Fondamentali del business


Edoardo Lombardi Edoardo Lombardi

Dal volume N° 36

L'uovo di Colombo: posso innovare " a metà"?

 

SI CHIAMANO "INNOVAZIONI SEMI-RADICALI" - ALCUNI ESEMPI CHE ISPIRANO, NON CAMBIANO LE TECNOLOGIE, MA I MODELLI DI BUSINESS O VICEVERSA

 

Ci sono innovazioni che nascono da un modo diverso di vedere le cose e portano a nuove relazioni fra le cose stesse, capaci di migliorare l’efficacia e l’efficienza generali. In questo caso non c’è contributo da parte della tecnologia e il risultato nasce solo da una modifica del modello di attività.
Analogamente, ci sono innovazioni che comportano sostanziali cambiamenti della tecnologia impiegata senza influenzare il modello in alcun modo.
Sia nel primo caso che nel secondo parliamo di innovazioni "semi-radicali". Il cambiamento risultante non è così drammatico e rischioso come nel caso delle innovazioni "radicali", ma anche i ritorni sono normalmente inferiori.

Per capire cosa si intende con innovazione semi-radicale, prendiamo un caso dalla Storia e una case-history dal mondo del business: una innovativa conduzione dell’attacco (cioè del modello di attività) applicata dalle armate tedesche nella Seconda Guerra Mondiale; e lo scontro fra efficienza produttiva della Ford e la soddisfazione dei desideri dei clienti della General Motors, che nel decennio 1920-1930 ribaltò le posizioni di mercato.

UN CASO DALLA STORIA: LA GERMANIA E LA GUERRA LAMPO
Fino alla Seconda Guerra Mondiale, la tecnica militare impiegata nelle battaglie era stata quella “dell’attacco frontale”: gli eserciti si fronteggiavano con l’ausilio di trincee e fortificazioni, dalle quali ora l’uno ora l’altro uscivano allo scoperto con l’obiettivo di conquistare la posizione nemica. Nel conflitto del 1915-1918 questo modo di combattere aveva generato un lungo stallo, con milioni di morti.
Tra le due guerre, Germania e Francia avevano sviluppato la qualità dei loro mezzi corazzati, che nel 1940 erano assolutamente equivalenti dal punto di vista tecnico.
I carri armati tedeschi erano numericamente inferiori, ma i carri francesi non erano accorpati in divisioni corazzate, bensì dispersi nei battaglioni di supporto alla fanteria. Quindi possiamo dire che non esistevano significative differenze tecnologiche, mentre – come vedremo – emersero importanti differenze nel modo di impiegare le forze corazzate.

La Germania nel febbraio 1940 schierava sul fronte occidentale dieci divisioni corazzate: il gruppo di armate “A”, che contava su sette divisioni agli ordini di Von Rudstedt dislocate alla frontiera con il Belgio, il gruppo di armate “B” agli ordini del generale Bock al confine con l’Olanda e infine il gruppo “C” agli ordini del generale Leeb di fronte al Lussemburgo.
Il grande vantaggio tedesco, come l’attacco dimostrò, stava nel fatto che le unità corazzate sarebbero state utilizzate in un modo assolutamente innovativo. Costituiva la base del piano denominato “Sichelschnitt” (colpo di falce) e seguiva le idee di uno dei comandanti di corpo d’armata, Heinz Guderian, “mente occulta” del nuovo modo di gestirle.
L’ipotesi della strategia era che il “fronte” sarebbe andato in frantumi, diventando un mosaico confuso di nemici in mezzo a truppe amiche; il segreto consisteva nel non cercare un “riordino” del campo di battaglia, ma nell’imporvi il marchio del vincitore con lo slancio irresistibile della propria avanzata.

