Fondamentali del business


Valter Ribichesu Valter Ribichesu

Dal volume N° 46

Al centro della formazione non c'è il formatore

 

L’EPOCA DEI “GURU” È FINITA:
AL CENTRO, CONTENUTI E PERSONE

Da sempre, l’Italia è più orientata al prodotto che al marketing e alla vendita. Per tradizione, il nostro è il Paese del fare, del lavoro manuale, del produrre più che del promuoversi. Ciò è dovuto soprattutto alla generazione che (bontà sua) è passata attraverso due fasi di sviluppo eccezionale della nostra economia, gli anni ‘60 e gli anni ’80, cioè i “baby boomers”. La domanda di beni e servizi superava così tanto l’offerta che appariva superfluo concentrarsi sulla promozione e sulla vendita; l’importante era produrre molto, tale era la capacità di assorbimento dei mercati dell’epoca.


Vendita: per le aziende un sottoprodotto?
Fu proprio in quel periodo che, non con poca fatica, si fece spazio un uomo che avrebbe per primo inserito in Italia un programma di formazione per venditori: Mario Silvano. Allievo di Bernardo Trujillo e di Gustav Kaeser, ma innanzitutto venditore, fu anche il primo a parlare di vendita a una categoria per la quale il termine stesso “vendere” era praticamente sconosciuto: i bancari. Per la prima volta nel nostro Paese, si faceva strada l’idea di poter “formare” i venditori, ma va detto che solo dalla metà degli anni ‘70 e solo alcune aziende o addirittura gruppi di aziende molto strutturate compresero l’importanza di formare i venditori; l’azienda tipica italiana, la piccola o piccolissima impresa che da sempre costituisce la spina dorsale della nostra economia, continuava a fare quello che riteneva essere l’unica cosa che contava: lavorare, lavorare, lavorare. Vendere, infatti, non era un lavoro, ma un’attività conseguenziale, un sottoprodotto. Perché spendervi del tempo?


Dagli anni ’90 si cambia rotta…

Questo atteggiamento si è protratto fino circa alla fine degli anni ‘90, periodo in cui anche in Italia si è cominciata a diffondere l’idea che i risultati delle aziende non fossero legati solo alla produzione e alla qualità del prodotto, ma anche al valore percepito dal cliente.
Contribuirono i due decenni precedenti di trasmissioni televisive private che si sostenevano grazie agli annunci pubblicitari. Piccolissime aziende, grazie a questo innovativo strumento di comunicazione e alla pubblicità, hanno visto esplodere i loro fatturati. Cominciava a farsi strada l’idea del marketing e della vendita, ma soprattutto il concetto che tutte e due si potessero appendere, indipendentemente dalla scuola “tradizionale” o dalle nozioni già acquisite.
Finalmente si è iniziato a sentir parlare di Og Mandino, Stephen Covey, Zig Ziglar, Frank Bettger. Le librerie riempivano gli scaffali di libri sull’“auto-sviluppo” e la “crescita personale”. Non tutti gli autori parlavano strettamente di vendita, anzi, per la verità erano la minoranza, ma tutti gli argomenti fornivano spunti e davano uno slancio positivo a chi si occupava di vendita o “faceva azienda”. Spiccava, senz’altro, Anthony Robbins, che ha ispirato tutta la progenie di formatori nazionali come mentore e riferimento. Si apriva, così, un periodo molto interessante per la formazione in Italia: camminate sul fuoco, corsi motivazionali, sistemi multi livello, PNL… ma i venditori vendevano? Sì, i venditori vendevano e alla grande. Almeno fino al 2008.


… ma poi cambia tutto, di nuovo
Non mi riferisco solo alla crisi economica iniziata la notte del 15 settembre 2008, quando la quarta banca d’affari degli USA, la Lehamn Brother, fallì; ricordo anche a tutti i cambiamenti che la società ha subito a partire dalla fine del primo decennio del 2000. I social network, gli smartphone, Google, il consolidamento massiccio dell’email: tutte cose che hanno modificato il comportamento delle persone e dei consumatori.


Come si è sviluppato il mondo della formazione in Italia, a questo punto?
•    Dalla fine degli anni ’60 fino al 2010, è aumentato il numero delle persone che si occupano di formare venditori e che vendono corsi di vendita.
•    Si è passati da un approccio di tipo scientifico/organizzativo a uno più “talentuoso”: ci si basa sull’entusiasmo e sulla “sana cattiveria” nei venditori.
•    Si è iniziato a mitizzare i formatori, che vengono chiamati “guru”, quasi dei santoni possessori della verità, più che dei competenti professionisti.
•    Risultato? Le persone hanno scambiato la formazione per la scorciatoia verso il loro successo. Un successo che si genera da solo, senza spendere fatica, perché è sufficiente applicare alla lettera quello che dice il guru, perché si concretizzi.

E oggi?
Oggi, invece, che siamo in piena era dell’informazione, la facilità nel reperire informazioni e verificarne le fonti, la maggior diffusione delle notizie, i centri di incontro dei consumatori modello Trip Advisor… hanno fatto sì che le persone fruitrici di formazione, come i venditori, abbiano capito che, semplicemente, i guru non esistono. Anzi, mi dispiace, no, non lo hanno ancora capito.
Perché alla domanda “cosa è cambiato negli ultimi dieci anni nel mondo della formazione”, la risposta è: niente! Per assurdo, un settore che fa del “cambiamento” uno dei suoi cavalli di battaglia, nei fatti, è rimasto tale e quale da oltre vent’anni.
Siamo sempre alla ricerca della scorciatoia, del successo facile, del “metto poco e porto via tanto”, concetto in antitesi con la formazione vera. Proliferano ancora gli pseudo guru materializzatisi dal nulla, da un passato nebbioso, ma dal budget cospicuo, che promettono futuri brillanti a chi li seguirà alla lettera (e soprattutto, riempirà loro le tasche).


Ma siamo in una fase di transizione. Arrivano cambiamenti ancora più profondi ed epocali.
•    Uber è la più grande compagnia di taxi al mondo, pur non possedendo nemmeno un’autovettura. Facebook è il mass media più diffuso, ma non produce neppure un contenuto. Airbnb è il più grande accommodation provider al mondo, ma non possiede neppure un metro quadro di immobile.
•    Il pubblico della formazione è cambiato: l’attuale generazione (i Millenial) mette il tempo al primo posto. Sono costantemente connessi e hanno bisogno di strumenti tecnologicamente avanzati anche per la loro formazione personale, nella vendita come in tutti gli altri settori.
•    La tecnologia invaderà pesantemente anche il settore della formazione e non parlo dei corsettini on line o dei webinar, parlo di vera innovazione. Parlo di interazione, realtà espansa, simulazione, ambienti virtuali ricostruiti per l’addestramento. Parlo di qualcosa che farà risparmiare tempo e denaro alle aziende e ai venditori durante il percorso di formazione, ma soprattutto, di qualcosa che finalmente metterà al centro dell’interesse le cose veramente importanti: la persona che si forma e i contenuti, non il formatore.