Noi e gli altri


Oscar Di Montigny Oscar Di Montigny

ELOGIO DELL'INCERTEZZA

PERCHÉ È FONTE DI RIVOLUZIONE MA SOPRATTUTTO DI INNOVAZIONE, PERCHÉ NIENTE DURA, PERCHÉ DALL'INSTABILITÀ, PERSONALE E DEI MERCATO, POSSONO NASCERE OCCASIONI (E VENDITE) STRAORDINARIE

La situazione d'incertezza che stiamo vivendo in questo periodo è certamente a tinte forti, almeno più forti di quelle alle quali siamo stati finora abituati. E verrebbe anche da chiedersi se il percepito di questa condizione sia poi lo stesso per tutti, indipendentemente dall'aspetto materialistico che questa crisi sta rivestendo. L'umanità sta affrontando una condizione di importante mutamento del contesto fuori di sé che solo apparentemente è rivestita dell'abito della "crisi", e sempre solo apparentemente è confinata al mero contesto economico.

L'incertezza personale

Questa condizione critica è il riflesso, nel mondo esteriore, di un'importante situazione di crisi del nostro mondo interiore. Per altro, si sta iniziando a diffondere sempre più il pensiero, avallato anche da studi scientifici (per lo più di fisica quantistica e di neuroscienza) che ciò che accade fuori di noi sia una mera proiezione di ciò che in realtà sta accadendo dentro. E se ciò è valido sulla scala microscopica delle nostre singole vite (almeno rispetto al tutto), è altrettanto vero che fuori di noi si starebbe manifestando, su scala planetaria, una condizione interiore generalizzata nell'umanità. Come se il mondo ci stesse facendo da specchio di ciò che interiormente proviamo, sentiamo, pensiamo, siamo.

Ho quindi provato a stare intensamente anch’io con questa suggestione, cercando di osservare se quanto di ciò che registro accadere fuori di me non sia solo una mera proiezione di ciò che in un determinato istante provo, sento, penso, sono… dentro. Tra quelle fatte, due osservazioni sono state le più rilevanti: mi sono scoperto "attaccato" a tutto quanto credo possa soddisfare un mio specifico bisogno, dell'attimo o della vita, e che quindi ritengo possa darmi sostanzialmente felicità (cibo e cura per il corpo; gratificazione, riconoscimenti e affetti per le emozioni; comprensione per le mie idee, successi in generale…), mentre provo avversità e repulsone per tutto quanto potenzialmente potrebbe produrre l'effetto opposto.

Secondo la filosofia buddista, osservando con attenzione gli accadimenti della vita, ci si può accorgere con grande facilità che tutto, ma proprio tutto (qualsiasi accadimento, qualsiasi manifestazione, qualsiasi processo) prima sorge, nasce, e poi passa e tramonta. Perché, quindi, provare attaccamento per tutto ciò che genera felicità e repulsione per tutto ciò che genera sofferenza, se tutto tramonta e nulla permane?

In sintesi: soffro sia perché non ho e sia perché ho paura di perdere ciò che ho (ma poi… cos'ho veramente? Ciò che invece veramente resta è la mia consapevolezza di ciò che è stato e la comprensione che ho prodotto di quel fenomeno. Questa somma comprensione mi aiuta a rimettere la giusta distanza fra me e tutto quanto è fuori di me, proteggendomi dalla sofferenza che innegabilmente si genera per la paura di essere afflitto da ciò che mi rende infelice (repulsione) e per la paura di perdere ciò che mi rende felice (attaccamento).

L'incertezza del mercato

Sembrerò anacronistico, e forse pure fuori luogo, ma desidero prendere una posizione chiara in tal senso: voglio infatti pensare che un momento di grande incertezza come quello che stiamo ora vivendo sia da benedire, e che questa condizione "incerta" sia da elogiare. E lo dico perché ora, forse come mai prima (certamente per me è così), siamo chiamati a decidere, a scegliere se restare dove e come siamo o se "entrare nella tana del Bianconiglio e…".

Prendo spunto da un articolo di Carlo Alberto Carenvale Maffè, docente di strategia della SDA Bocconi che ho conosciuto personalmente qualche mese fa. In questo suo scritto (pubblicato in un supplemento a Harvard Business Review Italia) elogia l'attuale situazione di grande incertezza nella quale si trova il nostro Paese offrendo una prospettiva di taglio economico sulle contingenze in corso. Come dice Maffè nel suo articolo, "... l'incertezza andrebbe studiata, rispettata, non temuta, perché è un fattore irrinunciabile di mobilità sociale per il merito. L'incertezza è rivoluzionaria. Lascia vuoti da riempire e apre territori di nuove domande. È l'occasione d'oro dei follower per scalzare leader consolidati. È la tempesta perfetta sulle rendite di posizione".

Si spinge fino a dire che "... l'incertezza è il più efficace sistema di ridistribuzione sociale della ricchezza. Forse non il più equo, ammesso che ne esista uno, ma certamente il più drastico. L'incertezza genera poi nuove fonti di reddito e libera energie imbrigliate dalla conservazione del potere".

E la stabilità? Che per logica si contrappone all'incertezza. "È da considerarsi una forma di psicofarmaco sociale, una sostanza stupefacente spacciata da chi ha interesse al mantenimento dello status quo. Invece sono le regole – e il loro rispetto – a essere un 'public good' (un bene pubblico), che può essere prodotto solo con un accordo collettivo".

