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Dal volume N° 24

"LO SO IO COSA VUOI"

PERCHÉ STEVE JOBS NON VOLLE MAI ASCOLTARE I SUOI CONSUMATORI

 L'ANGOLO DI HELPSCOUT

 

 

Qualche mese fa Help Scout ha affrontato un tema che negli ultimi dieci anni è stato oggetto di ampia discussione. Si riferisce alla seguente frase pronunciata da Steve Jobs: “È realmente difficile disegnare prodotti sulle base di quanto emerge dai focus group. Moltissime volte la gente non sa che cosa vuole finché non gliela mostri”.

(ndr: i focus group sono una tecnica qualitativa di ricerca in cui un gruppo di persone è invitato a parlare e confrontarsi riguardo all’atteggiamento personale nei confronti di un’idea di prodotto; sono ampiamente utilizzati dalle aziende che vogliono verificare l’accettazione di quella idea da parte del suo mercato potenziale).

Questa frase è diventata leggendaria perché è una delle opinioni più famose espresse da un uomo di grande levatura come Jobs.

 

Diamo uno sguardo ai benefici di una cauta innovazione

Ma la rivista Forbes ha sottolineato i rischi dell’affermazione di Jobs, chiamandola “una lezione pericolosa”. E si mostra più possibilista Mario D’Amico, senior marketing VP del Cirque du Soleil, l’azienda canadese riconosciuta per l’alta qualità delle sue animazioni, capaci di evocare l’immaginazione, i sensi e le emozioni degli spettatori di tutto il mondo.

In uno studio pubblicato sull’Harvard Business Review, viene chiesto a D’Amico che cosa avrebbe fatto dovendo realizzare delle ricerche sui consumatori se fosse stato il capo di una troupe itinerante di danza a livello mondiale. Lo scenario proposto a D’Amico era il seguente: un nuovo marketing manager della troupe vuole condurre ricerche di mercato sui consumatori per scoprire che cosa possano preferire nei prossimi spettacoli. Ma il fondatore del balletto, in questo studio, gli obietta: “Perché dobbiamo chiedere che cosa i nostri spettatori vogliono? In realtà non ci interessa ciò che pensano. Come possono dirci che cosa vogliono se non l’hanno visto prima? Se noi insistiamo a chiedere, finiremo con il dover ripetere il Lago dei cigni ogni anno!”.

Le domande rivolte a D’Amico sono: “Il feedback dei consumatori può avere un ruolo importante laddove l’innovazione è l’obiettivo primario? Possono i consumatori sapere cosa vogliono, in settori in cui le aziende di maggior successo hanno successo proprio perché spingono i confini della loro iniziativa all’estremo e realizzano l’inatteso?”.

D’Amico, pur appartenendo a un’azienda che prospera sulla creatività, dà una risposta sorprendentemente equilibrata sul tema. In primo luogo dichiara di comprendere fino in fondo il punto di vista dei creativi e del fondatore del balletto, i quali sostengono che la missione “core” dell’azienda (e la ragione del suo successo) è fondata sul fare ciò che nessun cliente si aspetta che essa faccia. D’Amico ritiene che nei settori in cui le aziende prosperano sulla creatività, porre troppa enfasi sull’input dei consumatori possa distruggere l’abilità dell’azienda di differenziarsi. Il vantaggio competitivo di Apple si è basato e si basa sull’evitare la trappola di “essere come gli altri”. Quando vi affidate a ciò che i consumatori vogliono, è inevitabile che vi suggeriscano di fare ciò che le altre aziende stanno facendo. Come l’azienda può svettare al di sopra delle altre, se ciò che i suoi consumatori vi dicono si basa sulle idee che oggi sono comuni e diffuse?

Per rispondere esaurientemente a questa domanda, dobbiamo però prima chiarirci se il feedback dei consumatori abbia alcun valore in assoluto.

 

I consumatori sanno che cosa vogliono?

Abbiamo consultato alcuni dei dati che mostrano come i consumatori incontrino dei problemi quando viene chiesto loro di “predire” che cosa vorranno o useranno.

