Tonella

VEDI ALLA VOCE: "SHOWROOMING"

IL CLIENTE ENTRA NEL NEGOZIO, SI INFORMA SUI PRODOTTI E SE NE VA, A MANI VUOTE, COMPRANDO ALTROVE, NELLA FATTISPECIE ONLINE

 

Il cliente che oggi entra in un punto vendita lo fa generalmente accompagnato da uno smartphone, che lesto estrae dalla tasca o dalla borsa, appendice di cui ormai non può più fare a meno. Fatto questo, entra in internet. Consultato lo strumento, esce dal negozio a mani vuote, anche se magari l'acquisto l'ha fatto. Solo che online.

Ecco lo "showrooming".

La parola Dall'inglese "showroom", salone o sala d'esposizione.

Perché si dice "showrooming" Il cliente entra in negozio, guarda i modelli, confronta i prezzi online o legge recensioni usando Google, siti di e-commerce, siti che comparano i prezzi o con promozioni e offerte, e poi acquista ancora online.

Il negozio diventa quindi non un luogo di vendita "fisica", ma di esposizione dei prodotti.

Succede con i libri, l'elettronica, gli elettrodomestici, l'abbigliamento, i cosmetici. Un salto in negozio per spruzzarsi un po' di quel profumo di cui vogliamo annusare la fragranza, che scopriamo piacerci tanto ma rimandiamo l'acquisto al web.

Dati alla mano Due portali di e-commerce, ePrice e SaldiPrivati, hanno condotto un'indagine tra gli utenti. Risultato: il 44% degli intervistati usa un device mobile (smartphone o tablet) per valutare un prodotto in negozio; il 37% conclude l'acquisto online. Del mobile piacciono la comodità (69%), la rapidità d'uso (67%) e il cosiddetto engagement (72%): acquistare con lo smartphone è più divertente.

Perché un cliente diventa "showroomer"? Statista, portale americano di statistiche, in collaborazione con l'American association of advertising agencies, ha elencato alcune motivazioni. Un cliente va in negozio ma poi compra online perché:

• online il prezzo è migliore;

• programma di comprare online, ma vuole prima vedere fisicamente il prodotto;

• il prodotto in negozio è fuori stock;

• vuole evitare la fatica di portare gli acquisti fatti da negozio a casa, meglio la consegna a domicilio;

• non è conveniente comprare quando è in negozio e vuole aspettare un'offerta o una promozione.

Un colpo per i punti vendita "tradizionali"? Certo i costi per la gestione di un punto vendita showroom non sono bassi (affitto, bollette, personale), costi che online non esistono; i prodotti possono venir danneggiati se continuamente "esaminati" dai clienti e poi non acquistati; la competizione con i siti di e-commerce è dura.

Alcuni retailer hanno cercato di recuperare offrendo informazioni e recensioni del prodotto in negozio (magari su supporti tecnologici già presenti nello store) così che il cliente non debba cercarle online, oppure garantendo la consegna della spesa a domicilio. Alcuni permettono al cliente di ordinare online, mentre l'azienda o il negozio raduna i prodotti ordinati nel magazzino, per evitare le mancate consegne quando in casa non c'è nessuno, e aumentando le possibilità che il cliente acquisti qualcos'altro in negozio quando passano per ritirare l'ordinazione. Ma ci sono retailer che hanno dato battaglia al fenomeno, decidendo di vendere solamente negli store, mettendo la navigazione internet in negozio a pagamento, cambiando i nomi dei prodotti in internet o imponendo una "fitting fee", una tassa sui prodotti provati - come i vestiti - e poi non comprati. Se il cliente compra in negozio, niente balzello.

La BBC inglese ha raccolto alcune testimonianze di negozianti alle prese con la grande "minaccia" dello showrooming: "Vediamo i clienti in un angolo con i loro telefoni mentre scannerizzano il codice a barre di un libro per trovarlo poi a un prezzo più basso in internet. – dice il proprietario di una libreria nella cittadina di Crosby. – Mettere la navigazione in internet a pagamento è un'idea stupida, perché noi vogliamo comunque che la gente entri in negozio. Bisogna, invece, rendere l'ambiente del punto vendita accogliente, e avere commessi che sanno cosa stanno vendendo e non hanno paura di proporsi al cliente per parlarne".

"Lo showrooming non è né bene né male, dipende da come viene considerato: se la morte del retail "fisico" o un calcio ai retailer tradizionali affinché innovino la customer experience in-store. Quanti contrastano questo fenomeno dovrebbero pensare che lo showroomin può essere il futuro del retail". Parola di Brian Gillespie, responsabile per il service design dell'azienda di consulenza americana Continuum.

Il servizio! La rivalutazione dell'esperienza del cliente in negozio perché porti all'acquisto in negozio si basa, quindi, su unico fattore: il servizio del venditore. Servizio, servizio, servizio. Che deve essere speciale, irripetibile, familiare, personalizzato. Come nei negozi di scarpe da corsa Runner's Need, presi a esempio dalla BBC per l'impeccabilità dello staff, che analizza l'andatura del cliente su un tapis roulant e dopo una "diagnosi" sceglie le scarpe più adatte, per minimizzare i rischi di infortunio.

Sulle persone, sui venditori, si gioca la partita con l'e-commerce. Commessi preparati, "friendly", più informati di un sito, più socievoli di uno smartphone.

 

Fonti: bbc.co.uk, mashable.com