Pillole


Valeria Tonella Valeria Tonella

Dal volume N° 23

LE PAROLACCE NON SI DICONO

È una specie di virus che si è propagato con violenza (lo chiamano “aziendese”): presentazioni di aziende (siti web, cataloghi... discorsi di venditori!) farciti di un linguaggio ridondante perché uguale a quello di altre dieci, venti aziende. Ma “se vuoi raccontare qualcosa di diverso dagli altri, usa parole diverse da quelle degli altri” (Fitzgerald). E citando Winston Churchill, esasperato per i testi fiume che il governo inglese gli spediva alla vigilia della Seconda guerra mondiale, “è ora di mettere fine a frasi come queste”.

 

“Siamo l’azienda leader del mercato”, “leader mondiale”. Varianti: “tra le prime aziende italiane”, “siamo l’azienda di riferimento”.

La ragione, ahimè, è semplice: l’azienda numero uno può essere una sola. Sul podio si sta stretti. Quindi, prima di vantare primati, soprattutto se non ci sono i numeri a sostenerci, evitiamo di stilare classifiche.

 

“Team di professionisti esperti”, “personale qualificato”.

Si dà per scontato che in un’azienda ci sia gente che sa quel che fa e che un professionista sia esperto.

 

“Performante/sfidante”.

Brutti neologismi ma tanto diffusi. Eliminiamoli.

 

“Apertura alle sfide del mercato”.

Un’azienda “chiusa” non s’è mai vista (se non in agosto).

 

“Implementare”.

Altra parola che piace moltissimo... ma solo a chi la scrive o la dice. Chi legge preferisce “rendere operativo”, “attivare”, “far funzionare”.

 

“Offriamo una gamma completa/ ampia/articolata/varia”.

Dal vocabolario: “gamma, serie o varietà di oggetti o prodotti”. Si spera sempre che un’offerta di prodotti non sia incompleta, e comunque una varietà è varia per definizione.

 

“Abbiamo obiettivi di vendita ambiziosi”.

Sarebbe terribile se così non fosse.

 

“Metodologia”.

Semplifichiamo: “metodo”, “tecnica”, “sistema”. Lo stesso vale per “problematica”. Un problema è un problema... non facciamoci ulteriori problemi (linguistici).

 

“Sinergie”.

Vanno molto di moda, perché è l’epoca delle collaborazioni. Anche qui, cerchiamo di non abusare della parola.

 

“Esigenze specifiche del cliente”.

Chiaro che il cliente vuol essere ascoltato e soddisfatto in tutto, e non un’esigenza sì e una no.

 

“Curato nel dettaglio”, “curato nel minimo dettaglio”.

Vedi sopra. Se si parla di prodotti, si sa che un’azienda costruisce o conosce un prodotto in tutti i suoi nei... o no?

 

“Al giorno d’oggi”, “oggi come oggi”.

Perché “ieri come ieri” è impossibile. Siamo nel presente, non serve ribadirlo.

 

“Insieme di tradizione e innovazione”.

Espressione stra abusata (si può dire?) che di solito si riferisce a metodi di produzione antichi, a un passaggio generazionale. Vuol dire che l’azienda ha una storia, e ne tiene conto quanto le ultime tecnologie. Lasciamo stare quella frase e raccontiamola direttamente, questa storia.

 

“Ad alta tecnologia” e simili.

A proposito di tecnologie: sono sempre o “alte”, o “ultime”, o “innovative”. Noi, uomini del Duemila, diamo per scontato che lo siano, e anche il cliente. Piuttosto entriamo nel merito di che tipo di tecnologie si tratta e spieghiamolo al cliente in parole povere (o in termini tecnici se è del settore).

 

Al posto di queste frasi, che sembra che dicano tutto quello che devono e in realtà non dicono nulla, un consiglio: usiamo il modello “carta d’identità”. Nome dell’azienda, sede e area di distribuzione, cosa vende/cosa fa, come è stata fondata – se è significativo – e come è cambiata, settore di mercato e poi fatturato, numero di dipendenti, composizione azionaria, certificazioni di qualità o premi, organizzazione della forza vendita, clienti importanti.

Fidatevi, queste saranno le uniche cose che il cliente ricorderà, dopo aver letto il vostro sito o incontrato voi venditori.

E se le frasi di “aziendese” non vi si tolgono dalla lingua, fate conto che siano parolacce. E le parolacce non si dicono.