Nel business il contesto di un'economia dell'incertezza è un terreno di sfida su due fronti: quello interno all'organizzazione e quello esterno a essa. Il primo determina lo sviluppo di nuove competenze, le cosiddette "border competences", perché il nuovo centro delle strategie si sposta ai confini dell'organizzazione; nel secondo l'incertezza porta a progettare nuovi mercati e non solo nuovi prodotti o servizi, e a innovare le regole del gioco competitivo, alzando il prezzo del rischio di mercato concedendo arbitraggi di valore tra i pavidi e i coraggiosi.

"Che cos'è l'innovazione – azzarda Maffè – se non produzione intenzionale d'incertezza?".

E adesso puoi metterti in cammino

Spesso quando intraprendiamo un viaggio verso il cambiamento, lo facciamo perché, a un certo punto, iniziano a mancare le risorse. Come a chi sta affogando inizia a mancare l'aria. Succede perché un'idea o una convinzione appaiono limitate, alcune emozioni poco "nutrienti" o il concepimento di determinate azioni poco utile. Allora iniziamo veramente a desiderare di lasciare una condizione per realizzarne in via definitiva un'altra. Una sensazione che si accompagna di frequente all'incertezza.

Voglio chiudere con un brano che racconta proprio questa sensazione. Parla appunto del momento in cui ci si accinge a partire, con un progetto o un obiettivo. Lo condivido con chi avrà la pazienza di leggerlo e lo farà suo, per trarne qualcosa di buono.

"Esci una sera sotto il vasto cielo stellato, alza gli occhi a quei milioni di mondi sopra la tua testa. Forse su ognuno di essi formicolano miliardi di esseri simili a te, persino superiori a te per costituzione.

Guarda la Via Lattea.

In quell'infinità, la Terra non può nemmeno essere considerata un granello di sabbia. La Terra vi si dissolve, sparisce, e con essa sparisci anche tu.

Dove sei? Chi sei? Cosa vuoi? Dove vuoi andare? L'impresa cui ti stai accingendo non potrebbe essere pura follia?

Di fronte a tutti quei mondi, interrogati sui tuoi scopi e le tue speranze, sulle tue intenzioni e sui mezzi per realizzarle, su ciò che si può esigere da te, e domandati fino a che punto sei preparato a rispondere.

Ti attende un viaggio lungo e difficile; ti stai dirigendo verso un paese strano e sconosciuto.

La strada è infinitamente lunga. Non sai se ti potrai riposare, né dove ciò sarà possibile.

Devi prevedere il peggio.

Devi prendere con te tutto ciò che è necessario per il viaggio. Cerca di non dimenticare nulla, perché poi sarà troppo tardi per rimediare all'errore: non avrai tempo di ritornare a cercare ciò che avrai dimenticato.

Valuta le tue forze. Sono sufficienti per tutto il viaggio? Quando sarai in grado di partire? Ricordati che più tempo passerai per strada, più avrai bisogno di portarti delle provviste, cosa che ritarderà ulteriormente la tua marcia, e allungherà pure la durata dei preparativi.

E ogni minuto è prezioso. Una volta che ti sei deciso a partire, perché perdere tempo? Non contare sulla possibilità di tornare. Questa esperienza potrebbe costarti carissima. La guida si è impegnata soltanto a condurti alla meta, non è obbligata a riaccompagnarti indietro.

Sarai abbandonato a te stesso, e guai a te se ti infiacchisci o se perdi la strada, potresti non ritornare mai più. E anche se la trovi, resta il problema: tornerai sano e salvo?

Ogni sorta di disavventure attende il viaggiatore solitario che non conosce bene la via, né le regole di condotta che essa comporta. Tieni a mente che la tua vista ha la proprietà di presentarti gli oggetti lontani come se fossero vicini. Ingannato dalla prossimità della meta verso cui tendi, abbagliato dalla sua bellezza e non avendo misurato le tue forze, non noterai gli ostacoli sulla via; non vedrai numerosi fossati che tagliano il sentiero. In mezzo a prati verdi cosparsi di splendidi fiori, l'erba alta nasconde un profondo precipizio. È molto facile inciampare e cadervi dentro, se gli occhi non sono attenti a ogni passo che stai per fare. Non dimenticarti di concentrare tutta la tua attenzione su ciò che ti sta immediatamente intorno. Non occuparti di mete lontane, se non vuoi cadere nel precipizio. Però non dimenticare il tuo scopo. Ricordatene continuamente e mantieni vivo il desiderio di raggiungerlo, per non perdere la direzione giusta.

E una volta partito, stai attento: ciò che hai oltrepassato resta indietro e non si presenterà più; ciò che non osservi sul momento, non lo osserverai mai più. Non essere troppo curioso, e non perdere tempo con ciò che attira la tua attenzione ma non ne vale la pena.

Il tempo è prezioso, e non deve essere sprecato per cose che non sono direttamente in relazione con la tua meta. Ricordati dove sei e perché sei lì. Non aver troppa cura di te, e rammenta che nessuno sforzo viene mai fatto invano.

E adesso puoi metterti in cammino".

(estratto da Vedute sul mondo reale di George Ivanovic Gurdjieff)