Fondamentali del business


Wobi World Of Business Ideas Wobi World Of Business Ideas

Dal volume N° 65

Ho paura del cambiamento... ma se ce l'hai nel Dna!

DALLA PREISTORIA A OGGI, ABBIAMO VISSUTO TANTE DISRUPTION…
SOLO CHE NON CE LO RICORDIAMO

PER GENTILE CONCESSIONE DI WOBI E A CURA DELLA REDAZIONE DI V+

«I cambiamenti improvvisi e importanti non rispettano il calendario». Fare i conti con questa realtà è il primo passo. Che vuol dire anche sbatterci la testa, sentirsi confusi per il colpo, riassestarsi in fretta, cambiare il paradigma. In pratica, dimostrare che “non faremo sempre così”.
E non abbiamo sempre fatto così, perché di “disruption” ne abbiamo già vissute parecchie – anche se spesso non ce lo ricordiamo.

Dal Sole 24 Ore (articolo di Giovanna Prina del 4 novembre 2019, eh sì, di “disruption” si parlava già da prima del Covid): “È disruption Amazon, che diventa fornitore di contenuti televisivi quando ci eravamo appena abituati a considerarlo un fornitore di prodotti online; oppure WhatsApp, che cambia il modo di comunicare tra le persone e rivoluziona il mercato dei gestori di telefonia. O ancora AirB&B, che modifica il modo di organizzare i nostri viaggi e trasforma il modello di business alberghiero”.

Per Clayton Christensen, infatti, professore di Harvard che ha coniato l’espressione, “disruptive innovation è l’effetto di una nuova tecnologia, o di un nuovo modo di operare su un modello di business, che porta a modificare completamente la logica fino a quel momento presente nel mercato”.

DALL’UOMO PRIMITIVO A OGGI
«Siamo sempre andati avanti attraverso e grazie a disruption. (…) L’uomo primitivo che impara a coltivare la terra e da nomade diventa stanziale crea una disruption; l’avvento della scrittura è una disruption nei modelli di organizzazione delle conoscenze; la presenza delle donne nelle fabbriche durante e dopo le grandi guerre è una disruption nel modello sociale; i comportamenti di Ghandi sono una disruption nel fare politica o, ai giorni nostri, le azioni di Greta saranno forse una disruption nelle logiche decisionali della politica».
Abbiamo sempre proceduto per cambiamenti “disruptive”, solo che adesso – con la tecnologia – questi momenti sono diventati più frequenti. E il Coronavirus ha messo anche il suo zampino.

WOBI ha riproposto il format “tre sessioni di formazione, 100% online” dopo il primo evento con Tom Peters. Filone: “Wobi On Change Management” (come gestire il cambiamento); relatrice, questa volta, Charlene Li – consulente, autrice di The Disruption Mindset, Groundswell, Open Leadership (quest’ultimo lo trovate in italiano), esperta di “trasformazione digitale e crescita disruptive”.


La “disruption” è una rottura, d’accordo. “Distruttiva”, verrebbe da tradurre. Ci piace di più “dirompente”, inteso come qualcosa che giunge travolgendo ma non per forza lasciando solo una deprimente tabula rasa. Un po’ come quando a scuola ci insegnavano che le inondazioni del Nilo invadevano sì, ma fecondavano anche.
«Non dobbiamo concepire questa crisi come qualcosa di negativo, ma come l’opportunità perfetta per cambiare» ha detto Charlene Li durante il seminario.


E ancora: «La trasformazione del business è sempre un’esperienza umana che genera stress e un senso di mancanza di controllo, chiunque ne venga coinvolto». È normale condividere questo “feeling” da mesi: o minimizziamo, sperando che tutto finisca presto, oppure siamo terrorizzati dalle ricadute sul nostro lavoro. Abbiamo, appunto, paura di venire spazzati via.
Ma come sempre nella vita la differenza la fa l’atteggiamento. Meglio: la nostra reazione.


IMMERSI NELLA DISRUPTION
«Ora non è importante avere tutte le risposte, ma le risposte adeguate». Quando tutto accelera, bisogna sapere come governare la nave, quale direzione darle, ma questo dipende da azienda ad azienda.
Semplificando, ci possono essere quattro, grandi scenari partendo da due variabili: la competitività e le risorse finanziarie.
1.    La tua azienda ha una posizione competitiva forte e un forte supporto finanziario.
2.    La tua azienda ha una posizione competitiva debole ma un forte supporto finanziario.
3.    La tua azienda ha una posizione competitiva forte ma un supporto finanziario debole.
4.    La tua azienda ha una posizione competitiva debole e un supporto finanziario debole.


I consigli di Charlene Li sono molto diversi per ciascun scenario.
1.    È un buon momento: lanciati in nuovi mercati e nuove acquisizioni. Hai tutte le carte in regola!
2.    Trova risorse per la crescita futura, non prima di aver definito bene, molto bene, la tua proposta di valore.
3.    Riduci i costi – possibilmente non tagliando sul personale, ma riducendo i costi di prodotto e dei servizi non essenziali.
4.    È il momento di fare sul serio: devi sopravvivere. E forse (forse!) la disruption ti costringerà a riformulare il piano di crescita e la tua strategia. Ne hai bisogno.

E POI… IL CLIENTE, SEMPRE IL CLIENTE
Nella confusione, succede che pensiamo solo a restare a galla, e mettiamo da parte il servizio clienti, vecchi e nuovi.
Invece la Customer Experience va accudita anche e soprattutto durante una disruption. Quando il vortice sarà passato, saranno loro, i clienti, la base su cui poggiare bene i piedi e riprendere la marcia. «Se vogliamo che la nostra organizzazione prosperi, dobbiamo far sì che la società e i clienti prosperino». Processi, prodotto, punti di contatto: tutto deve rimanere focalizzato sull’obiettivo di una buona esperienza del cliente.
Neanche la CX resta immutata con il passare del tempo: i clienti sono lo specchio che ci rimanda il ritmo e la consistenza del cambiamento. Dobbiamo avere chiaro come sia la situazione lì fuori.
Sai come e cosa compreranno i tuoi clienti da adesso in avanti? Come stiamo cambiando noi, stanno cambiando anche loro, e questi periodi richiedono di inseguire i clienti ogni volta che “si muovono”.
«La CX nella disruption si trasforma in una relazione con l’azienda intima e personalizzata, imprevedibile e in evoluzione». Tutto cambia, pure il cliente. Cambiano le sue esigenze attuali e quelle non ancora espresse. «Sentiamoci a nostro agio con questa incertezza», perché alternative non ce ne sono.


IN PRATICA?
•    Scrivi nero su bianco cosa pensi che il cliente dica, faccia, senta.
•    Raccogli quanti più dati puoi sui tuoi clienti per trovarne di “affini”.
•    Monitora costantemente, e sperimenta vari strumenti, perché ce ne sarà sempre uno che andrà meglio per te.
•    Chiedi al tuo team di fare lo stesso, perché sono i collaboratori che hanno il maggior contatto con i clienti. Chi meglio di loro?


E INFINE…
Inserisci il cambiamento nella routine dell’azienda. Abituati al cambiamento come norma, e rendi consapevoli di questo anche i tuoi collaboratori. La tua azienda dovrà essere strutturata in modo tale che il cambiamento avvenga, di qualunque tipo sia, qualsiasi sia il periodo. Non avere paura e non trasmetterla a chi lavora con te. Ricorda: «La differenza tra l’ansia e l’entusiasmo è la fiducia. Fiducia di sapere che starai bene qualunque sia il risultato». Good luck!