Mestiere della Supervisione


Redazione V+ Redazione V+

Dal volume N° 25

ALLA RICERCA DELL'ECCELLENZA (1a PUNTATA)

L'INTERVISTA DI SELEZIONE

I PROBLEMI DELL’INTERVISTA, GLI OBIETTIVI DELLA FORMAZIONE, IL RUOLO DELL’INTERVISTATORE

 

A CURA DELLA REDAZIONE

 

 

A. PERCHÉ È NECESSARIO FORMARE I MANAGER SUL TEMA DELL’INTERVISTA DI SELEZIONE

 

Tutti i manager e in particolare quelli delle vendite hanno fra i loro compiti principali quello di selezionare il personale che aspira a entrare a far parte dell’azienda. Molte volte l’intervista di selezione, che è lo strumento più importante a questo fine, è un esercizio svolto solo per tenere aggiornate le liste di potenziali candidati; molte volte invece avviene quando c’è da rimpiazzare qualcuno che inaspettatamente è uscito dall’azienda o perché c’è bisogno di aumentare la forza vendite o, più in generale, la forza lavoro. Il management, in questi casi, spesso opera la selezione anche sotto la pressione del tempo.

Sappiamo che una delle giustificazioni più frequenti al fallimento di un neo-inserito è “l’errore di selezione”, di fronte al quale c’è una fatalistica accettazione d’incapacità, come se fosse un fatto inevitabile... ma non è così! L’errore di selezione discende da errori nell’intervista, che possono essere evitati con una formazione specifica.

Una recente ricerca americana ci dice che ci sono almeno dieci errori che dovrebbero essere evitati.

Chi ha esperienza di selezione potrà riconoscerne alcuni a lui molto familiari.

 

1. Troppo spazio o poco spazio lasciato al candidato nell’intervista. Una guida insufficiente della discussione da parte dell’intervistatore è un errore comune. Alcuni intervistatori lasciano che il candidato domini l’intervista, al punto che solo poche domande destinate alla conoscenza reciproca ricevono risposta. All’altro estremo, alcuni intervistatori soffocano il candidato senza dargli il tempo sufficiente a formulare la sua risposta.

 

2. Mancanza di sufficiente conoscenza della job description e delle mansioni relative alla posizione da ricoprire. Gli intervistatori che non conoscono dettagliatamente in che cosa il lavoro consista e quale tipo di candidato sia necessaria assumono decisioni basate su stereotipi non corretti.

 

3. Un giudizio precipitoso. Uno degli errori più comuni nell’intervista è quello di saltare alle conclusioni nei primi minuti dell’intervista o addirittura prima che l’intervista cominci, sulla base dei test sostenuti o del curriculum.

 

4. Enfasi negativa. Un candidato viene bocciato sulla base di una limitata informazione negativa, che prevale su quella positiva e impedisce all’intervistatore la ricerca dei suoi punti di forza. Per esempio intervistatori che hanno ricevuto referenze negative su un candidato tendono a dargli meno credito per i successi conseguiti e a ritenerlo invece responsabile per gli insuccessi verificatisi.

 

5. Pregiudizi. Se un candidato piace a un intervistatore, questi può attribuirgli caratteristiche positive che in realtà non ha.

 

6. “Trasmissione”. Alcuni intervistatori aiutano inavvertitamente il candidato a rispondere in modo corretto alle loro domande, “trasmettendogli” in qualche modo la risposta attesa. Questo può avvenire per esempio mediante l’invio di sottili messaggi (per esempio un sorriso) quando la risposta è quella giusta.

 

7. Influenza del comportamento non verbale. Gli intervistatori sono influenzati più del giusto dal comportamento non verbale dei candidati. Molti studi hanno dimostrato che i candidati che usano di più il contatto visivo, i sorrisi e altri comportamenti non verbali sono valutati più positivamente.

 

8. Effetto “aureola”. Si verifica quando l’intervistatore permette che un singolo punto di forza del candidato copra ogni evidenza negativa. Per esempio, sapere che abbia frequentato una particolare università può rendere ciò che il candidato dice nell’intervista molto più positivo.

