Mestiere della Supervisione


Edoardo Lombardi Edoardo Lombardi

Dal volume N° 29

Affiancamento, strategico o tattico: quale usi?

PERCHÉ I MANAGER DELLE VENDITE HANNO BISOGNO DI SPECIFICA FORMAZIONE
MANAGERIALE SU QUESTO TEMA.
IN PARTICOLARE QUALI VANTAGGI IL COACHING PORTA ALL’ATTIVITÀ DI VENDITA

Nel XVI secolo, in Francia, la parola “coche” identificava un mezzo di trasporto trainato da cavalli (carrozza o cocchio) e condotto da una guida: il cocchiere. Il cocchiere conosceva la strada, l’aveva percorsa molte volte e forniva ai viaggiatori tutte le informazioni che potessero essere loro utili per effettuare il viaggio nel modo migliore.

Nel XIX secolo in Inghilterra gli studenti universitari utilizzavano il termine “coach”, verso la fine del proprio percorso, per indicare i migliori tutor che li accompagnassero alla laurea e poi li aiutas-sero a introdursi nella vita professionale.

Oggi “coaching” indica una strategia di formazione, che, partendo dall’unicità dell’individuo, si propone di operare una trasformazione che migliori le sue poten-zialità per raggiungere i suoi obiettivi.

Nelle vendite il coaching può avere un ruolo fondamentale.
Mentre le aziende sempre di più apprezzano l’importanza della formazione della loro forza vendite, allo stesso tempo purtroppo trascurano quella di disporre di manager di primo livello capaci di somministrarla ai venditori. E avere dei buoni programmi di formazione, ma senza manager capaci di formare, non risolve il problema. Occorrono quindi più manager delle vendite capaci di gestire un team di venditori, ma in primo luogo occorre formarli in modo professionale. E come si può farlo?

A differenza delle tradizionali discipline del business, come la finanza, il marketing o la direzione generale, le business school offrono pochi corsi sul tema della vendita e della gestione delle reti di vendita. Ugualmente sono poche le aziende che mettono a disposizione dei dipendenti programmi di formazione per questa disciplina. Tutto ciò è sorprendente perché le vendite sono la linfa vitale di ogni business.

Ciò che avviene nella realtà è che la maggior parte dei manager delle vendite impara il mestiere “on the job”, cioè mediante l’esperienza pratica fatta personalmente sul lavoro. Il più delle volte siamo davanti a manager che erano dei venditori (spesso ottimi venditori), i quali sono stati promossi alla responsabilità di guida di interi gruppi di venditori senza essere mai stati formati, però, in ciò che serve per gestirli.

La maggioranza delle aziende, per coprire l’organico manageriale, ricorre alla promozione dall’interno, attingendo dai migliori venditori e dando per scontato che un ex buon venditore possa essere un buon supervisore. Si pensa che i venditori riescano, senza discontinuità, a passare da una posizione nelle vendite a un’altra nel management, nonostante le due attività richiedano abilità sostanzialmente differenti. Eppure, essere il responsabile di un gruppo di venditori è uno dei ruoli più impegnativi in azienda, un ruolo per il quale occorre essere in grado di svolgere con successo tutta una serie di compiti molto delicati: fare previsioni di business, fare pianificazione
strategica, identificare e raggiungere obiettivi di vendita, acquisire importanti target di clientela, seguire dal punto di vista amministrativo le vendite.

Nel fare e per fare tutto questo, i responsabili devono gestire al meglio i loro gruppi, reclutare nuovi venditori, formarli e integrarli nei team, gestire personalmente e individualmente i venditori, che sono tipicamente persone indipendenti, dotate di una forte personalità e abituate a pochi contatti quotidiani con i loro manager.

Quindi l’idea che venditori di successo siano necessariamente dei manager di successo nelle vendite è un’ipotesi sbagliata o per lo meno dubbia. Pensiamo agli sport professionistici, dove molti grandi giocatori hanno finito per essere dei mediocri allenatori.

