Mestiere della Supervisione


Flavio Cabrini Flavio Cabrini

Dal volume N° 25

NON TOCCA A TE

A TE SI FA PRESTO A DIRE DELEGA, MA SIAMO DAVVERO CAPACI, QUANDO SERVE, DI AFFIDARCI AI COLLABORATORI SENZA PENSARE “LO FACCIO MEGLIO”, “LO FACCIO PRIMA”?

 

 

Senza troppi giri di parole, tre sono le caratteristiche che identificano un responsabile vendite che può dirsi effettivamente all’altezza della propria funzione:

1. deve essere in grado di eseguire qualsiasi lavoro assegnato ai suoi diretti collaboratori, meglio di quanto sappiano farlo loro. Ove questo non avvenga, perde credibilità e si potrebbe trovare in grande difficoltà nella gestione;

2. deve saper intrattenere eccellenti relazioni con i venditori e aiutarli a comprendere quali sono i loro compiti, come vanno eseguiti e le connessioni e gli intrecci che il tipo di lavoro svolto ha con le mansioni affidate ai colleghi e ai vari settori dell’azienda o con l’esterno;

3. deve saper ottenere, anche attraverso l’esercizio della delega, i migliori risultati possibili attraverso il lavoro dei venditori. È l’aspetto più importante. Un responsabile vendite è un po’ come l’allenatore di una squadra di calcio: schiera una formazione, stabilisce un modulo, predispone degli schemi, motiva i giocatori. Poi i gol in campo non va a segnarli lui, se c’è un buon gioco di squadra li segnano loro.

 

Delegare è bello

Spesso per chi opera in un’azienda l’imperativo ferreo è: “Fai il lavoro che c’è da fare”. Per un responsabile vendite l’imperativo è un altro: “Fa’ sì che i venditori facciano il lavoro che c’è da fare”. Quando un dirigente “fa il lavoro”, accollandosi quote che spetterebbero ai suoi subordinati col pretesto che sa cavarsela meglio di loro o sbrigarsela più rapidamente, innesca degli effetti negativi: alla lunga ne risentiranno produttività e fatturato, e i venditori avvertiranno nei loro confronti una sensazione di sfiducia che finirà per accentuare il turnover (i più capaci cercheranno ambienti che sappiano valorizzarli e in cui possano godere di maggiore considerazione). A sua volta, il dirigente, sovraccaricandosi di lavoro, rischierà di non prestare attenzione a certi dettagli e di commettere errori. Soprattutto perderà di vista le sue funzioni e le sue prerogative. Un direttore vendite che concentra su di sé compiti che rientrano nelle mansioni dei venditori, o per i quali potrebbero essere addestrati, rinuncia alla sua funzione di guida e lascia vacante il ruolo di leader. Prima o poi, oberato com’è da quanto si sobbarca, scoppia. E, ancora peggio, il personale che gli sta attorno, senza un punto di riferimento, non avrà più spirito d’iniziativa e finirà per “girare a vuoto”.

Per quanto buone possano essere le intenzioni (“lo faccio meglio”, “lo faccio prima”), ogni volta che un dirigente si appropria di un’incombenza che graverebbe su un collaboratore, commette un errore. Per risultare efficiente, un modello di organizzazione del lavoro non prevede certo che ciascuno, a sua discrezione, si occupi di ciò che sa fare “presto e bene”, ma semmai che ciascuno si dedichi a ciò di cui è incaricato nella distribuzione dei compiti e dei ruoli. La regola da non trasgredire non può essere “fai ciò che ami fare”, deve essere “fai ciò che devi fare”. Una pessima abitudine di alcuni dirigenti è sottrarre ai loro collaboratori gli aspetti più gradevoli e stimolanti della loro attività (“A questo ci penso io!”). In altre parole, tirano via tutta la polpa e lasciano ai subordinati l’osso: le questioni meno rilevanti e più noiose.

“Far sì che le persone facciano il lavoro” non significa, in definitiva, né farlo al loro posto ma nemmeno pretendere che lo si esegua per filo e per segno “come lo faccio io”.

Riassumendo, disorganizzazione e inefficienze si determinano quando un dirigente, per incapacità o troppa invadenza, incorre in questi errori:

non si limita a supervisionare il lavoro di un collaboratore ma lo prevarica e lo scavalca intervenendo personalmente nell’esecuzione;

non permette e non accetta che i venditori svolgano il lavoro con le procedure e i metodi che ritengono più adatti, quando dovrebbe semplicemente limitarsi a verificare che il risultato sia quello atteso.

 

E sì che un buon responsabile vendite non è uno sfaccendato: nella gestione del personale, anzi, di lavoro ne ha già fin troppo. Le sue principali funzioni?

Sono presto dette:

• definire, comunicare e chiarire gli obiettivi;

• pianificare a breve, medio e lungo termine;

• organizzare, distribuire, delegare;

• motivare, riconoscere, ascoltare;

• controllare e valutare;

• sviluppare (formazione, innovazione).

Un capitolo a parte deve essere dedicato all’ascolto dei collaboratori, che è certamente fondamentale nella gestione del personale, ma esige un continuo contatto con i collaboratori e una perfetta conoscenza dell’ambiente di lavoro. Se vuoi essere un buon responsabile vendite, esci quanto più possibile dal tuo ufficio: qualsiasi buon dirigente trascorre alla sua scrivania molto meno tempo di quanto ne passa vicino ai propri uomini e vicino ai clienti.

A scanso di equivoci, va ovviamente evitato qualsiasi comportamento che possa far somigliare il responsabile vendite a un cane da guardia. Affiancare è il modo più efficace per acquisire familiarità con i venditori, per assicurarsi che dispongano degli strumenti che servono per poter far bene il lavoro, per rendersi conto delle loro necessità e dei loro problemi e, se occorre, per offrire un supporto. Insomma, una presenza vigile ma affabile e discreta, tesa a favorire il miglioramento del clima aziendale, puntando a creare serenità (perché se c’è bisogno, tu ci sei) e mai tensione.