IL FRONTE TECNICO
Per anni Guderian era stato un profeta che predicava le virtù dei mezzi corazzati, purché utilizzati in un modo più confacente alle loro potenzialità. Guderian aveva combattuto una vera battaglia per imporre le sue idee, riassunte nel suo libro Achtung Panzer, pubblicato nel 1937. Le innovazioni che predicava e che vennero messe in atto con il piano Sichelschnitt erano:
1.    muoversi il più velocemente possibile, in quanto un’avanzata rapida, costante e inarrestabile avrebbe reso difficile al nemico costruire successive posizioni difensive. I fianchi dell’armata sarebbero stati più esposti al nemico durante l’avanzata, tuttavia il rimedio non era quello di fermarsi per proteggerli, ma di avanzare con decisione ancora maggiore, paralizzando così la capacità di reazione del nemico;
2.    capitalizzare sul sostegno delle forze aeree che avrebbero agito in stretta collaborazione con quelle terrestri;
3.    realizzare un salto di qualità nelle comunicazioni per condurre le operazioni con grande dinamicità. Il controllo via radio, che era già possibile, avrebbe avuto un ruolo fondamentale e così anche la posizione del comandante delle truppe mobili, che si sarebbe dovuto trovare in testa alla colonna per impartire da lì gli ordini necessari.

UNA NUOVA DEFINIZIONE DI GUERRA
L’offensiva tedesca viene scatenata il 10 maggio 1940. Mentre il gruppo di armate “B” incontra difficoltà in Olanda, nei primi dieci giorni di azione il gruppo di armate “A” raggiunge la foce della Somme, divide in modo decisivo lo schieramento alleato in due e ne taglia le linee di comunicazione.
L’avanzata tedesca viene attuata con una rapidità vertiginosa: il principio secondo cui le minacce laterali non devono rallentare lo slancio degli attaccanti ha una trionfale applicazione. Calais cade in mano tedesca il 25 maggio e il 14 giugno 1940 viene occupata Parigi. È la fine per i francesi che il 25 giugno firmano l’armistizio.
L’esercito tedesco ha impiegato soltanto sei settimane per distruggere gli eserciti francese, belga e olandese e per respingere il contingente inglese. Le forze alleate annoverano 295 mila fra morti e feriti e quasi 2 milioni di prigionieri. Le perdite tedesche sono 135 mila morti e feriti. Questa straordinaria impresa porta un giornalista inglese a coniare una nuova parola, “Blitzkrieg” cioè guerra lampo, per descrivere il nuovo modo di “fare la guerra” (i tedeschi non la useranno mai).
Come abbiamo già sottolineato, l’innovazione della campagna di Francia non è legata a un cambiamento della tecnologia (i carri tedeschi non erano sostanzialmente diversi da quelli francesi), ma soltanto a una modifica del modello di attività (cioè un diverso modo di utilizzarli).

UN ALTRO "CONFLITTO": FORD VS GENERAL MOTORS
Nel 1908 si verificarono negli Usa due avvenimenti che avrebbero lasciato un segno durevole nel progresso dell'industria automobilistica:

1. William C. Durant fondava la General Motors;

2. Henry Ford metteva sul mercato il Modello T, che gli avrebbe dato fama immortale.

A quel tempo il settore automobilistico era nei suoi primi anni di vita. L'automobile era considerata un oggetto di lusso a scopi sportivi e non era meccanicamente affidabile. In più, le strade in buono stato erano poche…
Nel 1908 l'industria statunitense produceva solo 65 mila "automobili", ma Durant si lanciò nel business, prevedendo una produzione annua di un milione di macchine nel giro di qualche anno.
Intanto Ford trovava nel Modello T il mezzo per far avverare quella predizione. Infatti la vettura "Modello T" era la prima prodotta in serie utilizzando la catena di montaggio e la costruzione con parti intercambiabili. Per velocizzare la produzione, era disponibile in un solo colore, il nero, perché la vernice nera asciugava più velocemente. Henry Ford giustificò la cosa dicendo che: “Ogni cliente può ottenere un'auto colorata di qualunque colore desideri, purché sia nero”.
Il successo fu immediato.