 

9. Effetto dell’ordine di intervista dei candidati. Candidati più forti, che sono intervistati dopo quelli più deboli, appaiono più qualificati di quel che sono per via del confronto fra i due.

 

10. Note mal prese. Se l’intervistatore non documenta accuratamente l’intervista, molte osservazioni importanti andranno perse.

 

A prima vista un’intervista di selezione può sembrare un incontro abbastanza semplice: stringere la mano, chiacchierare un po’, porre delle domande e fare un confronto fra i candidati. Ma non è così.

Chi ha esperienza come Janis Whitaker, che ha scritto un best seller sul tema (Interviewing by example), lo nega. “Ci vuole tanta preparazione per realizzare una buona intervista professionale. Molte persone non riescono a metterselo in testa”.

I costi di un’assunzione sbagliata sono importanti e non si limitano allo stipendio che viene pagato “a vuoto”: bisogna pagare anche incentivi per facilitare l’uscita del neo inserito inadeguato; la formazione erogata è alla fine sprecata; si possono creare problemi con i clienti; ci sono costi per la selezione del sostituto. Insomma, ci sono tanti elementi di spesa improduttiva che tutti i manager vorrebbero evitare.

Per non incorrere in costosi errori di selezione, è importante seguire un processo ben studiato che fornisca l’informazione necessaria per fare scelte corrette.

Qui di seguito approfondirete i vari passi del processo e lo farete non solo leggendo il testo, ma anche svolgendo delle esercitazioni. Buon lavoro!

B. IL PRINCIPALE OBIETTIVO DELL’INTERVISTA DI SELEZIONE È LA “SELEZIONE RECIPROCA”

L’intervista di un candidato da parte di un manager non è altro che un processo di selezione per entrambi i partecipanti. Tu, come intervistatore, cercherai di individuare un candidato che potrà far bene sul lavoro. A sua volta, il candidato proverà a raccogliere tutte le informazioni necessarie per prendere una delicata decisione che riguarda la sua carriera.

La selezione reciproca è una specie di gioco d’azzardo, poiché entrambe le parti devono decidere sulla base di una breve esperienza: il solo modo per migliorare le probabilità di una decisione corretta è l’applicazione permanente dei due princìpi base della “buona intervista”:

1. approfondire con la massima attenzione ciò che il candidato ha dimostrato di saper fare fino a oggi. I risultati che ha conseguito in passato sono particolarmente significativi se dimostrano che il candidato ha saputo affrontare con successo la sfida di situazioni lavorative simili a quelle che incontrerà nel lavoro che gli viene offerto.

 

2. Fornire al candidato tutte le informazioni necessarie sull’azienda e sulla posizione offerta affinché possa prendere decisioni ben ragionate sul suo futuro: la sua carriera è in gioco. Nel farlo, dobbiamo anche convincerlo di averlo considerato con attenzione ed equità.

 

C. QUANTO IMPORTANTE È IL RUOLO DELL’INTERVISTATORE

Per valutare l’importanza del ruolo dell’intervistatore, dobbiamo partire dalla considerazione che i candidati sono individui, i quali considerano l’intervista come un momento chiave dal quale può dipendere il loro futuro.

I candidati quindi si avvicinano all’intervista con delle preoccupazioni: temono di non dare la giusta impressione, si chiedono se riceveranno un’offerta oppure no e sono anche molto attenti nei confronti di ciò che sentono sull’azienda. Considerato tutto ciò, l’intervistatore dovrebbe prestare attenzione ai loro interessi nella stessa misura con cui cura quelli aziendali.

 

L’intervistatore può manifestare la misura in cui gli stanno veramente a cuore gli interessi del candidato soprattutto attraverso la maniera che sceglie per “gestire” il candidato durante l’intervista: se riesce nell’intento di mostrare un genuino interesse nei confronti del candidato, ha la positiva sorpresa di trovarlo ancora più cooperativo.

Ecco alcuni suggerimenti su cosa l’intervistatore dovrebbe fare per riuscirci:

agire in modo che il candidato, dopo l’intervista, abbia la convinzione di essere stato preso in considerazione con equità e attenzione. Se l’impressione che il candidato riceve è negativa, ciò potrebbe influenzarlo negativamente nei confronti dell’azienda con un conseguente danno di reputazione.

