Management


Flavio Cabrini Flavio Cabrini

Dal volume N° 57

Clima in azienda? Non scaldiamoci!

 

 

 

Non ci fosse stata la piena del Piave, sarebbero probabilmente cambiate le sorti della Grande guerra. Se gli inverni fossero stati più miti, altrettanto probabilmente Napoleone e Hitler avrebbero costretto alla resa la Russia. Che il clima come comunemente lo intendiamo, ossia le condizioni meteorologiche in cui si ci trova a operare, influenzi le attività dell’uomo – e perfino il suo umore – ne era consapevole già Ippocrate, che si può considerare il precursore dell’odierna bioclimatologia, la disciplina scientifica che esplora questo tipo di rapporto. Laddove il clima è estremo, ha rappresentato storicamente un serio ostacolo allo sviluppo, tant’è che non si sono mai accesi focolai di grandi civiltà sulla linea equatoriale o nelle aree artiche e antartiche. Peraltro qualche anno fa uno studio del Mit, una delle più prestigiose università del mondo, calcolò che il riscaldamento globale – tema oggi così di attualità grazie a un’intraprendente ragazzina svedese, la sedicenne Greta Thunberg – fa male all’economia: a ogni innalzamento di un grado corrisponderebbe una perdita di oltre un punto di Pil.

Quando però si parla di clima aziendale – benché con una metafora lo si definisca quell’aria che si respira nei luoghi di lavoro – la temperatura e i cosiddetti agenti atmosferici ci hanno ben poco a che fare. Eppure, la prima sperimentazione su come l’ambiente incida sulla produttività fu condotta curiosamente, poco meno di un secolo fa, per scoprire se un fattore rilevante fosse la luce.

Com’era possibile che due soluzioni del tutto opposte dessero lo stesso esito? Mayo alla fine trovò la spiegazione. I lavoratori, consci delle finalità degli esperimenti nei quali avevano accettato di buon grado di essere coinvolti, semplicemente ci tenevano a fare bella figura agli occhi dei ricercatori che ne osservavano i comportamenti. Quel solo fatto li rendeva particolarmente attivi. Poi, con lo scorrere delle ore, quel genere di motivazione – tutto sommato debole – inevitabilmente si spegneva comunque fosse accesa la luce.

NON SIATE “SENTIMENTALI”… ANZI SÌ
Fra gli studiosi che si sono occupati di clima aziendale, c’è chi sinteticamente l’ha definito il “sentimento di un’organizzazione”. I sentimenti sono qualcosa di interiore. Dunque la fonte primaria del clima aziendale è all’interno degli individui che fanno parte di un sistema organizzativo.
È un costrutto largamente, se non unanimemente, condiviso che si forma:
•    in base a come i singoli vivono la loro funzione e il loro ruolo;
•    in base a come percepiscono tutto ciò, anche di preesistente, che sta intorno (tradizioni o valori, regole o opportunità, soprattutto relazioni).
A dar retta a Chris Watkins e a Ben Hubbard, due esperti britannici, un clima aziendale positivo è un “energizzante” e in proposito hanno prodotto una serie di dati che dimostrano come in una pluralità di casi abbia favorito miglioramenti delle performance addirittura del 30%.
In un’epoca di esasperata competizione nei commerci e di rapidi cambiamenti nei processi di distribuzione, l’aspetto tuttavia più rilevante è che un buon clima aziendale genera in chi fa parte di un’organizzazione reazioni affettive ed emotive nell’atteggiamento che si ha nei confronti del lavoro. Un buon clima aziendale, in sostanza, è la chiave per far sì che le persone che costituiscono il valore aggiunto di un’impresa vogliano rimanerci e desiderino continuare a riversare i loro sforzi a vantaggio dell’impresa stessa.

La cartina di tornasole di un clima aziendale positivo è naturalmente la soddisfazione lavorativa.

Ma da cosa dipende la soddisfazione lavorativa? Nelle aziende in cui si registrano le punte più elevate, si rintracciano molti denominatori comuni:
•    i dipendenti godono di un buon grado di autonomia;
•    hanno opportunità di crescita;
•    hanno occasioni per consolidare le relazioni con i colleghi;
•    il management mostra preoccupazione e interesse verso di loro, ne riconosce i risultati e dà prova di tenerli in grande considerazione.
Quest’ultimo punto non è un dettaglio secondario e di recente ne ho avuto personalmente un significativo riscontro.


UN CASO PRATICO
ONE4 ha messo a punto un nuovo strumento di assessment che è giusto un’analisi del clima aziendale. Per testarlo, abbiamo sottoposto il questionario anonimo da compilare online all’intero team di un’azienda toscana che è leader mondiale nel campo dell’intelligenza artificiale. Ebbene il solo fatto di somministrarlo ha generato nel gruppo quel famoso effetto “energizzante”. Succede quando un’azienda dimostra di essere davvero interessata ad ascoltare il proprio capitale umano e di essere pronta a tener conto di ciò che ha ascoltato.
L’analisi del clima aziendale di ONE4 si articola in diversi step operativi e richiede collaborazione costante tra i professionisti ONE4 e i referenti dell’azienda cliente.
I collaboratori non sono obbligati a compilare il test che è sempre e rigorosamente anonimo.
Il test viene personalizzato dai professionisti ONE4 partendo dalle esigenze specifiche dell’azienda cliente.
Un referente interno all’azienda invia a tutti i dipendenti una comunicazione per descrivere loro il progetto di analisi del clima aziendale. La comunicazione spiega loro l’obiettivo del progetto, li invita a compilare in forma anonima un questionario non obbligatorio per conoscere le loro opinioni e idee in merito e contiene il link per compilare il test online.
I professionisti di ONE4 elaborano due versioni di report che daranno una visione complessiva e una visione divisa per aree dei risultati ottenuti, e li presentano al cliente con l’obiettivo di effettuare le opportune valutazioni e suggerire una strategia di intervento.   
Ritengo che questo strumento sia molto utile per:
•    fare una diagnosi organizzativa dell’azienda;
•    misurare il livello di soddisfazione lavorativa dei collaboratori;
•    avere un feedback sull'attività dei coordinatori/responsabili;
•    avere una documentazione oggettiva da presentare ai controlli esterni (qualità...);
•    ottenere informazioni sul fabbisogno formativo dei propri collaboratori;
•    generare coinvolgimento e partecipazione in azienda.