Storie dei lettori


Anna Bianchi Anna Bianchi

Dal volume N° 25

OGNI CLIENTE, UNA STORIA: ECCO PERCHÉ AMO QUESTO LAVORO

 

 

 

Ricordo ancora la prima volta che sono entrata nel negozio dove lavoro oggi: non conoscevo tutti i prodotti, non avevo le “decennali esperienze” che molti al mio posto scrivevano sul curriculum. Due cose mi tenevo strette: la passione per i prodotti naturali e quella per il servizio al cliente.

Ho cominciato da lì.

Ho 26 anni e lavoro in un’erboristeria che fa parte della catena di erboristerie più grande d’Europa. Anche se l’interesse dei consumatori verso i prodotti “verdi” o biologici è aumentato e si cercano sempre di più dei rimedi alternativi alla medicina “tradizionale”, come viene chiamata, questo non è, come si può pensare, sinonimo di vendite... facili. Per diversi motivi: la salute è un aspetto della vita del cliente molto delicato, anche se si tratta “solo” di vendere una crema o un integratore (non parliamo poi delle diete); come in ogni settore, esistono i venditori di fumo, i prodotti spacciati per veri prodotti biologici che poi non si rivelano tali negli ingredienti, o quelli che, solo per il fatto di contenere nel nome parole come “erba” o “naturale”, provano a dare l’idea di prodotto non sintetico.

Incontro ogni giorno clienti che rispetto al mondo bio si rapportano in modo anche opposto: c’è il cliente che prova ad acquistare di tutto un po’, spinto soprattutto dal desiderio di ottenere risultati presto o subito; c’è il cliente che, forte di infinite ricerche su blog, siti o riviste, chiede un prodotto ben preciso e quel prodotto vuole; oppure c’è il cliente che si mette nelle mie mani.

La bellezza di fare la venditrice è che, quando vedo la porta del negozio aprirsi, entra con il cliente anche la sua storia. Non so quale problema abbia e non vedo l’ora di scoprirlo. Credo che la vendita sia prima di tutto una scoperta, una scoperta continua, per questo faccio quante più domande possibile per conoscere i sintomi, il “perché” di certi disturbi, per conoscere chi ho davanti. Come potrei pensare, altrimenti, di vendergli alcunché?

Non sempre è un atteggiamento che mi semplifica la giornata: il cliente del primo tipo (“compro di tutto un po’”) può non capire che un prodotto non basta, che serve quella che noi chiamiamo una “vendita associata”, che il mal di testa non è solo mal di testa, ma il risultato di un benessere psico-fisico generale che in quel momento manca.

Il cliente del secondo tipo (“voglio quel prodotto”) si arrabbia. Certo che il prodotto che ha in mente sia quello perfetto per lui (“L’ho letto sull’ultimo numero della rivista...”), non accetta che io glielo sconsigli, prende la porta e se ne va, senza comprare né quello né niente altro. Non sono incosciente: come in qualsiasi esercizio commerciale, ho anch’io la prova delle analisi vendite da superare. Ma corro il rischio. Corro il rischio di non rivedere quel cliente mai più... perché un po’ di esperienza mi ha mostrato che il più delle volte quel cliente ritorna. Ritorna perché ha visto in me la venditrice che non vuole vendere a tutti i costi.

La fiducia è l’elemento base del rapporto che costruisco con il terzo tipo di cliente, quello che “guardi, faccia lei, mi fido”. Non è semplice neanche questo caso: non mancano le volte in cui l’erborista viene considerato un medico, e mostrare la demarcazione tra queste due professioni è un compito tutto in salita. Il cliente “del terzo tipo” si affida completamente e l’onestà del venditore è quanto di più prezioso possiamo offrirgli. Personalmente non riesco a vendere un prodotto in cui non credo, soprattutto se il cliente non ne ha bisogno.

Credo di avere una coscienza che parla troppo forte. Suona retorico, ma è davvero il metodo di vendita che ho scelto e che ho seguito da quando iniziato. Perché sono consapevole che con il mio lavoro ho la possibilità di migliorare la qualità della vita di una persona, negli aspetti più o meno importanti della sua quotidianità. Mi rendo conto di questa verità perché vendo prodotti per la salute, ma dovrebbe essere così per qualsiasi settore, prodotto o venditore. Una vendita può cambiare una vita, bene o male, e questo fa della vendita una delle professioni con più discriminanti: verità o bugia, onestà o scorrettezza, fiducia o diffidenza? E sta tutto nel venditore. Non nel prodotto o nel mercato, ma nel venditore.

 

Con il cliente del “terzo tipo” nasce una relazione che può durare settimane: dopo che ho venduto un prodotto, lascio andare la persona con la promessa di rivederci di lì a quindici giorni, per capire come va. Se il prodotto che ho consigliato ha fatto effetto, sono soddisfatta; se non ha funzionato o non ha funzionato abbastanza, parlo ancora con il cliente, analizzo come è cambiata la sua situazione e cerco di trovare una soluzione alternativa.

Questo tipo di cliente arriva a raccontarsi personalmente, confidando fatti più o meno privati della sua situazione fisica, psicologica o... sentimentale (“Dammi qualcosa per non uccidere mio marito... o per ucciderlo!”).

 

So con quanta circospezione i clienti vedono la figura del venditore, soprattutto in questo settore. Me ne accorgo tutti i giorni: diffidenza dovuta alle infinite proposte del mercato, alle centinaia di messaggi pubblicitari, alle truffe svelate dai telegiornali, ai finti guaritori, alle soluzioni uniche e infallibili.

So quanta fatica costa valicare questo timor sacro dei clienti, che non fanno altro che difendersi. Perciò coltivo ogni giorno il rapporto con loro e lo condisco di familiarità: non la vendita forzata, non la vendita subito per poi perdere il cliente per sempre.

Venditori più o meno “anziani” di me preferiscono altri metodi di vendita, ma, se come in tutte le vendite contano i numeri, allora ci sarà un motivo se in passato sono riuscita anche a vendere più di alcune colleghe pur facendo un orario ridotto rispetto a loro!

Adesso sto frequentando una scuola di naturopatia a Milano. Devo iniziare il secondo anno e sono tra i più giovani del corso.

La richiesta di venditori nel mio settore è altissima, l’offerta scarsissima. Non so se sia da imputare alla formazione proposta in Italia, ancora poco aggiornata rispetto ad altri Paesi come ad esempio l’Inghilterra.

Fortunatamente la mia azienda è molto attenta alla preparazione dei venditori: ci vengono recapitati regolarmente articoli di riviste specializzate sugli ultimi studi e le novità di prodotto; partecipiamo a corsi; è stato aperto anche un canale Youtube dove vengono trasmesse le conferenze per chi non può essere presente. Senza contare il continuo aggiornamento delle norme. Smettere di imparare è impossibile.

E c’è un ultimo principio: l’amore per il luogo dove lavoro. L’erboristeria non è mia, ma è come se lo fosse. Una collega una volta mi ha detto: “Devi voler bene al negozio come se fosse tuo”. Non sono la proprietaria, ma i clienti sì, sono i miei. Questo non vale più di qualsiasi contratto?