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Valeria Tonella Valeria Tonella

LE DONNE COMPRANO... MA LE AZIENDE SE LO RICORDANO?

SE SOLO 15 CLIENTI SU 100 SONO SODDISFATTE DEL VENDITORE. UN'ANALISI DEL SERVIZIO CHE ANCORA FA ACQUA DA MOLTI BUCHI E UNA DOMANDA: QUANTO ASPETTEREMO A CAMBIARE DIREZIONE?

Che le donne comprino lo sappiamo. Che comprino tanto lo dicono i numeri. Come comprano lo dicono le ricerche. E ormai anche le classiche distinzioni di genere saltano: se su Facebook la battaglia dei sessi risulta ancora prevedibile, con le donne che mettono "mi piace" soprattutto a pagine di retail/servizi, food e moda e gli uomini a quelle di automobilismo o tecnologia (lo rileva CompassLabs), nella realtà sembra ormai inutile considerare le consumatrici come una nicchia di mercato.

Le donne comprano, eccome. Affrontano la crisi come meglio sanno fare, con dei piani d'emergenza. Per esempio un sondaggio del Cermes Bocconi (Centro di ricerca su marketing e servizi) ha campionato mille consumatrici e ne è uscito che: tagliano le spese in più (vacanze, uscite con amici e parenti, abbigliamento, cura del corpo, cinema, libri, mostre, uso dell'automobile); vanno a caccia di sconti e promozioni; eliminano i prodotti di marca e preferendo quelli a marchio del supermercato.

Oltre a far scendere la scure del risparmio sugli acquisti superflui, le donne tornano al "fai da te", nella cucina ma anche nella bellezza (ci si arrangia lì dove prima si ricorreva a estetiste e parrucchieri).

E infine la pianificazione: si usa internet per cercare il prezzo più conveniente, o su internet direttamente si compra. Si aspettano i saldi, estivi o invernali, si privilegiano di più gli outlet o i discount. Si rimandano le decisioni importanti (elettrodomestici, auto, case).

Niente di eclatante sotto i riflettori della crisi. All'emergenza le donne rispondono così.

Ma se riducono gli acquisti, non vuol dire che smettano di comprare.

Le donne comprano, eccome.

L'80% degli acquisti di una famiglia è in genere soppesato e deciso da una donna.

Nei settori tradizionalmente considerati "femminili" (prodotti per la casa, cosmesi, alimentari) una donna decide o influenza la decisione il 94% delle volte.

Nei settori tradizionalmente considerati "maschili" (automobile, banche, assicurazioni) una donna decide o influenza la decisione il 65% delle volte.

Le donne comprano, eccome.

Ma le aziende se lo ricordano?

Nei settori tradizionalmente maschili pare infatti che il livello di soddisfazione delle donne che acquistano non superi il 15%. Solo 15 donne su 100 sono in media soddisfatte del servizio che ricevono dalle aziende di questi settori.

Insoddisfatte perché i venditori usano un linguaggio troppo tecnico, perché capita di venir trattate con sufficienza e poca focalizzazione ("Ne vuole prima parlare con suo marito?") o perché l'offerta è stereotipata (quanti prodotti e confezioni riprendono il classico colore rosa che tantissime donne dicono di non sopportare più?).

Strano, perché una donna, indipendentemente dal settore d'acquisto, tende a essere una cliente più fedele nel tempo (raramente tradisce una marca, se la soddisfa) e una potentissima arma per il passaparola (le donne chiacchierano, chiacchierano... anche di prodotti).

Vi lascio con una domanda: perché, nonostante il comprovato potere d'acquisto delle donne, c'è ancora questa distanza di approccio tra venditori e clienti? (E quella del Cermes non è certo la prima ricerca che lo ribadisce).

Vi lascio con una seconda domanda: come venditori, cosa ci proponiamo di fare?