Fondamentali del business


Sebastiano Zanolli Sebastiano Zanolli

Stai vendendo qualcosa che non deve essere venduto?

 

Vale la pena spendere su questa domanda dieci minuti di ragionamento e magari di discussione.

 

Vendo da tanti anni e la velocità non mi ha permesso spesso di fermarmi a riflettere.

 

Esiste un’età in cui questa frenesia, questa corsa a perdifiato che non lascia spazio a grandi ragionamenti prende il sopravvento su tutto e su tutti.

 

Mi vengono in mente i 20 giorni al mese passati su e giù da un aereo o in auto, dal Portogallo alla Finlandia, da Budapest a Dublino, da New York City a Melbourne.

 

Sei un venditore e non puoi fermarti.

 

Sei un venditore e il tuo lavoro è vendere.

 

Devi dimostrare che chi ti ha assunto, chi ti ama, chi crede in te può stare tranquillo.

 

Non è una questione di soldi e basta: è una questione di onore.

 

E tutta questa corsa, come spesso avviene nella corsa vera, non ti lascia il tempo di pensare anche a come t’incastri nel mondo nel suo totale.

 

Perché, se sei un venditore, hai un posto importante in questo grande gioco del mercato e non puoi mica sempre fare finta niente.

 

Ti serve capire se quello che fai migliora o peggiora non solo te, ma anche tutto il resto.

 

Sarà che questo periodo finalmente impreca contro quelli che sono disposti a vendere la madre per arricchirsi a spese del pianeta, ma molte domande salgono a galla e se non rispondiamo noi venditori più anziani rischiamo di lasciare che tutto vada avanti alla cieca e senza direzione.

 

Non rispondere significa che tutto finirà dettato da coloro che urleranno più forte o che accarezzeranno la pancia del popolo con più delicatezza.

 

Perché è in gioco l’esistenza del nostro mestiere.

 

E fin qui sarebbe poca cosa.

I mestieri vanno e vengono.

Come l’arrotino o lo spazzacamino.

 

Ma rimane che si perderanno i maestri dell’alchimia che collegavano e creavano ponti tra desideri e realtà.

 

Tra possibilità e realizzazioni.

 

E non vedo entità governative o associazioni o direttori generali che possano fare altrettanto.

 

Nemmeno il web può rimanere senza venditori per quanto ne escluderà molti.

 

Torniamo al vendere la cosa giusta.

 

Coloro che hanno venduto per tanti anni lo sanno cosa si può e si deve vendere e cosa no.

 

Può darsi che abbiano venduto cose o prodotti sbagliati, ma in cuor loro lo sanno, e se hanno figli, è probabile che non lo rifarebbero più.

 

L’odore della truffa ti rimane addosso e puzza di più dell’odore dei soldi.

 

Non parlo solo dei prodotti dannosi, scadenti, falsificati, dei servizi truffa, delle assicurazioni che non assicurano o dei fondi senza fondi.

 

In questi casi il venditore non ha più un ruolo sociale per definizione.

 

Perde il suo status e il rispetto della società perché anziché fecondarla, la rende sterile.

 

Anziché proporsi come solutore si palesa come sabotatore della salute, dei bilanci familiari, dei progetti futuri.

 

Una sciagura per l’umanità.

 

Ma vorrei fare, con voi lettori, un passo avanti, in questo breve scritto.

Il venditore, soprattutto quello maturo, in esperienza o in età, dovrebbe chiedersi se sta vendendo qualcosa che può essere venduto.

 

Perché una cosa è essere protagonista di una economia di mercato che provvede a fare progredire in benessere e felicitò l’umanità, altro è accettare di far parte di una società di mercato in cui tutto è in vendita con l’unico scopo di far arricchire qualcuno a scapito di chiunque altro.

 

Se questa è l’era della responsabilità individuale, e lo è per certo, allora anche noi dobbiamo prenderci la responsabilità di accettare mandati buoni e rimettere quelli cattivi.

 

Non è un discorso facile e io mi auguro che si apra un serio dibattito: V+ è una piazza in cui questa discussione può trovare spazio.

 

Un approfondimento tra venditori, che arrivi a concordare le aree da cui la vendita è esclusa o circoscritta e quelle in cui può liberamente esplicare la sua potenza miglioratrice.

 

Settori come la sanità, i beni comuni come l’aria, l’acqua il territorio, le opere culturali, l’istruzione non si prestano agli stessi ragionamenti della tecnologia, dell’abbigliamento.

 

Questo è ciò che il filosofo Michael Sandel dell’Università di Harward suggeriva in un su articolo sull’Atlantic Monthly.

 

Trattarli con la stessa logica di vendita li ha portati a esiti diametralmente diversi.

 

La società gode dei prezzi bassi e della democratizzazione dei consumi quando si parla di tecnologia ed abbigliamento per citare i soliti due.

 

Ma paghiamo i prezzi di rivolte e sommosse quando escludiamo con logiche di marketing parte dei consumatori da diritti che la nostra sensibilità occidentale ritiene acquisiti, come l’istruzione o la sanità.

Come dice il caro amico professor Enzo Spaltro :“ Se chi sta bene non fa stare meglio che sta male, prima o poi chi sta male fa stare peggio chi sta bene”.

 

Il nostro ruolo di venditori e di uomini del nostro tempo passa anche per questa scelta.

 

Vendere la cosa giusta.

 

E la decisione è individuale prima che arrivi qualcuno a dettarla.