Interviste


Redazione V+ Redazione V+

Dal volume N° 73

#impresedivalore Ksenia Security: il futuro è Made in Marche

 

LA SICUREZZA COME SISTEMA BELLO E SOSTENIBILE
V+ INTERVISTA RAFFAELE DI CROSTA, CEO E CO-FONDATORE DI KSENIA

La quarta edizione del Best Value Award, il premio alle PMI che creano più valore secondo la ricerca di Imprenditore Smart, ha visto una menzione speciale per il “Valore Sostenibile” a Ksenia, un’azienda delle Marche che, al valore generato, unisce un inedito valore etico e quasi sentimentale dato al territorio.

Una cosa che ci ha colpito, infatti, è stata ad esempio la loro sede, un bellissimo esempio di sostenibilità, molto all’avanguardia, rigorosamente immersa nel territorio del borgo di Ripatransone, provincia di Ascoli Piceno.
Poi abbiamo scoperto che l’azienda, che dopo poco più di dieci anni arriva in 70 Paesi del mondo, è nata da tre “genitori” particolari: tre fondatori arrivati da esperienze diverse – un commerciale e due ingegneri con una bella storia manageriale alle spalle.
Gli elementi per una storia ancora da raccontare ci è sembrato ci fossero tutti. E anche tanti spunti su cui riflettere utili a chi ha sogni d’impresa.



Chi è Ksenia? Come avete iniziato?
Sviluppiamo e vendiamo sistemi di sicurezza e domotica ai distributori che poi rivendono agli installatori, quindi un modello B2B.
Quando ho conosciuto gli altri due fondatori, Giorgio Finaurini, oggi Vicepresidente e Direttore marketing e vendite, ed Emanuele Ciarrocchi, Hardware e Firmware Manager, non ero un imprenditore; avevo sempre lavorato come dipendente in grandi aziende del settore elettronico, raggiungendo in tutte la posizione di direttore commerciale, e poi quella di AD e presidente nella società italiana del più grosso gruppo multinazionale americano di security e safety al mondo. Ero anche VP dell'azienda canadese del gruppo, e mi occupavo di vendere quei sistemi in Europa, Medio Oriente e Africa. Poi mi spostano nelle Marche: e qui conosco Giorgio ed Emanuele. Decidiamo di metterci in proprio, unendo le esperienze: la mia di commerciale, quella di Giorgio ed Emanuele nella Ricerca e sviluppo. Così abbiamo cominciato, nel 2010 – tra l’altro in uno dei periodi finanziari peggiori della storia.



Perché avete scelto di investire in un approccio sostenibile? Nel 2010 la sostenibilità non era ancora così “di moda”…
Quando siamo partiti, è vero che poche imprese parlavano di sostenibilità; proprio per quello abbiamo scelto di usarla anche come elemento distintivo, per posizionare il marchio più alto rispetto agli altri.

Può parlarcene, e raccontarci poi cosa fate ancora per essere più sostenibili nelle attività quotidiane?
Abbiamo da sempre fatto molta attenzione al territorio e alla responsabilità ambientale come impresa, perché tutti dobbiamo darci da fare, per avere dei risultati. Noi evitiamo plastiche con PVC; usiamo circuiti stampati a basso contenuto di alogeno e cromo, e display di vetro senza mercurio e senza arsenico; gli imballi per le confezioni sono realizzati con fibre riciclate… Abbiamo fornitori e partner locali, in modo da accorciare la filiera e risparmiare la produzione di anidride carbonica da trasporto.
Poi c’è la sede, di per sé una “realtà tecnologica” a basso impatto ambientale: ha il massimo della classe energetica, e produce autonomamente energia rinnovabile grazie all’impianto fotovoltaico sul tetto. Tutto l'edificio è in cemento eco fotosensibile che, detto semplicemente, assorbe anidride carbonica e smog. Infine ci serviamo della nostra stessa tecnologia e della domotica da noi progettata, per gestire temperatura e livelli di umidità di ogni ambiente e ufficio della sede, direttamente da app. Aiuta a monitorare i consumi.



Tornando al business: quali sono stati i vostri focus come impresa?
Dall’inizio, offrire design nei nostri prodotti: vanno nelle case, quindi devono integrarsi nelle architetture di interni. Poi la sicurezza, a un livello più alto degli altri. Infine la connessione: uno dei temi più importanti nel campo della sicurezza riguarda non solo la capacità di rilevare i veri allarmi, non i falsi, ma anche quella di trasmettere il messaggio in tempo reale (o alla centrale di vigilanza o all'utente finale).
Grazie all'Internet of Things, con tutti i dispositivi su un cloud, permettiamo ai nostri clienti di essere connessi in maniera assoluta; attraverso la rete internet e il 3G, 4G, oggi 5G (o entrambi con i servizi ibridi), per non lasciare mai il cliente “scoperto”. E siamo stati i primi a permettere al cliente di programmare e tenere sotto controllo tutti i sistemi tramite app sul telefono. C’è una app per il cliente, una app per l’installatore, e da lì si può fare tutto.
Ormai ci sono tante applicazioni: anche le città possono diventare più “smart”, grazie alla visione del traffico, il controllo intelligente dell’illuminazione…