Nel campo delle vendite, quando venditori di successo avviati al management risultano poi manager di modesta qualità, il problema si manifesta in vari modi, ma tutti abbastanza sintomatici: questi professionisti si ritrovano schiacciati da problemi di supervisione che non sanno risolvere, impegnati in un continuo “spegnimento di incendi”, tormentati dal turnover dei loro uomini e dalla loro cattiva performance nella vendita. Per questo è necessario che le aziende forniscano al loro management delle vendite la conoscenza, le abilità e gli strumenti per avere successo.

Una delle più notevoli abilità che un manager delle vendite dovrebbe possedere è quella di saper fare il coaching dei venditori.

In italiano traduciamo “fare coaching” in “affiancare”: questo termine chiarisce subito che il coaching non consiste nel tenere lezione da una cattedra reale o virtuale che sia, ma nel creare le condizioni per l’apprendimento, il cambiamento, e lo sviluppo personale/professionale della perso-na, proprio “affiancandola” per fornirgli un’assi-stenza personalizzata.

Per queste ragioni riteniamo che il coaching dei venditori vada incluso, a buon diritto, nella serie "Alla ricerca dell’eccellenza" che abbiamo sviluppando su V+, perché pur essendo – come abbiamo visto – una competenza fondamentale per un manager delle vendite, tuttavia normalmente non viene insegnato né praticato con la necessaria professionalità.

Eppure il coaching è in grado di esercitare un effetto moltiplicatore. L’ insegnamento ai manager su come fare il coaching produce infatti un elevato ritorno sugli investimenti di formazione, perché un manager con padronanza del coaching, può esercitarlo su un numero elevato di venditori migliorandone la performance complessiva della rete di vendita. Statistiche americane indicano che un buon coaching può aumentare i ricavi aziendali fino al 20%. Con un dato simile, non sorprende che molte organizzazioni raccomandino che i loro manager delle vendite dedichino dal 25% al 45% del loro tempo al coaching.

Ora, prima di esaminare il coaching nel dettaglio, ricordiamo che non deve essere qualcosa di episodico, qualcosa che uno fa per qualcun altro. Non è basato su eventi né usato come copertura per una performance review. È, invece, l’ingrediente di una cultura che coinvolge tutti, e, come tale, presuppone che ci sia una certo grado di pianificazione prima che i manager possano avvicinare sul tema i loro uomini e cominciare il coaching.

Ma lo vedremo meglio in seguito.

Adesso vediamo come ci siano due tipi di coaching delle vendite: quello strategico e quello tattico.

Il coaching strategico affronta il tema generale di pianificazione delle vendite, di come un venditore debba avvicinare un cliente potenziale o esistente per generare un nuovo flusso di ricavi o per aumentare quello già in essere.
Questo tipo di coaching mira a facilitare la “creazione” di un nuovo conto, a superare le difficoltà nel raggiungere chi normalmente prende le decisioni di acquisto, a fornire informazioni/valutazioni sulla concorrenza, a formulare le scelte di acquisto più adeguate.
Il coaching tattico, d’altro lato, si concentra sulle attività e sulle tecniche per giungere alla vendita. In questo caso il manager osserva dal vivo e analizza quali sono le abilità del venditore e la sua preparazione in occasione di una visita di vendita, discute dopo la visita sia ciò che è andato bene, sia ciò che può essere oggetto di miglioramento e fornisce un feedback costruttivo.

Anche se entrambi i tipi di coaching sono importanti, molti manager delle vendite trovano maggiori difficoltà con il coaching tattico. In questo caso, infatti, il manager deve agire da insegnante imparare o migliorare le abilità di vendita. Cosa che spesso è molto impegnativa per i manager delle vendite. Molti di loro sono originariamente dei venditori di successo, poi promossi al management. Per loro vendere è una cosa naturale, e di conseguenza spesso non capiscono perché uno del loro team “non ce la faccia”.

In più, il coaching delle vendite è un processo continuo in cui il manager deve applicare un buon livello di organizzazione per gestire il suo team in modo sistematico.

Il vero segreto dell’apprendimento è avere sempre una mente da principiante, perché nella mente di un principiante ci sono molte possibilità, nella mente di un esperto, poche.
(Shunryu Suzuki)