IL FRONTE TECNICO
Nel 1914 la Ford produceva da sola un numero di vetture superiore a quello di tutti gli altri concorrenti messi insieme. Grazie all'effetto volume e al continuo miglioramento dell'efficienza, il costo per vettura era passato dagli iniziali 850 dollari (che si confrontava comunque con 2.500 dollari delle vetture concorrenti) a 300 dollari. Nel 1920, l'idea fordiana di un modello statico di vettura a prezzo concorrenziale, espressa nel Modello T, dominava incontrastata il mercato di massa: Ford con 1 milione e 100 mila veicoli aveva il 48% del mercato.

NASCE UN ALTRO MODELLO, MA DI BUSINESS
La General Motors, che era cresciuta attraverso numerose acquisizioni e fusioni di piccole aziende, non aveva invece una chiara politica di prodotto. Il suo volume, di circa 390 mila veicoli (17%) era diviso fra sette gamme di vetture che non seguivano alcun preciso indirizzo commerciale. La vettura GM che più si avvicinava alla Ford era la Chevrolet, ma il suo prezzo superava di ben 300 dollari quello del Modello T. Nel 1921 la pesante differenza dei prezzi sul modello più economico portò i volumi a 215 mila vetture e a risultati economici in perdita.
Era urgente per GM ricercare un nuovo equilibrio fra costo, prezzo e volume. Il parere prevalente in azienda era quello che bisognasse aggredire il settore a basso prezzo e che l'unico modo per battere Ford fosse di affrontarlo a viso aperto con un progetto di vettura rivoluzionaria. Ma Ford sembrava imbattibile con i mezzi ordinari a disposizione.
Chi trovò la soluzione giusta, mettendo a punto una innovativa politica di prodotto, fu Alfred P. Sloan, all'epoca vice direttore generale dell'azienda. Sloan era convinto che la domanda commerciale potesse essere sviluppata mediante un approccio opposto a quello di Ford, cioè quello di portare le automobili a essere non soltanto mezzi per viaggiare, ma anche oggetti di moda capaci di far innamorare i clienti. Ebbe a dichiarare: "In una situazione in cui tutti i modelli sono meccanicamente soddisfacenti, l'apparenza è la proposizione dominante”. Il suo motto fu: "un’automobile per ogni scopo e per ogni portafoglio".

IL FRONTE STRATEGICO
Sloan mise a punto la sua strategia, partendo dalla divisione del mercato in segmenti. GM doveva produrre una serie completa di vetture con presenza in ogni segmento di prezzo del mercato, da quello più basso fino a quello delle vetture di classe. I segmenti erano abbastanza numerosi da non lasciare vuoti nella gamma, ma ampi abbastanza da permettere di limitarne il numero, così da assicurare volumi che giustificassero la produzione in serie. Al tempo stesso non c’erano duplicazioni di prezzo.
Stabiliti questi concetti, Sloan definì l’intervallo dei prezzi di ciascun segmento, con intervalli gradualmente crescenti da 450/600 dollari per quello più basso a 2.500/3.500 dollari per quello più alto e stabilì che le vetture GM, all'interno di ogni singolo segmento, avrebbero dovuto avere il prezzo massimo e la qualità migliore. Così tutte le vetture GM sarebbero state di una qualità tale da competere sia con quelle di prezzo e qualità inferiore, accaparrandosi i clienti disposti a pagare qualcosa di più per la qualità aggiuntiva, sia con quelle di prezzo e qualità superiore, conquistando clienti che avrebbero trovato vantaggiosa una vettura molto vicina per qualità alle automobili del segmento successivo, che però erano offerte dai concorrenti a un prezzo più elevato.

Questa strategia risolse il problema della concorrenza con Ford: la GM lanciò una vettura qualitativamente migliore rispetto al Modello T, ma a un prezzo leggermente più alto, cioè quello massimo del segmento all’interno del quale si trovava il Modello T. In questo modo si soddisfaceva la domanda di chi aspirava a migliorare la qualità.
Il successo fu completo.