Arrivate in 70 Paesi: riscontrate delle differenze culturali sui temi della sicurezza e della domotica?
Ci sono delle differenze sensibili: nei Paesi del Nord Europa è obbligatorio fare un impianto di sicurezza, quando si costruisce una casa. E per diventare installatori e poter poi certificare l’impianto, bisogna seguire una formazione precisa. In Belgio non si vendono prodotti non certificati, perché… non li comprerebbe nessuno! Ciò riduce il problema dei falsi allarmi, perché i prodotti sono buoni; e aiuta a diffondere la cultura della sicurezza. Chiedo sempre: “Quanto vale la sicurezza della tua casa, della tua famiglia, di quello che hai?” I clienti, così, capiscono il valore di quello che facciamo.

La domotica, invece, è sempre meno considerata “fantascienza”: contribuisce la facilità d’uso dei nostri sistemi, le interfacce intuitive, a misura di utente. Poi la tecnologia ha permesso di tagliare i costi, e oggi possiamo offrire un sistema di domotica in aggiunta a quello di sicurezza con un piccolo sovrapprezzo. Infine c’è la comodità percepita: avere tutti i sistemi connessi e controllabili da smartphone fa la sua parte. È così comodo che per qualcuno è ormai necessario; per qualcun altro è anche uno status symbol.
Una curiosità, parlando di Paesi esteri: nei nostri sistemi abbiamo integrato ben 38 lingue che quindi sono visibili sugli schermi, sulle tastiere. Anche a Expo Milano avevamo display in tutte queste lingue. È un dettaglio che ci ha aiutato molto nelle vendite all’estero!

Tra le vostre peculiarità, bisogna citare il fatto che… facciate tutto in casa.
Sì, puntiamo a fare tutto nelle Marche, dove vogliamo tenere la parte preponderante dell’attività: dalla nostra organizzazione aziendale alla Ricerca e sviluppo, dalla produzione alle app. L’unica fase che non si svolge “all’interno” è quella di assemblaggio elettronico (i chip, in sostanza). Per questa ci affidiamo alla stessa azienda da più di dieci anni. Alla fine sempre noi testiamo le componenti.

Anche il design è una creazione interna a Ksenia, giusto?
Sì. Io sono un appassionato di design e architettura e un fan dell’estetica dei prodotti Apple: all’inizio disegnavo su carta gli oggetti che poi volevo sviluppare. È una parte bellissima del lavoro che mi è sempre piaciuto approfondire. L’attenzione per il design ci ha portato, per esempio, a sviluppare i contatti magnetici più piccoli al mondo: sono quelle componenti che si fissano su porte e finestre per segnalarne l’apertura e quindi dare l’allarme in caso di intrusione. Sono wireless, e li abbiamo adattati ai vari tipi di serramenti producendoli in diversi colori. L’idea per il design del telecomando di controllo mi è venuta dal mouse del Mac anni fa. Ma… l’ho già detto che sono un fan della Apple?

Il vostro è un vero “Made in Italy”, in più “Made in Italian”: nei nomi dei prodotti non c’è l’inglese…
Siamo molto legati alla storia e alle tradizioni italiane e abbiamo deciso di dare ai prodotti solo nomi latini. Per esempio, il cuore dell’intero sistema Ksenia è racchiuso nella centrale Lares 4.0, dove “lares” erano gli dei protettori della casa per gli antichi romani.

Finiamo tornando alle persone: se abbiamo capito bene, lei ha iniziato come commerciale e adesso si dedica all’innovazione e alla tecnologia, mentre per gli altri fondatori è successo l’esatto opposto.
Esatto. Quattro anni fa Giorgio Finaurini, responsabile della ricerca e sviluppo, mi disse che avevamo bisogno di un direttore commerciale per l'estero, per fare un salto di qualità. Ho pensato fosse proprio lui ad avere l’esperienza giusta per l’incarico, e Giorgio ha accettato! Quindi sì, dei tecnici sono diventati commerciali e viceversa.

Non ho voluto tenere per me 100% delle quote della società, e credo sia stata una scelta importante. Oggi siamo 12 soci, anzi azionisti (siamo diventati una S.p.A.) e tutti, non solo i primi fondatori, sono molto legati all’azienda, hanno una motivazione forte: se parlate con uno di loro è come parlare con me. A volte passo di qui la sera e vedo ancora le luci degli uffici accese. Sentono la responsabilità, anche per le scadenze, i prezzi dei prodotti, le fiere… Così l’azienda può continuare a fare quello che sta facendo, e può crescere.

È come se foste tutti un po’ imprenditori.
Sì, è vero: lo siamo.