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Dal volume N° 24

AL DIAVOLO IL (SOLITO) BUSINESS!

DETTO DA RICHARD BRANSON, FONDATORE E CEO DELL’IMPERO VIRGIN - 300 AZIENDE NEL MONDO - PUÒ SEMBRARE UN CONTROSENSO. MA NON LO È, PERCHÉ VUOL DIRE FARE IL BENE DEI CONSUMATORI E FARLO BENE. FUNZIONA? FUNZIONA. PIÙ DELLA PUBBLICITÀ

 

Intervista a RICHARD BRANSON

A CURA DELLA REDAZIONE

PER GENTILE CONCESSIONE DI WOBI

Se dovessimo definire un uomo dai titoli dei suoi libri, nel caso di Richard Branson sarebbe tutto un programma. Con titoli come Screw business as usual (Che si fot** il solito business), Business stripped bare (Business nudo e crudo) e Screw it, let’s do it (Fanc***, facciamolo!), potremmo dire che l’irriverenza e il non convenzionale siano elementi comuni di questo business man.

Leader tra i più ammirati al mondo, è fondatore e Ceo del gruppo Virgin, un impero formato da oltre 300 aziende che operano in settori diversissimi, dall’aviazione alle telecomunicazioni, dalla sanità al turismo spaziale (sua la Virgin Galactic).

A Branson piace dire che il segreto del successo è imbarcarsi in imprese che lo divertano, come attraversare il Pacifico in mongolfiera o creare la compagnia aerea che risponda ai suoi desideri.

Branson è conosciuto soprattutto per il bestseller Screw business as usual, dove spiega perché sia necessario rifondare il capitalismo, che non è più da intendere come strumento per raggiungere solo risultati economici, ma come forza che opera per il bene. Le aziende più grandi del mondo (“Tanto denaro implica grandi responsabilità”) hanno il dovere di contribuire al bene comune e di collaborare per risolvere i problemi del pianeta, come il cambiamento climatico o lo sviluppo sostenibile.

Di origini inglesi, è un’istituzione nelle case dell’Inghilterra. Quando la BBC fece un sondaggio in cui chiese chi fosse il personaggio più qualificato a riscrivere i dieci comandamenti, Branson si classificò quarto in classifica, dietro a madre Teresa, il papa e l’arcivescovo di Canterbury.

«Un leader – dice – deve cercare di ridurre la burocrazia e di valorizzare le spirito imprenditoriale delle persone con cui lavora. Piuttosto di formali “board meeting”, chiedo ai miei dipendenti di contattarmi direttamente quando hanno delle idee».

 

Quali imprese ha avviato con le più alte aspettative e non hanno avuto successo?

La peggior decisione di business fu presa quando pensammo che avremmo potuto far scendere dal piedistallo la Coca Cola (nel 1999 Branson lanciò il brand Virgin Cola, ndr). Abbiamo affrontato la triste verità e la nostra incapacità di riuscire in un simile progetto; potreste pensare che dovevamo insistere, ma se è stato fatto tutto il possibile e ciò nonostante non si fa la differenza sul mercato, meglio accettare la realtà.

 

E ora un gruppo di ex executive della Virgin l’ha vendicata: hanno creato Innocent, una compagnia che vendeva frullati, gli smoothie, che è stata recentemente corteggiata dalla… Coca Cola!

Sono molto orgoglioso di loro. Sono un importante esempio di come gli imprenditori si possano identificare con le nuove necessità dei consumatori. Hanno trovato il modo di aver successo in un mercato gremito.

 

Consiglia agli imprenditori di approfittare di tutte le opportunità. Però questi anni post recessione sono stati duri e tutta questa situazione si fa sentire in Europa. Come decidete che attività avviare e di quali disfarsi in tempi turbolenti?

Avviamo attività in tutte le parti del mondo, dalla Gran Bretagna ai mercati emergenti come il Cile o il Brasile. Bisogna andare lì dove c’è crescita o dove ci sono brecce di qualità o servizio.