Sloan, che nel 1923 era divenuto presidente e amministratore delegato della GM, aveva intuito che la fornitura di un trasporto economico a un gran numero di persone, che potevano disporre soltanto di qualche centinaio di dollari da spendere, non era più sufficiente: il periodo del mercato di massa era finito, lasciando spazio a quello che si potrebbe denominare di mercato di "massa-classe", arricchito da vetture sempre migliori con crescente varietà di modelli.

La risposta di Ford, a dimostrazione del fatto che non aveva compreso il cambiamento, fu il lancio del Modello A, che, pur essendo una bella vetturetta per i suoi tempi, confermava il suo concetto di vettura utilitaria a modello statico. Così continuò a perdere quota di mercato, battuta inesorabilmente dalla politica della GM, che invece si fondava su vetture progressivamente migliori, le quali accompagnavano il graduale sviluppo della situazione economica e sociale dei clienti.
L’innovazione vincente che GM aveva realizzato non si basava su un salto di tecnologia, ma innovava profondamente il modello di attività.

UN NUOVO MODELLO, ANCHE DI PENSIERO
Ma come erano nate le idee innovative proposte dal generale Heinz Guderian e da Alfred PSloan? Ovviamente non conosciamo le circostanze specifiche della loro generazione, ma molto ci fa ritenere che siano in buona parte figlie di quello che poi è stato descritto come “pensiero laterale” (Lateral Thinking). Con questo termine, coniato dallo psicologo maltese Edward de Bono, si intende una modalità di risoluzione di problemi logici, oggi disponibile in forma di tecnica organizzata, che prevede l'osservazione del problema da diverse angolazioni – quindi contrapposta al tradizionale approccio che prevede concentrazione su una soluzione diretta.

Il pensiero laterale
Mentre una soluzione diretta prevede il ricorso alla logica sequenziale, risolvendo il problema partendo dalle considerazioni che sembrano più ovvie, il pensiero laterale se ne discosta (da cui il termine “laterale”) e ricerca punti di vista alternativi prima di lavorare sulla soluzione. Il principio che sta alla base di questa modalità è che per ciascun problema è sempre possibile individuare diverse soluzioni, alcune delle quali emergono solo: a) prescindendo da quello che inizialmente appare l'unico percorso possibile; b) cercando elementi, idee, intuizioni, spunti fuori dal dominio di conoscenza e dalla rigida catena logica.

È importante quindi disporre di modalità e strumenti che facilitino questi processi di pensiero, per generare creativamente ipotesi da abbinare e combinare con le conoscenze già possedute, fino al raggiungimento dell'obiettivo prefissato.

IN SINTESI E IN PRATICA: L'UOVO DI COLOMBO
Per comprendere il senso di questo concetto, può aiutarci un aneddoto che è diventato celebre, anche se probabilmente non è vero.
Dopo il suo ritorno dall'America nel 1493, Cristoforo Colombo fu invitato a una cena in suo onore dal cardinale Mendoza. Qui alcuni gentiluomini spagnoli cercarono di sminuire la sua impresa, dicendo che la scoperta del Nuovo Mondo non sarebbe stata poi così difficile e che chiunque avrebbe potuto riuscirci se avesse avuto i suoi mezzi. Udito questo, Colombo si indignò, e sfidò i nobili spagnoli in un'impresa altrettanto facile: far stare un uovo dritto sul tavolo. Ognuno di loro fece numerosi tentativi, ma nessuno ci riuscì e rinunciarono all'impresa. Si convinsero che si trattava di un problema insolubile e pregarono Colombo di dimostrare come risolverlo, cosa che lui fece immediatamente: si limitò a praticare una lieve ammaccatura all'estremità dell'uovo, picchiandolo leggermente contro lo spigolo del tavolo. L'uovo rimase dritto. Quando gli astanti protestarono dicendo che lo stesso avrebbero potuto fare anche loro, Colombo rispose: “La differenza, signori miei, è che voi avreste potuto farlo, io invece l'ho fatto!”.
Cristoforo Colombo aveva ragionato al di fuori degli schemi tradizionali e aveva dato origine al famoso “uovo di Colombo”. Ciò che aveva fatto era applicare il “pensiero laterale”.