Interviste


Maria Bietolini Maria Bietolini

Dal volume N° 73

Assiteca, Come diventare aziende modello

IL DLGS 231 COME OPPORTUNITÀ PER LE PMI:
V+ NE PARLA CON OTTORINO CAPPARELLI DI ASSITECA

“È possibile sfruttare una normativa per rendere competitiva un’azienda: non è una cosa scontata.”
Non è scontata neanche questa dichiarazione di Ottorino Capparelli, Responsabile Governance, Risk & Compliance di ASSITECA, il primo broker italiano.
Va da sé che V+ ha voluto saperne di più.

Perché è importante parlare del Modello Organizzativo di Gestione e Controllo, detto MOG 231? E perché è tanto più importante per le PMI?
Il MOG 231 ha 20 anni, ma oggi è una normativa che tocca tanti temi di attualità. Era nato contro la corruzione, e oggi l’80% dei provvedimenti riguarda reati legati alla salute e alla sicurezza sul lavoro. È facile capire perché, pur non essendo obbligatorio, l’adozione del modello per le aziende rappresenti di fatto una opportunità.

MOG 231: per saperne di più
Il Modello Organizzativo di Gestione e Controllo (MOG) 231, istituito dal Decreto Legislativo 231/2001, è un insieme di protocolli che regolano e definiscono la struttura aziendale e la gestione dei suoi processi sensibili. In sintesi si può dire che delinea la responsabilità giuridica delle società anche per i loro membri, nell’esercizio delle loro funzioni:
•    chi ricopre ruoli di rappresentanza, gestione e amministrazione;
•    chi è soggetto a vigilanza e direzione – i dipendenti;
•    entità organizzative autonome.
Applicando correttamente il Modello Organizzativo di Gestione e Controllo 231 – cosa oggi possibile anche con modelli semplificati – è possibile individuare e prevenire reati e mancanze (ad esempio in campo amministrativo o tributario), e per le imprese si riduce il rischio di illeciti penali.

PMI e “grandi”: i rischi sono gli stessi. Come sappiamo, diventano sempre più complessi anche da capire, figuriamoci da prevenire…
In effetti le aree di rischio sono molteplici: si parte dall’amministrazione, ma oggi statisticamente i reati più contestati dalle Procure sono quelli legati alla sicurezza e all’ambiente – fronte su cui manca ancora una vera cultura, sia dal lato dell’azienda che da quello di lavoratori e stakeholder.
Lavorando sul modello 231, si ha il vantaggio di mettersi in regola con le normative, certo, ma anche e soprattutto di portare il tema di questa cultura in azienda.
Avere modelli organizzativi fa sì che, ad esempio, negli Usa il tasso di incidenti sul lavoro sia molto più basso che in Italia, e questo ha ripercussioni su produttività, costi e tutele assicurative. Avere tassi di incidenti bassi è possibile per tutti: basterebbe seguire i sistemi che già ci sono. Applicare il modello, insomma, aiuta.

Ma come sappiamo la complessità è crescente: spesso per le aziende medie e piccole è difficile avere un sistema di regole “automatiche” come per le più grandi.
A volte è, banalmente, una questione di percezione di alcuni possibili rischi, vedi ad esempio in ambito informatico. Ne sfugge la gravità; e sfugge anche la semplicità della soluzione. Mi spiego: in una grande azienda il cambio dell’Iban di un fornitore viene verificato e confermato almeno con un contatto telefonico diretto. In una realtà piccola magari ciò non avviene, e così ci si espone al rischio di essere frodati, dando seguito a una richiesta truffaldina di pagamento via email.
In questo ambito le banche hanno adottato, per prime, sistemi e procedure particolarmente elaborati… diciamo che il modello qui “si adegua”. Mentre in generale per tutte le PMI introdurre il modello 231 è l’occasione per creare il sistema che all’azienda manca.
Il MOG 231 deve essere un processo di sostanza: e c’è già.

Certo che per l’imprenditore medio o piccolo è un “carico” pesante, come si fa?
In realtà un imprenditore medio o piccolo sa benissimo come si gestisce e come si potrebbe gestire meglio la sua azienda: di fatto è dal primo istante di fondazione che fa (anche!) controllo di gestione! La questione sta nel fatto che raramente ciò è formalizzato.
Si tratta spesso di mettere nero su bianco le procedure, quindi di portare le attività a “sistema”, e in questo processo si ha anche il beneficio di vedere le “falle” o i problemi, di individuare i possibili rischi, apportando correttivi e miglioramenti.
I rischi non si azzerano per definizione, ma individuarli significa governarli.