Problema n.1. Una ricerca di Mark Healey, consulente di management, mostra che i consumatori possono essere inattendibili quando si chiede loro di predire che future intenzioni abbiano mediante un sondaggio o una forma simile di feedback. Perché, anche se possono rispondere con franchezza, le loro azioni future spesso non corrisponderanno alle loro dichiarazioni.

Problema n.2. Indipendentemente da quale tecnica si applichi per rinforzare il metodo della ricerca, talvolta i consumatori semplicemente “barano” nelle loro risposte.

 

Alla luce di tutto questo, ha senso ascoltare i consumatori?

Sarete sorpresi di apprendere che la nostra risposta è “sì” e che anche D’amico è d’accordo.

I consumatori possono offrire indicazioni di grande valore per il business. Ciò che ha funzionato per Steve Jobs può non funzionare per la vostra azienda.

 

Voi non siete Steve Jobs

Insomma, Jobs aveva ragione oppure no? Molti rispettati imprenditori direbbero che “sì, lui aveva ragione… ma solo per i motivi estremamente insoliti e non convenzionali in cui si era trovata la sua azienda”. Quando i prodotti che la vostra azienda produce sono così centrali per la creazione o ridefinizione della loro categoria e le vostre intuizioni si basano su un processo creativo estremamente costoso, popolato da progettisti di classe mondiale, allora sì, voi fate la cosa giusta se seguite le strada indicata da Jobs e ignorate il feedback dei consumatori.

Se si fosse chiesto ai consumatori di migliorare l’esperienza dell’ascolto della musica nei giorni in cui i lettori di CD dominavano la scena, essi forse non avrebbero immaginato l’iPod. Ma voi probabilmente non vi accingete a produrre il prossimo iPod.

Il metodo di Jobs non si può applicare a tutte le aziende, cosa che appare del tutto chiara se si analizzano i risultati delle pratiche di Apple, impiegate da aziende a lei meno simili. Prendiamo il caso di Ron Johnson, già vp delle operazione di vendita al dettaglio di Apple e ora ceo di J.C.Penny. Dopo che Johnson occupò la nuova posizione e cominciò a cambiare le modalità operative dell’azienda, le vendite calarono con percentuali a due cifre e l’azione crollò del 40%. Una delle modifiche più critiche apportate da Johnson fu l’eliminazione degli sconti. I colleghi gli suggerirono di consultarsi con i consumatori prima di effettuare i cambiamenti, ma egli non lo fece. Quando gli fu chiesto perché, rispose: “Alla Apple non facevamo test”. Molte persone vicine all’azienda dissero che egli ignorò la saggezza convenzionale dell’industria e si mosse con troppa precipitazione verso pratiche della Apple apprese durante la sua appartenenza a quell’azienda. J.C. Penny era ovviamente un animale molto diverso da Apple quando si parla di innovazione.

Se la situazione di Jobs era in realtà un caso in un milione di casi, come possono altre aziende fortemente innovative mettere in atto metodi intelligenti per conoscere ciò che i consumatori vogliono, senza sacrificare la loro abilità di innovare? Come possono evitare la trappola di “essere come gli altri” mentre approfondiscono meglio le aspettative dei consumatori?

Le risposte a queste domande sono sorprendentemente semplici: scoprite cosa i consumatori vogliono senza chiederglielo direttamente.

Continuando con l’esempio della troupe di danza, è ovvio che chieder loro esattamente cosa vogliono potrebbe portare a risposte generiche e finire col soffocare la creatività. Quindi non chiedete quello! Strade più importanti di approfondimento sono:

• quale tipo di cose crea emozione nei consumatori?

• quali spettacoli hanno compreso con difficoltà?

• quali elementi degli spettacoli hanno avuto su di loro gli effetti più perduranti?

Inserite alcune domande demografiche per analizzare chi sono i vostri consumatori e vi troverete ben avviati a intravvedere le loro aspettative – tutto senza dover dire ai vostri creativi “fate indossare l’abito rosso invece di quello blu”.

 

Non puoi chiedere ai clienti cosa vogliono e darglielo. Nel tempo che l’hai costruito vorranno qualcosa di nuovo. (Steve Jobs)

Se avessi chiesto alle persone che cosa volevano, avrebbero detto cavalli più veloci. (Henry Ford)