 

Mettersi nei panni del candidato. Alla fine del colloquio probabilmente il candidato prenderà la sua decisione sulla base delle impressioni che ha ricavato dalle persone che ha incontrato e di quanto interesse “personale” ha riscontrato negli intervistatori.

 

Preparare la strada all’offerta. È opportuno condurre l’intervista nella convinzione che porterà all’offerta. Se ciò avviene, niente si perderà qualora l’offerta poi non abbia luogo; ma se il candidato non ritiene di essere trattato in modo soddisfacente, si mette a rischio la possibilità che accetti l’offerta nel momento in cui venga fatta.

 

Evitare interviste che creano stress nel candidato. Interviste che sono gestite per esercitare pressione, imbarazzare o esporre a un test difficile il candidato, o che comunque sono così interpretate dal candidato, vanno evitate. Se il candidato ritiene di doversi mettere sulla difensiva, non si aprirà e danneggerà lo sforzo di reclutamento, non accettando per esempio l’offerta di lavoro.

 

Dare un’ottima impressione dell’azienda. Gli intervistatori sono coloro che possono costruire o distruggere l’immagine aziendale con i candidati. Loro, infatti, forniscono la prima impressione sull’ambiente aziendale e sul tipo di persone con cui il candidato potrebbe lavorare se accettasse l’offerta. Una cattiva impressione nella fase di raccolta delle informazioni comprometterà la “vendita dell’azienda”, che si cercherà di fare successivamente.

 

Cercare di individuare l’immagine dell’azienda che il candidato si è fatto prima dell’intervista. Non tutti i candidati conoscono l’azienda nello stesso modo o comprendono le opportunità e le sfide che l’azienda può fornire. Un quadro chiaro di che cosa il candidato ha in mente all’inizio dell’incontro potrà essere molto utile all’intervistatore allorché cercherà di presentare l’azienda nel modo migliore possibile.

 

Incoraggiare il candidato a rivolgere domande circa l’offerta di lavoro e le opportunità di carriera. Ciò – oltre ad aiutarlo nelle sue scelte di carriera – permetterà di conoscere meglio il suo processo logico.

 

D. TIPI DI INTERVISTA DI SELEZIONE

Ci sono tre formati tipici di intervista.

Diretta. Si tratta dell’approccio “domanda e risposta”: presuppone uno stretto controllo da parte dell’intervistatore, che propone una domanda dopo l’altra. È un buon modo per raccogliere rapidamente molta informazione fattuale (su fatti o cose), ma è meno efficace quando si tratta di scoprire caratteristiche attitudinali, perché il clima di esame che si stabilisce non fa sentire il candidato a suo agio.

 

Indiretta. È un’intervista “aperta” con poco controllo esercitato dall’intervistatore, che lascia il

candidato parlare diffusamente di se stesso. L’intervista indiretta è un buon metodo per scoprire attitudini, ma non altrettanto buono per ottenere informazione fattuale. La mancanza di struttura spesso impedisce di coprire tutte le aree da esplorare e alla fine dell’intervista costringerà l’intervistatore a decidere su una base di informazione incompleta.

 

Guidata. È una combinazione della intervista diretta e di quella indiretta, ed è il metodo preferibile. Il candidato viene incoraggiato a parlare liberamente e a lungo su argomenti rilevanti, sempre guidato dall’intervistatore. L’obiettivo è ottenere la massima quantità di informazioni rilevanti e, soprattutto, spontanee. L’intervista guidata non è una chiacchierata amichevole, ma neppure un’interrogazione che crea imbarazzo al candidato.

Cogliamo l’occasione per ricordare, infatti, che con l’intervista cerchiamo di conoscere il più possibile del candidato, per cui quanto più l’intervistatore parla, tanto meno il candidato sarà in grado di raccontare di se stesso. Il candidato dovrebbe essere il protagonista e raccontare tutta la sua storia.

Idealmente l’intervistatore dovrebbe parlare non più del 10-15% del tempo e prevalentemente durante la fase di “illustrazione” dell’azienda.