Direi che qui entra in scena anche il management a supporto dell’imprenditore.
Spesso l’imprenditore italiano è (ancora) restìo all’introduzione di nuove figure manageriali nella “sua” realtà. Ma nelle aziende piccole o di origine familiare spesso non c’è il necessario know-how, e poi vince l’umana tendenza a “lasciar correre”.
In questo senso, chi ha un ruolo di consulenza deve saper essere anche un po’ psicologo, saper fare un’opera di convincimento verso l’avvio di un sistema di crescita sia per l’azienda, che per le sue persone. Non è neanche sempre necessario far entrare persone dedicate dall’esterno: nella maggioranza dei casi si possono far crescere benissimo gli interni – e anche qui un fattore chiave sta nelle capacità dei giusti consulenti.

La capacità di ascolto dei consulenti per una PMI è un valore importante.
Quando un’azienda-cliente intraprende il percorso, noi ci poniamo come dei consulenti, la affianchiamo; ma credo che nelle aziende medie e piccole il consulente debba diventare soprattutto il miglior consigliere dell’imprenditore.
Se si attiva un rapporto di fiducia, è più facile fare i passi che preparano l’azienda a crescere; non parliamo solo di protezione dai rischi in senso stretto, ma di pensare al futuro dell’impresa. E magari anche far entrare nuovi manager, in ottica di passaggio generazionale e di continuità aziendale.
Solo le aziende strutturate riescono a gestire le “sorprese”. In Italia solo il 7% delle aziende arriva alla terza generazione… Il futuro va pianificato.

L’adozione di modelli organizzativi è vitale. Ma non è oggi forse un po’ di moda?
Senz’altro! Pensiamo, ad esempio, ai temi ambientali: forse, a volte, oggi si parla di responsabilità ambientale perché è un tema caldo, ma ragionare in termini di sostenibilità e criteri ESG porta a un passaggio di livello dagli effetti positivi anche sul business. Non a caso i “grandi” sposano i temi ESG, perché lo chiede il mercato, e una conseguenza poi è che le loro decisioni su come gestire queste tematiche si ripercuotono a cascata sui loro fornitori che quindi devono dotarsi di sistemi rispondenti ai requisiti per mantenere il ruolo e restare competitivi. La selezione è già in corso…
Il consumatore finale è molto attento: oggi sono i settori B2C i più esposti, come quello alimentare, in cui la tracciatura e l’etichettatura dei prodotti stanno facendo la differenza. E poi la moda: il fashion da tempo interviene su origine, qualità di materie prime e rispetto dei valori etici da parte dei fornitori. C’è la massima visibilità e la reputazione è tutto.
Di fatto, iniziare a dotarsi di sistemi di controllo interno consente di essere competitivi in un “ecosistema” virtuoso, che tutela e premia allo stesso tempo chi riesce a gestire efficacemente i rischi d’impresa.

Dagli scenari alla messa a terra: come accompagnare le PMI nel percorso verso un modello organizzativo di protezione e evoluzione?
Assiteca affianca le aziende nella gestione dei rischi, sia come broker, sia nei servizi di consulenza direzionale e organizzativa.
Il primo passo è l’analisi dei rischi, in modo da avere consapevolezza delle aree in cui si è maggiormente esposti. Avendo compiuto 10 mila analisi di rischio, conosciamo i problemi dei diversi settori, e possiamo capire quali azioni mettere in atto. Ma sapendo che l’imprenditore quasi sempre conosce bene i suoi punti deboli, direi che l’abilità sta nel saper vedere quelli che lui non vede – o non vuole vedere.
È importante invece aprire gli occhi, e concentrarsi sulle azioni di miglioramento che vanno pianificate e implementate.
Affrontando questioni come la protezione dei rischi e l’applicazione di sistemi come il MOG 231, si lavora non solo in difesa, ma in attacco, perché oltre agli aspetti formali delle normative da rispettare, entrano in gioco anche la formazione delle persone, la crescita delle competenze.

Molti imprenditori pensano che in giro di consulenza ce ne sia fin troppa…
Credo che l’imprenditore abbia bisogno di un alleato, qualcuno che sappia accompagnarlo in maniera anche critica nel percorso di crescita aziendale.
La chiave è saper essere flessibili e modulari: non puoi entrare, portando cambiamenti radicali o un sistema standard. Aziende e imprenditori hanno esigenze specifiche che hanno diritto a risposte specifiche.
Se necessario, bisogna essere bravi a far comprendere che alcune competenze è bene trovarle sul mercato, e non è sempre necessario e conveniente svilupparle internamente.
L’importante è evitare di stare fermi: le storie di successo fanno della gestione del cambiamento la loro leva competitiva.

L'intervista a Ottorino Capparelli è stata pubblicata sul numero 73 di V+: scaricalo qui gratuitamente.