Una mente opponibile
DOPO IL POLLICE, UNO STRUMENTO UTILE PER AFFRONTARE I PROBLEMI... ED EVOLVERE ANCHE NELLE VENDITE!
Nella pratica di consulenza mi capita di dover suggerire a un imprenditore di intraprendere azioni che sono agli antipodi di quanto ha fatto fino a quel momento, e allora mi sento dire: «Lei sostiene che ho sbagliato tutto fino a ora?». La mia risposta è: «No, fino a ora le sue azioni hanno portato la sua azienda a questi risultati (e spesso sono notevoli); sarebbe sbagliato continuare così da ora in poi; le nuove circostanze impongono di cambiare».
Mantenere e accrescere i risultati è qualcosa che si ottiene sapendo cambiare e sapendo cogliere il momento giusto per fare la cosa giusta. Di solito si cerca di trarre spunto dalle azioni dei grandi. È questo l’errore. A tutti piacerebbe avere alcune delle capacità dei grandi leader aziendali e spesso siamo alla ricerca delle loro “ricette”, bisogna invece esaminare i loro processi mentali. Prendere a esempio non quello che fanno, ma il loro modo di pensare, il processo cognitivo che sta alla base delle decisioni e dei comportamenti.
Che cosa significa “mente opponibile”?
Roger L. Martin, dell’università di Toronto, ha analizzato il modo di pensare di decine di manager di successo. Da questa ricerca è scaturito il libro The opposable mind: harnessing the power of integrative thinking (La mente opponibile: come sfruttare il potere del pensiero integrativo). Il punto di vista di questo lavoro è molto interessante e assolutamente ravvisabile nell’osservazione quotidiana: l’abilità fondamentale per risolvere problemi complessi è la capacità di contemplare contemporaneamente due idee contrastanti, e poi, senza farsi prendere dal panico e senza optare per un’alternativa anziché per l’altra, risolvere creativamente la tensione fra queste due idee, generandone una terza che contiene elementi delle prime due, ma è superiore a entrambe.
Molto efficace è la metafora che definisce questa capacità umana come “mente opponibile”, richiamandosi
a un altro grande vantaggio – questa volta fisico – dell’uomo nei confronti degli altri animali, ovvero il pollice opponibile.
Perché non la usiamo sempre?
La mente opponibile è uno strumento di grande potenzialità, ma è tendenzialmente latente e viene usata di rado e quasi mai fino in fondo. Perché? Perché il fatto stesso di utilizzare il pensiero integrativo provoca ansia. La maggior parte di
noi preferisce evitare la complessità e l’ambiguità, cercando conforto nella chiarezza della scelta. Bramiamo la certezza di poter scegliere fra alternative ben definite, e il senso di determinatezza che si prova quando una decisione è stata presa. Inoltre non ci piace esprimere un’idea e poi anche non escludere il suo contrario. Nelle discussioni non ci piace dare ragione a due persone che esprimono idee opposte. Quando ci confrontiamo con due modelli opposti spesso non sappiamo cosa fare. Il nostro primo impulso è stabilire quale dei due sia “giusto” e , di conseguenza, quale sia “sbagliato”. È questa tendenza che fa perdere l’opportunità di cogliere la complessità e di avere l’idea “giusta”. Tutti noi, se ripercorriamo le nostre decisioni vincenti e le analizziamo, vedremo che in molti casi non abbiamo scelto fra due alternative.
Una volta a Jack Welch (General Electric) è stato chiesto se fosse più importante la strategia o l’esecuzione.
La risposta è stata: «Non credo si tratti di un aut aut».
A Lafley (Procter & Gamble) fu chiesto come aveva potuto attuare un piano che prevedesse sia un taglio di costi sia un investimento in innovazione. La risposta: «Non avremmo mai vinto se avessimo dovuto scegliere fra l’uno e l’altro. Tutti sanno scegliere fra due alternative».
Effettivamente non c’è molta difficoltà nello scegliere fra due alternative di cui una ci sembra sbagliata. Le difficoltà arrivano quando abbiamo due necessità positive, due buone opportunità, di cui una sembra escludere l’altra.
E in gruppo?
