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Valeria Tonella Valeria Tonella

SPECCHIO, SPECCHIO DELLE MIE BRAME...

ANCHE SE FARE PREVISIONI SUI CONSUMI NON È FACILE, ALCUNI FENOMENI BALZANO ALL'OCCHIO: L'EXPORT DEL FOOD MADE IN ITALY, I MERCATI AGRICOLI AFFOLLATI, LE GIOIELLERIE CHE VENDONO AMORE...

Mentre su Youtube si moltiplicano i video su "come fare la spesa in tempo di crisi", l'Istat prospetta all'orizzonte un altro anno "horribilis" per i consumatori italiani: spese in calo (-0,7% rispetto al 2012), disoccupazione in crescita (+0,8%) e un fattore di incertezza legato sia a fattori interni (le recenti elezioni politiche) che esterni (l'andamento del commercio internazionale).

Rincara la dose un'indagine di Swg, commissionata da Coldiretti: l'anno nuovo, si dice, sarà pieno di rinunce per almeno il 51% delle famiglie, che riesce a malapena a pagare le spese "normali", evitando ogni "lusso". L'8% non ha un reddito sufficiente per acquistare l'indispensabile (ed è costretta a vendere oro o gioielli). Resta, poi, un 40% privo di timori economici.

La lista delle rinunce

Ma a che cosa rinunceranno i consumatori italiani? Su che cosa risparmieranno? La prima voce in lista è l'abbigliamento: il 53% rimanda l'acquisto di abiti e accessori. Meglio recuperare quello che c'è nell'armadio. Al secondo posto dei "sacrifici" ci sono i viaggi e le vacanze (51%), seguiti dalle attività del tempo libero (48%), come spese per discoteche, bar, ristoranti. Anche se, secondo l'Istat, sotto questo aspetto le abitudini sono cambiate: rispetto a vent'anni fa, pur rimanendo il pranzo a casa una scelta diffusa nei giorni lavorativi, molti preferiscono ancora fermarsi al ristorante (soprattutto la fascia d'età tra i 35 e i 44 anni), con un'ultima crescita registrata dell'1% rispetto agli anni Novanta, mentre i più giovani (20-24 anni) affollano i bar (+ 1,1%). Sale, poi, il numero di chi pranza sul lavoro, grazie alla disponibilità di buoni pasto o altre riduzioni.

Infine, dopo le "folli" spese natalizie, che hanno visto molti consumatori "trattenere" il portafoglio per spendere sulla tecnologia, questo settore si prevede sarà abbandonato dal 42% degli intervistati, e così avverrà anche per i lavori di ristrutturazione della casa, l'arredamento, l'auto o la moto, le attività culturali (mostre, cinema, teatro), come confermano già i dati dei botteghini.

L'alimentare non crolla, e si esporta

Ma la crisi non è uguale per tutti: tiene, per esempio, l'alimentare, sul quale solo il 17% del campione ha dichiarato di risparmiare. E guardando al 2012 (analisi Coldiretti su dati Ismea-Gfk-Eurisko) si trovano delle curiosità su questo fronte: nell'ultimo anno gli italiani hanno portato in tavola più pasta e gnocchi (+ 1,1%) e uova (+ 0,4%), che con la farina servono sempre di più a preparare pane e dolci in casa; sono calati invece pesce (-3,4%), vino (-3%), frutta (-1,9%) e carne (-0,4%).

Si sono ridotte anche le quantità complessivamente comprate dalle famiglie (-0,6%) e il 62% dei consumatori va a caccia di offerte speciali tra le corsie del supermercato più che in passato. Il 49% cambia anche diversi punti vendita, per confrontare i prezzi. È aumentato l'acquisto di prodotti locali (40%) e di frutta e verdura di stagione (50%), in molti casi effettuato direttamente dal produttore.

