Stili di lavoro


Valeria Tonella Valeria Tonella

Il team building può fare male

(Ph: J.A.Hampton)

In un articolo su Internazionale, Annamaria Testa sottolinea un fatto ovvio ma che forse così tanto ovvio non è, in un momento in cui tutti parlano di "team building": non è vero che ogni lavoro debba essere fatto in gruppo.

"Non tutti i lavori si fanno meglio insieme. Anche se costituire gruppi di lavoro va di moda, non ha alcun senso raggruppare persone per sommare il lavoro che i singoli partecipanti svolgerebbero ugualmente, e più comodamente, da soli".

Comunicare non fa sempre bene

Troppa comunicazione toglie la concentrazione. Condividere pensieri e idee è efficace fino a quando non impedisce il lavoro del singolo, che è altrettanto importante. Pensateci: qual è stata l'ultima volta che siete riusciti a produrre, da soli, e a concludere un compito senza interruzioni, dall'inizio alla fine? Mi torna in mente un libro che, quando uscì, fece un po' di scalpore perché in contrapposizione con le teorie del "team building per tutti": il libro è Quiet di Susan Cain, che non solo spiega perché è positivo avere anche delle persone più introverse in ufficio, ma anche ricorda la necessità, per tutti, di avere dei momenti di isolamento, e dei luoghi dove potersi isolare (altro che open office). Ne va della creatività e della produttività.

Una connessione che non salta mai

Il problema di noi "uomini moderni" sta nel nostro più grande alleato: la tecnologia. Essere sempre connessi ci porta a comunicare di continuo, che non è male, ma lo diventa se non riusciamo o fatichiamo a fare altro. Vi consiglio un altro libro, purtroppo non tradotto in italiano, di Cal Newport, intitolato Deep Work: come rimanere concentrati in un mondo costantemente distratto? Email, social network o piattaforme interne sono canali attivi senza sosta, perché tutti devono essere allineati su tutto, sempre. Con quale fatica, poi, troviamo il tempo per sederci alla scrivania e scrivere quel rapporto, quel bilancio, quell'articolo per il blog... è umanamente impossibile. E finiamo per non trasformare tutto questo "operare" in valore. Che è poi quello che conta.

Si arriva all'eccesso senza accorgersene

Un articolo pubblicato dall'Harvard Business Review prega i manager di interrompere la "follia delle riunioni aziendali". Forse esagerando. O forse no. Si arriva a un punto, spesso, in cui pochissimi sono gli obiettivi che si pensa di poter raggiungere senza prima aver fatto una bella (ma inutile) riunione. Non a caso, molti arrivano in ufficio presto, la mattina, o restano fino a tardi, la sera, o lavorano nei weekend per concretrarsi sui compiti che richiedono tranquillità. Perché è indubbio che in riunione non si produce. Si comunica, ci si accorda, ci si allinea, ma non si preparano presentazioni, non si scrivono articoli, non si fanno telefonate. Una ripetizione eccessiva di "meeting" causa, così, senso di insoddisfazione: come ha scritto David Allen in Detto, fatto! "lo stress non deriva dalle troppe cose da fare, ma dalle cose iniziate e non finite". E Le riunioni sono la causa principale, certo non l'unica, di compiti lasciati a metà. Trovate il giusto equilibrio tra riunioni e lavoro di scrivania: i vostri collaboratori ve ne saranno grati.

Chi è solo non lo è davvero

Pensiamo, poi, che chi si trova a svolgere un incarico da solo non lo sarà mai davvero:dovrò dialogare ugualmente con tante persone. Il segreto, come detto sopra, è l'equilibrio: abituare i collaboratori a momenti collettivi e momenti individuali, gruppo e creatività, conversazione e pensieri personali. Nel libro Group Genius, Ken Sawyer scrive che "le persone più creative sono quelle sia introverse che estroverse". Non significa che, caratterialmente, bisogna possedere entrambi questi modi di essere; significa abituarsi a passare da una modalità all'altra, così che, quando verrà richiesto, sapremo iniziare e concludere un compito individuale senza ansie oppure interagire al momento giusto. Sawyer ricorda che la creatività più produttiva proviene dalla capacità del cervello di attivare collegamenti, vedere soluzioni dove altri non le vedono, abbinare concetti. Questa capacità "funziona al suo meglio quando sogniamo a occhi aperti, siamo tranquilli, guardiamo più dentro di noi che fuori. Insomma, quando siamo da soli". Ma è una capacità che va stimolata con nuove idee, e queste, nei casi più numerosi, arrivano dal confronto con capi e colleghi, ma anche dalle chiacchiere al bar o alla macchinetta del caffè. Dunque l'abilità di un supervisore sta nel far passare i collaboratori da una situazione all'altra, abbastanza spesso affinché ci sia equilibrio. Il docente Paul Paulus dell'Università del Texas, a conclusione di un test in materia, ha scritto: "Quando siamo da soli, costruiamo una specie di pila di legna nella nostra testa, un'idea sopra l'altra; quando torniamo in gruppo, arrivano le scintille, gli spunti, e il fuoco si accende".

Consigli pratici

Fast Company consiglia questi step. Non vi prenderanno più di mezz'ora.

Manterrete il "flusso" di idee, senza che nessuno debba dominare la conversazione o, al contrario, sentirsi in difetto perché non ha niente da dire. Controllerete i tempi per non... perdere tempo e le idee di tutti saranno ben visibili e discutibili.