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Io con quello lì non ci lavoro

 

DI MILLENNIAL E BABY BOOMER CHE NON VANNO D'ACCORDO

Stiamo leggendo un libro lungimirante: partendo dal presupposto che tutti i “capigruppo” (o leader) hanno un’infinita di problemi da risolvere ogni giorno, Vince il migliore (edito da Franco Angeli) dice: se non ti disciplini, continuerai a lamentarti delle cose di cui ti lamenti adesso.


“Disciplina” non sta per “cosa noiosa che ricorda tanto la scuola”, ma come “abitudine efficace” di cui solo gli uomini e le donne di buona volontà comprendono l’importanza.
Per esempio, la prima (ce ne sono cinque): comprendere le generazioni.


Se ne parla in giro: baby boomer e millennial a contatto nelle aziende e negli uffici, per via di collaborazioni estemporanee o di contratti duraturi (o presunti tali). Se ne parla, sì, ma sempre in tono disfattista: “Io, con quello lì, non ci lavoro”. E a dirlo perentoriamente può essere sia il “mentore” (o presunto tale) sia il giOvane in ingresso. Non si va d’accordissimo, soprattutto considerando che i baby boomer potrebbero essere i genitori dei millennial, e già con una premessa del genere... Soprattutto perché dovremmo accettare l’innegabile verità che siamo diversi, dopotutto. E questo sarebbe un gran traguardo.
“I manager migliori hanno imparato ad adattarsi per rispondere alle richieste specifiche dei dipendenti millennial, creando al contempo dei legami più stretti fra le generazioni”. Perché esistono delle idee su questi legami che, a conti fatti, sono dei pregiudizi e, in quanto tali, pregiudicano il buon lavoro quotidiano.

1. “Non hanno fiducia nelle istituzioni”. Quindi non hanno fiducia nelle aziende.

Notate, innanzitutto, il rapporto causa-effetto assolutamente arbitrario: “non hanno fiducia in... QUINDI non avranno fiducia in... Il metodo scientifico si sta rivoltando nella tomba. A parte che potremmo discutere ore su chi oggi mantenga una fiducia salda nelle istituzioni (millennial o no...), ma vogliamo parlare della fiducia nelle persone? Sì, i millennial hanno visto il “sistema” creato dai loro genitori ridimensionarsi, ristrutturarsi, fondersi ad altro, frantumarsi in più casi. Sono critici verso “il grande sogno delle aziende che ti danno un contratto a vita”? Eh grazie. Mica ce l’hanno un contratto a vita, loro. Eppure, pur essendo una generazione mobile, continuano ad avere fiducia nelle persone. Quelle che stanno dentro e dietro l’Azienda. Fiducia che ovviamente bisogna meritarsi, senza ragionare per “istituzioni” (l’Azienda), ma per individui. O per gruppi di persone, ma persone reali. “Forse è il loro desiderio di avere molti amici o di piacere, ma i millennial sono bravi a lavorare in squadra”. E questo per un ambiente di lavoro può avere dei benefici evidenti.

2. “Vogliono essere gratificati subito”. Quindi se non hanno dei riconoscimenti immediati, se ne vanno.
Sì perché siamo nell’epoca dei like facili, degli scroll senza freni, del qui e ora.
Nì.
Mettiamola così: è finita l’epoca del “non ci sei, ma ci arriverai”, “se sbagli, te lo dirò”, “se non ti dico niente, continua a fare come stai facendo”. Questo perché ognuna delle frasi suddette non contengono un vero feedback, trasmettono anzi un senso di rifiuto, quasi, sicuramente di poco interesse. “Se non ti dico niente, continua così” è il modo più pratico per sbolognare ad altri il feedback, o non per darlo del tutto. Quando invece “i più giovani” vengono motivati dal confronto, dal dialogo, e sì, dal riconoscimento. Che non vuol dire “carriera grande, subito”, ma proprio “essere riconosciuti”, essere visti, percepiti. Non sentirsi invisibili. Dunque, se non vogliamo nascondersi dietro a false scuse, ricordiamoci di riconoscere quello che stanno facendo in modo più frequente, se vogliamo coinvolgerli e tenerli con noi. Che poi: se lo facessimo anche con i collaboratori “più anziani”, non sarebbe un male, anzi!
“Sapevo che i nostri dipendenti, ogni giorno, facevano delle cose eccezionali gli uni per gli altri, e così mandai una email in cui chiedevo di raccontarmi delle storie di persone che li avessero aiutati, mettendo in copia proprio quelle persone. Nel giro di una settimana ricevetti un migliaio di email di riconoscimento. Ma mi resi anche conto che avevamo toccato un nervo scoperto: le persone avrebbero voluto dire grazie e sentirselo dire un po’ più spesso”.
E non crediate che, se siete dei senior, i junior vi snobbino: è molto più alto il bisogno di riconoscimento tra i junior, da parte dei senior, che non tra senior. Non so se rendiamo l’idea...


3. “Imparano a fare le cose su internet”, quindi non approfondiscono.
Sì, i più giovani sono nati che internet già c’era. Questo ha comportato una rivoluzione nei metodi di lettura, scrittura e apprendimento. Internet non è “fuffa”, non solo: ha modificato il modo di assimilare, di confrontarsi, di ragionare.
Vuol dire che i millennial non apriranno più un libro o eviteranno qualsiasi forma di approfondimento? Ovviamente, no. Chissà perché, poi, si diffondono queste credenze: se abbiamo un collaboratore giovane, “sgaio”, veloce a imparare, sopratutto disposto a farlo, anche se con altre pratiche, dovremmo solo gioirne - e magari imparare a fare come lui/lei. Allo stesso tempo dovremmo mettere a disposizione la nostra competenza, i punti forti della nostra “scuola”.
Gli strumenti sono cambiati, certo: anche i tempi, però, e spesso i lavori vengono chiesti “per ieri”. I millennial si sono adattati, semplicemente. Abbiamo ancora dei pregiudizi verso il formato della conoscenza? Un podcast vale meno di un libro? Lavorare da casa vale meno che lavorare in ufficio? O in felpa meno che in cravatta? Non sono i millennial che mancano di etica professionale, siamo noi che vediamo nell’informalità e nella velocità dei segnali di scarso valore. Su, possiamo fare di meglio!


LESSON LEARNED
“I millennial stanno dando voce, di fatto, ai desideri più profondi delle persone di tutte le età”.
E anche:
“Le generazioni si assomigliano, quando si va a vedere i fattori che le motivano”.

Infatti tutte vogliono avere un impatto positivo sul mondo, sentire che il lavoro che fanno è importante, ha significato. Tutte vogliono “apprendere”, coltivare il talento, accrescere le conoscere (poco importa “come”). Tutte vogliono mantenere un equilibrio tra lavoro e famiglia, tra ufficio e tempo personale. Soprattutto vogliono che i loro cari siano orgogliosi.

Non siamo poi così diversi.

Ricordiamocelo!