Inoltre sempre Coldiretti, su una base dati Istat, ha rivelato che nel 2012 l'esportazione di prodotti "food" made in Italy ha toccato quota 31 miliardi di euro, un record storico. L'aumento rispetto al 2011 è del 2%. L'export è diretto soprattutto verso l'Unione Europea (per un valore di 23 miliardi, +3%), ma cresce anche negli Usa (2,6 miliardi, + 10%) e nei mercati asiatici (2,5 miliardi, + 21%). Tra i più esportati il vino, con 4,5 miliardi di fatturato (+7%), frutta e verdura (3,9 miliardi), olio (1,2 miliardi), queste ultime due voci restano stabili. Aumenta invece la pasta, con 2,1 miliardi (+7% dal 2011).

E l'export, nel "food" ma anche negli altri settori, è l'àncora di salvezza, sempre secondo l'Istat, per almeno il 50% delle imprese che commercializzano con l'estero e che, in questo modo, hanno superato i livelli pre-crisi.

L'exploit dei discount

Come stanno i negozi? Non bene, dice l'Istituto di statistica nazionale: a novembre dava i consumi in calo del 3,1% rispetto allo stesso mese del 2011, e rilevava l'affanno soprattutto di piccoli negozi e botteghe di quartiere (-3,9%). La grande distribuzione registrava - 2,1%.

Si salvano i discount, che nell'ultimo anno hanno avuto un aumento di clienti del 10%. Sempre più consumatori, dunque, alla ricerca di prodotti low cost. Circa 6,5 milioni di famiglie.

E le aziende come reagiscono? La risposta è soprattutto "www"

Di fronte a questi numeri, si potrebbe pensare che le strategie aziendali e di vendita serviranno a poco. È vero, i consumi crollano, le aziende chiudono, ma i dati Unioncamere mostrano che il rapporto tra natalità e mortalità delle imprese italiane è rimasto, anche nel 2012, positivo, con circa 20 mila aziende nuove nate in più rispetto a quelle che hanno chiuso i battenti. Un bilancio pari a +0,3%.

Senza considerare quei casi che nella crisi trovano molte possibilità.

• Sta rifiorendo, infatti, la pratica della vendita diretta dal produttore al consumatore, che ad esempio per l'agricoltura valeva 3 miliardi di euro nel 2012, pari circa a 7 milioni di clienti che hanno affollato i mercati agricoli.

• Sempre spiegate anche le vele dell'e-commerce, un altro canale che, al di fuori del negozio tradizionale, ha attirato 12,3 milioni di compratori, il 43,4% degli utenti totali di internet in Italia, con una crescita del 21% rispetto al 2011. L'Istat ha contato, inoltre, che il 95,7% delle aziende italiane con almeno dieci addetti ha una connessione al world wide web (leggi anche: http://www.venderedipiu.it/dagli-strumenti/nel-2013-le-aziende-sempre-pi-hitech-ma-ancora-in-poche-venderanno-online).

• L'ultima frontiera di certi marchi di lusso è quella di associare all'esperienza dell'acquisto siti web sempre più ricchi di contenuti, per raccontare attorno al prodotto una storia. Come continua a fare Tiffany, famosissima catena di gioiellerie sparse in tutto il mondo, creando un portale (whatmakeslovetrue.com) dove pubblicare storie d'amore, consigli sulle relazioni di coppia e una guida pratica sulle location più romantiche di New York e sui film e le musiche per le occasioni speciali. Tiffany, prima che un brand, è amore. La percezione che i clienti ne hanno va dalla fede di fidanzamento al celebre ciondolo a forma di cuore che le più giovani sperano di ricevere dal loro primo ragazzo.

• Sempre più aziende inseriscono video su Youtube, con informazioni sull'utilizzo dei prodotti, e offrendo, di fatto, un servizio gratuito di consulenza (è il cosiddetto "video commerce").

• E infine la pratica del "couponing" e delle promozioni. Al di là del successo di siti come Groupon o Privalia, hanno sèguito le vendite a tempo, che creano un senso di urgenza, ma anche di appartenenza (la vendita come "evento" unico cui partecipare).