Nel mio libro racconto molti esempi di compagnie geniali che fanno il bene e lo fanno bene, che si impegnano ad aiutare la comunità nella quale operano, il che è un ottimo modello, perché le imprese diventano parte della comunità in maniera reale. È uno schema che dura e che funziona come una buona pubblicità. Su questa linea abbiamo creato “Carbon War Room”, dal 2009 un’occasione di incontro per imprenditori, esperti e sponsor che cercano alternative al petrolio. Pensiamo a costruire una economia che funzioni stabilendo incentivi e cercando di rovesciare il problema del cambio climatico.

Impegnarsi a convertire il business in una operazione un po’ meno “sporca” è una mossa intelligente: lo abbiamo fatto con Virgin Atlantic, la nostra compagnia aerea, proponendo biocombustibili ricavati “riciclando” i gas di scarico industriali; altre compagnie aeree si rifiutano ancora persino di provare perché credono sia impossibile generare energia pulita per gli aerei. Non si tratta solo di pensare all’ambiente, si tratta di convertirci nella migliore compagnia aerea e nella migliore marca che la gente possa ricordare.

 

Virgin Atlantic ha avuto un ruolo fondamentale nei suoi affari. Ha compiuto scelte difficili, come per esempio vendere una attività che amava – la Virgin Music – per finanziare un progetto rischioso che perfino i suoi soci più vicini dubitavano che si potesse trasformare in un successo. Virgin Music era il suo settore preferito. Averlo venduto le avrà spezzato il cuore.

Vendere Virgin Music alla Emi è stata una decisione che mi ha fatto sentire un miserabile. Amavo la musica e Virgin Music era una casa discografica che all’epoca firmò contratti con band controverse che nessun altro considerava, come i Sex Pistols. Però a volte può aiutarti molto la fortuna. Basti pensare a come si è fermato il business musicale da allora e come invece Virgin Atlantic ancora “voli” in alto.

 

Ma al Consiglio di amministrazione quanto meno non piaceva l’idea.

Certo. Quando gli ho comunicato che avrei voluto creare una compagnia aerea, i direttori della Virgin Music si infuriarono. Credevano che non avrebbe funzionato e neanche io ero sicuro che avrebbe potuto aver successo, ma le altre compagnie esistenti non mi soddisfacevano personalmente, volevo creare la mia compagnia ideale, e pensavo che potessimo offrire un servizio migliore.

 

Ci racconta il primo volo della Virgin?

Non volevamo che il volo di ispezione passasse inosservato, abbiamo chiamato collaboratori e giornalisti. Quando l’aereo stava decollando, uno dei motori esplose. Ovviamente non è stato un episodio positivo. Non eravamo ancora coperti da una assicurazione! Quel giorno abbiamo perso un milione di dollari e non potevamo coprire lo scoperto bancario.

Quando sono ritornato a casa, ho incontrato il responsabile dei conti della banca seduto vicino alla porta: l’ho invitato a entrare e mi ha detto che voleva dichiarare la bancarotta della Virgin Group. L’ho cacciato via. Non potevo credere che avrebbe lasciato 5.000 persone senza lavoro.

 

Oggi la Virgin Atlantic è un’azienda di successo. Cosa ha fatto dopo quell’inizio con “botto”?

Ho lottato molto e per molto tempo. Non sono mancati gli screzi con i concorrenti: la British Airways, per esempio, viene etichettata come una mia spina nel fianco. Ma mi considero un avventuriero, cerco il brivido, ed è per questo che quando British Airways ha avuto problemi con l’installazione del London Eye (la ruota panoramica icona della città che si trova vicino al Parlamento), sono volato con un dirigibile fino a lì per filmare tutto. Abbiamo fatto foto e le abbiamo inviate ai quotidiani. Il giorno seguente erano in prima pagina con il titolo: “British Airways non la può sollevare!”. Mi hanno detto che British Airways ha dichiarato anche che la Virgin non è una marca nonostante tutto. (Branson sorride e scrolla la testa incredulo). Non ho maschere, dico quello che penso (vedi il profilo twitter @richardbranson da lui personalmente aggiornato), e soprattutto credo nell’importanza per un’azienda di trasformare le idee in realtà. È l’unica cosa che conta. Per questo alla Virgin mi chiamano “Dr Yes”!