L’esercizio della mente opponibile va incoraggiato anche nella gestione di gruppi di lavoro: un postulato della gestione delle persone dice che un gruppo, per potersi dire efficace, deve esprimere un risultato superiore alla somme dei potenziali dei singoli componenti. In pratica questo risultato è sempre difficile da raggiungere. Perché ciò accada, occorre che sussistano contemporaneamente molte condizioni: che ogni componente dia il meglio di sé, che i contribuiti di ognuno siano valorizzati, che si riesca a contemperare le forze, eccetera. Gli ostacoli sono di diverso tipo. Come si possono gestire i collaboratori per ottenere la diffusione di un pensiero integrativo nel team?
Vi suggerisco una serie di punti:
• nella comunicazione interpersonale favorire un clima di reciproco aiuto e stima;
• Dire a tutti cosa ci si aspetta da loro e cosa avranno in cambio (e mantenere le promesse).
• Definire obiettivi chiari e raggiungibili.
• Tenere presente che ogni persona si impegna per il successo del team se trova qualche coincidenza con il proprio successo.
• Definire bene i ruoli di tutti. I ruoli sono più importanti dei compiti.
• Non denigrare mai l’idea di un collaboratore, per quanto sbagliata possa essere. Spiegare invece i motivi per cui è stata respinta.
• Stimolare il dissenso mettendo in discussione le proprie proposte, perché solo se ne scopriamo i punti deboli, sapremo migliorarle.
• Stare sempre in ascolto di tutti. Non giudicare, ma analizzare ogni possibilità.
Dalla mente opponibile alla vendita opponibile!
L’espressione “mente opponibile” è dunque una buona metafora per indicare una peculiarità della mente umana, che la rende capace di soluzioni creative e di generare una realtà nuova. Come detto sopra, questa meravigliosa facoltà molto spesso non viene usata, e soprattutto non viene usata in azienda.
Il motivo principale è che, al di là delle dichiarazioni sulla creatività e sulla capacità di cambiamento che tutti fanno, il mondo aziendale attuale è per lo più alla continua ricerca di standard: procedure standard, qualità standard, indicatori di performance, benchmark, budget da rispettare, organizzazione standardizzata, ricerca di prassi ottimali. Questo bisogno aziendale, questo “imprinting” presuppone un atteggiamento dualistico fra giusto e sbagliato, fra conforme e non conforme, fra “nelle direttive” e “fuori dalle direttive”.
Ebbene, questo atteggiamento mentale è esattamente la rinuncia all’“utilizzo” della mente opponibile. Infatti la mente umana può fare meglio e di più, e cioè può scegliere creativamente soluzioni originali e non esplorate, che, per definizione, non possono essere standardizzate.
Venendo alla pratica, come può un venditore sviluppare e utilizzare questa capacità?
1. È necessario che l’azienda per cui lavora, o almeno il suo “capo”, accetti il suo contributo.
L’azienda dovrebbe stimolare il dissenso, puntare sull’ascolto di tutti, favorire momenti di incontro creativi fra venditori. La rete vendita in questo “modello” è depositaria della analisi di marketing sul prodotto, sul servizio e sul posizionamento.
2. Il venditore stesso deve rinunciare a un approccio standardizzato nei confronti del cliente.
I clienti non sono tutti uguali. Anzi, ogni cliente è un mercato. Di standard ci sono solo i moduli di raccolta dati, non le realtà dei clienti. Ogni cliente va ascoltato, capito e analizzato nella sua peculiarità.
Per farlo è necessario pensare molto meno al proprio budget, alla propria azienda, alle provvigioni, ai premi, alle promozioni, al prodotto e al servizio da vendere, e concentrarsi molto di più sul cliente. Ascoltare il cliente è la cosa da fare, concentrarsi sul suo business, non pensare alla sua soddisfazione (la soddisfazione del cliente è davvero poco per la vendita moderna e non genera fedeltà), ma puntare al suo successo.
Il venditore dotato di mente opponibile si chiede: cosa posso fare per il successo di questo cliente? Che cosa posso offrirgli, come posso aiutarlo, come lo può aiutare la mia azienda? La vendita è una conseguenza, così come il successo proprio e della propria azienda.
Ho frequentato professionalmente molti venditori: quelli bravi non sono mai ossessionati da budget, obiettivi o standard da rispettare. Al contrario sanno che il cliente è fedele nel tempo e compra quando trova quello che gli serve, quando
si sente arricchito dalla relazione con il venditore e l’organizzazione che rappresenta.
Compito del venditore è quello di risolvere la sintesi fra l’interesse del cliente e quello dell’azienda creativamente e in maniera vantaggiosa per tutti.