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Walt Disney, immaginazione sì, ma anche perseveranza (e fallimenti)

 

Si racconta che la più grande ispirazione nella storia dell’animazione sia venuta da un topo che si aggirava nello studio di un illustratore squattrinato: il topo sarebbe diventato Mickey Mouse (il nostro Topolino), l’illustratore era Walt Disney, all’epoca in seria crisi economica.


Una storia di intuizione, talento che compie 90 anni, ma anche di iniziale fallimento e perseveranza: Walt Disney non fece subito il “salto”, con Topolino, il primo corto fu un flop, ci si mette anche la contabilità dell’azienda (diretta dal fratello) che non poteva permettersi il sonoro sincronizzato.

PRIMA LESSON LEARNED: Disney scommette. Scommette su quel topo che subito non sembra dargli nessuna soddisfazione. E vince perché si dimostra lungimirante, acconsentendo, pieno di debiti com’era, a concedere il merchandising delle creazioni col “marchio” di Mickey Mouse. Da lì è un crescendo di successi e riconoscimenti. Fumetti, figurine, film, giocattoli... primo personaggio dei cartoni animati ad avere una stella nella Walk of Fame a Los Angeles, primo a essere stampato sulle t-shirt. Mostre (una, adesso, a Desenzano sul Garda), borse in edizione speciale (vedi Gucci), gioielli (vedi Swarovski). La lista è infinita.


SECONDA LESSON LEARNED: Disney cavalca la sua epoca. Fine degli anni Venti, crisi economica negli Usa, Disney propone un personaggio allegro, sempre gentile. Un controsenso? No! Le persone si rifugiano nei cinema per cercare un po’ di serenità. Un’altra scommessa, certo. Da uomo di business (e non solo doppiatore e illustratore) qual era.

TERZA LESSON LEARNED: tutto nacque con un topo? Nì. Disney era solito fare questa battuta, ma alla base del suo impero economico ci furono soprattutto immaginazione e perseveranza. Forse quasi più perseveranza. Non si trattava solo di far divertire la gente o di far sognare i bambini: Disney ha cambiato il mondo intero dell’animazione, buttandosi in imprese che pochi altri uomini d’affari hanno eguagliato. Mise sul mercato prodotti mai visti (un lungometraggio animato come Biancaneve) e, da imprenditore qual era, ne trasse i frutti. Sempre si racconta che fu un leader intransigente, quasi dispotico (niente turpiloquio in ufficio, pena il licenziamento) che rischiava, sperimentava, conquistandosi negli anni la fama di “folle”. Si riempì di debiti, sfiorò la bancarotta, ma non mollò, “solo” per creare dall’immaginazione un mondo che fosse reale per chi ne fruiva. Fu un pioniere, un genio controverso, una mente unica, con una visione così forte che ha permesso all’impero Disney di sopravvivere al suo creatore e di continuare a crescere. Cresce ancora mentre ne stiamo parlando.


(fonti: Linkiesta, Il Fatto Quotidiano)